Basse aspettative dai nuovi incontri, che arrivano dopo la visita dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri Ue a Teheran. Il Segretario Generale Onu chiede nuovamente a Washington la fine delle sanzioni
Nonostante la ripresa del dialogo tra Stati Uniti e Iran sul JCPoA — l’accordo sul nucleare dal quale Washington è uscita nel 2018 — sono molto basse le aspettative delle delegazioni su un vero e proprio cambio di passo che possa sbloccare la situazione. A meno che al faccia a faccia indiretto che avverrà a Doha, in Qatar, gli sherpa statunitensi e iraniani non portino reali proposte accettabili da entrambe le parti, in un clima di allontanamento generale peggiorato dall’invasione della Russia in Ucraina.
Infatti, la manovra militare moscovita ha portato al congelamento di numerosi tavoli negoziali tra i quali il JCPoA, mai in alto mare come in questo momento. La Federazione Russa, insieme alla Cina e ad altri rappresentanti del Vecchio Continente, è tra i Paesi sottoscriventi dell’accordo sul nucleare firmato nell’ormai lontano 2015, avendo dunque voce in capitolo nelle trattative. Chiaramente la posizione russa non agevola l’Iran, abbandonato ancor prima dall’amministrazione repubblicana di Donald Trump che, per giunta, inflisse pesanti sanzioni alla Repubblica Islamica.
Sulla questione si è più volte espresso anche il Segretario Onu Antonio Guterres, che chiede nuovamente che Washington rimuova le sanzioni contro la nazione sciita. Nel report inviato al Consiglio di Sicurezza e in discussione nei prossimi giorni, Guterres segnala che il Joint Comprensive Plan of Action, pietra miliare della diplomazia internazionale, “è la migliore opzione a disposizione per raggiungere la non proliferazione nucleare e la sicurezza regionale”. Allo stesso tempo, il Segretario Generale chiede all’Iran di tornare alla totale implementazione degli accordi previsti, e agli Usa di permettere a Teheran di commerciare con la comunità internazionale.
A Doha, il punto nevralgico degli incontri sarà il Ministro degli Esteri Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, che si incontrerà con l’Inviato Speciale statunitense Robert Malley e, in un altro momento, con quello iraniano Bagheri Kani. Meeting, appunto, indiretti e mediati dal Qatar, Paese amico sia di Washington che di Teheran, che può rivelarsi cruciale per le sorti del JCPoA. Il nuovo impulso al dialogo è stato offerto dall’Unione europea grazie alla visita a Teheran dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Sicurezza Josep Borrell.
L’esponente della Commissione europea di Ursula von der Leyen ha spiegato l’importanza delle relazioni con l’Iran e le grandi potenzialità che potrebbero esserci, che d’altro canto “non possono pienamente svilupparsi a causa del mancato funzionamento del JCPoA”. Ma nell’incontro con il Ministero degli Esteri Hossein Amirabdollahian “è stato deciso di riprendere le negoziazioni, facilitate dal team europeo, con l’obiettivo di risolvere una questione così importante”.
Dal Dipartimento di Stato Usa ringraziano Borrell: “Siamo grati verso i nostri partner Ue, che continuano a lavorare per portare avanti le negoziazioni”. Ma a Washington non c’è molta convinzione sulla piena ripartenza del JCPoA, nonostante in campagna elettorale Joe Biden abbia promesso un ritorno all’agreement in caso di vittoria. Con numerose problematiche: dall’Arabia Saudita a Israele, sono molteplici le pressioni sui democratici affinché non si scenda a compromessi con Teheran. In attesa dell’esito dei nuovi colloqui, si percepisce la difficoltà del momento, ma con la speranza — seppur flebile — che il nuovo impulso ricercato dall’Ue possa in qualche modo modificare le posizioni dei due attori protagonisti della diatriba JCPoA.
Infatti, la manovra militare moscovita ha portato al congelamento di numerosi tavoli negoziali tra i quali il JCPoA, mai in alto mare come in questo momento. La Federazione Russa, insieme alla Cina e ad altri rappresentanti del Vecchio Continente, è tra i Paesi sottoscriventi dell’accordo sul nucleare firmato nell’ormai lontano 2015, avendo dunque voce in capitolo nelle trattative. Chiaramente la posizione russa non agevola l’Iran, abbandonato ancor prima dall’amministrazione repubblicana di Donald Trump che, per giunta, inflisse pesanti sanzioni alla Repubblica Islamica.