Le forze unioniste contro le conseguenze della Brexit. Sei giorni di scontri e 40 poliziotti feriti. Johnson condanna le violenze
Cresce la tensione in Irlanda del Nord. È di oltre 40 agenti di polizia feriti il bilancio di sei giorni di violenze verificatesi nelle città di Belfast, Derry e in altri centri, a maggioranza protestante, nella Contea di Antrim. Stanotte a Belfast un autobus è stato dirottato e dato alle fiamme, in un’area di confine tra una zona unionista e una nazionalista; l’autista è rimasto fortunatamente illeso. Un attacco “orchestrato”, secondo i media, da gruppi paramilitari filo-britannici.
La Police Service of Northern Ireland ha dichiarato che diversi agenti nei giorni scorsi sono rimasti feriti dopo aver cercato di disperdere alcune manifestazioni lealiste, non autorizzate, a Portadown, Markethill e Ballymena. Ulteriori parate sono attese per il fine settimana. A surriscaldare il clima è stata la decisione delle autorità irlandesi di non perseguire un gruppo di dirigenti del Sinn Féin (il partito nazionalista di sinistra) che, non rispettando le misure anti-Covid, ha preso parte a giungo scorso al funerale di ‘Big’ Bobby Storey, figura storica dell’Ira (Irish Republican Army).
In estate tutte le celebrazioni unioniste-lealiste (in cui si ricorda la vittoria di Guglielmo d’Orange su Giacomo II nel 1690) erano state vietate per via del Covid e le esequie Storey avevano già scatenato polemiche e diversi tafferugli. La leader del Dup, il partito unionista nordirlandese, Arlene Foster, ha scritto su Twitter che i tumulti dei giorni scorsi sono atti criminali che “non rappresentano l’unionismo” e che distolgono l’attenzione dai “veri colpevoli” di Sinn Féin.
Cresce la rabbia contro la Brexit
Anche Boris Johnson si è detto “profondamente preoccupato” e ha condannato le violenze: “Il modo per risolvere le differenze è attraverso il dialogo, non con la violenza o con atti criminali”, ha commentato. Contro di lui puntano il dito in molti nella compagine lealista: la Ministra della Giustizia dell’Irlanda del Nord, Naomi Long, ha affermato che è stata la “disonestà” di Boris Johnson sui controlli alle frontiere a infiammare la situazione.
Nella comunità unionista sta crescendo la rabbia sulle conseguenze della Brexit. Il Protocollo firmato dal Governo britannico con l’Europa e l’istituzione di fatto di un confine marittimo che divide l’Irlanda dalla Gran Bretagna stanno infiammando gli animi. La popolazione lealista si sente abbandonata, sacrificata per evitare il confine rigido con la Repubblica d’Irlanda.
Paradossale come proprio le forze unioniste, che durante il referendum sostennero congiuntamente la Brexit, critichino oggi il risultato inevitabile dell’addio a Bruxelles, pretendendo modifiche dell’accordo e rischiando di accendere così la miccia estremista.
Cresce la tensione in Irlanda del Nord. È di oltre 40 agenti di polizia feriti il bilancio di sei giorni di violenze verificatesi nelle città di Belfast, Derry e in altri centri, a maggioranza protestante, nella Contea di Antrim. Stanotte a Belfast un autobus è stato dirottato e dato alle fiamme, in un’area di confine tra una zona unionista e una nazionalista; l’autista è rimasto fortunatamente illeso. Un attacco “orchestrato”, secondo i media, da gruppi paramilitari filo-britannici.
La Police Service of Northern Ireland ha dichiarato che diversi agenti nei giorni scorsi sono rimasti feriti dopo aver cercato di disperdere alcune manifestazioni lealiste, non autorizzate, a Portadown, Markethill e Ballymena. Ulteriori parate sono attese per il fine settimana. A surriscaldare il clima è stata la decisione delle autorità irlandesi di non perseguire un gruppo di dirigenti del Sinn Féin (il partito nazionalista di sinistra) che, non rispettando le misure anti-Covid, ha preso parte a giungo scorso al funerale di ‘Big’ Bobby Storey, figura storica dell’Ira (Irish Republican Army).
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