Non si ferma l’ondata di violenze nelle città arabe nel nord di Israele. Come un vero bollettino di guerra, quotidianamente i media riportano uccisioni, faide e abusi contro le donne nelle città a maggioranza araba.
Dall’inizio dell’anno, sono 111 gli arabi che sono stati uccisi in vere e proprie esecuzioni in Israele. Di questi, 98 sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco e 51 avevano meno di 30 anni. Nello stesso periodo del 2022, erano state meno della metà, 46, le persone uccise nella comunità araba. La situazione è molto tesa, molti leader locali incolpano la polizia, ritenuta inadeguata a bloccare le potenti organizzazioni criminali operanti in zona. Alcuni sostengono che la polizia israeliana spesso ignora del tutto queste violenze, lasciando che la gente si faccia giustizia da sé, disinteressandosi dell’escalation di violenza soprattutto perché riguarda esclusivamente la comunità araba, seppur israeliana. Il fenomeno include faide familiari, guerre per il controllo del territorio e violenza contro le donne.
La popolazione araba di queste zone, a prevalenza musulmana, è infatti in buona parte organizzata in clan familiari che lottano tra di loro per il controllo delle attività illecite, soprattutto droga e prostituzione. Le autorità israeliane sono convinte che la maggior parte degli omicidi maturino in questo genere di contesti. Questa settimana, solo in 24 ore, sono state ben cinque le vittime, in diverse città dove vive la popolazione araba, in particolare nel nord del paese. Ahmed Tibi, un membro arabo della Knesset (il parlamento israeliano), aveva dichiarato solo qualche settimana fa che l’ondata di criminalità nella comunità araba israeliana “è esacerbata dalla complicità della polizia israeliana, poiché consente il contrabbando di armi”.
All’inizio di giugno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva manifestato l’intenzione di cercare l’aiuto del servizio di intelligence interno, lo Shin Bet, per combattere il crimine all’interno della comunità araba in Israele. Il premier aveva anche aggiunto che il suo governo ha stanziato un budget enorme per la polizia “per assumere migliaia di ufficiali e per istituire una Guardia Nazionale”. La popolazione che vive nelle città maggiormente colpite è stanca, non si sente sicura e teme per la propria sicurezza.
Secondo diversi analisti e anche alcuni istituti di ricerca che hanno analizzato il fenomeno, le principali cause della violenza nella società araba sono da imputare, in primo luogo, alla scarsa o spesso insufficiente presenza della polizia nelle comunità arabe. Incide molto anche la situazione socio-economica della popolazione araba: molte infatti sono le famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà, così come molto alto è il tasso di disoccupazione, specie tra i giovani, che diventano quindi facilmente preda della criminalità locale.
Gli arabi-israeliani poi sentono di essere quasi cittadini di serie B, meno tutelati rispetto agli ebrei e vittime di disuguaglianze varie. Tra l’altro la comunità arabo-israeliana è composta soprattutto da giovani, con il 30% della sua popolazione che ha una età compresa tra i 18 e i 23 anni. Giovani che, osservano molti, hanno molti meno benefici e possibilità rispetto ai cittadini ebrei della stessa età. Secondo gli ultimi dati ufficiali, la popolazione araba di Israele è stimata in 2.048 milioni, che costituiscono il 21% della popolazione del paese, che conta in totale 9,7 milioni di persone.
Dall’inizio dell’anno, sono 111 gli arabi che sono stati uccisi in vere e proprie esecuzioni in Israele. Di questi, 98 sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco e 51 avevano meno di 30 anni. Nello stesso periodo del 2022, erano state meno della metà, 46, le persone uccise nella comunità araba. La situazione è molto tesa, molti leader locali incolpano la polizia, ritenuta inadeguata a bloccare le potenti organizzazioni criminali operanti in zona. Alcuni sostengono che la polizia israeliana spesso ignora del tutto queste violenze, lasciando che la gente si faccia giustizia da sé, disinteressandosi dell’escalation di violenza soprattutto perché riguarda esclusivamente la comunità araba, seppur israeliana. Il fenomeno include faide familiari, guerre per il controllo del territorio e violenza contro le donne.
La popolazione araba di queste zone, a prevalenza musulmana, è infatti in buona parte organizzata in clan familiari che lottano tra di loro per il controllo delle attività illecite, soprattutto droga e prostituzione. Le autorità israeliane sono convinte che la maggior parte degli omicidi maturino in questo genere di contesti. Questa settimana, solo in 24 ore, sono state ben cinque le vittime, in diverse città dove vive la popolazione araba, in particolare nel nord del paese. Ahmed Tibi, un membro arabo della Knesset (il parlamento israeliano), aveva dichiarato solo qualche settimana fa che l’ondata di criminalità nella comunità araba israeliana “è esacerbata dalla complicità della polizia israeliana, poiché consente il contrabbando di armi”.