A cosa è dovuta l’escalation del conflitto tra Israele e Gaza?
Sono diversi i motivi che hanno portato all’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi negli ultimi giorni. Cerchiamo di capire quando e perché è nata la crisi...
Sono diversi i motivi che hanno portato all’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi negli ultimi giorni. Cerchiamo di capire quando e perché è nata la crisi…
Sono diversi i motivi che hanno portato all’escalation di violenza tra Israele e i palestinesi negli ultimi giorni.
Niente di nuovo: la pandemia ha solo congelato una situazione esplosiva che attendeva solo qualche scintilla per esplodere in tutta la sua devastazione. E di scintille, ce ne sono state diverse, a dimostrazione del fatto che la cenere aveva solo nascosto ma non spento i fuochi di rancori fra le parti. Non c’è stato un episodio scatenante, piuttosto una serie di concause hanno portato ai disastri di questi giorni. Se proprio dobbiamo individuare un punto di inizio, dobbiamo andare al 13 aprile, data di inizio del Ramadan.
Con l’enorme campagna vaccinale oramai alla fine, Israele quest’anno, agli inizi di aprile, ha permesso in presenza le cerimonie della pasqua ebraica e di quella cristiana, seppur con numeri ridotti. Partendo dalla considerazione che la comunità araba, insieme a quella ebraico-ortodossa, ha uno dei minori tassi di vaccinazione per propria scelta, le autorità hanno deciso di limitare la presenza dei fedeli musulmani sulla spianata delle moschee a 10.000. I controlli sono stati letti come impedimento a pregare liberamente e sono cominciate le proteste dei musulmani.
Le autorità israeliane hanno cominciato a controllare e bloccare gli accessi della comunità islamica sia attraverso la Porta dei Leoni che quella di Damasco. Dinanzi a questa, normalmente, i giovani arabi si riuniscono e da questa entrano anche gli ebrei ortodossi, visto che la porta si affaccia verso il quartiere di Mea Shearim. Questo ha scatenato proteste, per cui da una parte sono arrivati ebrei ortodossi al grido di “morte agli arabi”, dall’altro, al grido di “Allah Akhbar, questa terra ha bisogno del sangue” manifestanti arabi si sono scontrati con la polizia. In un gesto di distensione, la polizia dopo qualche giorno ha rimosso le barriere. Ma oramai, era troppo tardi. Anche perché nel frattempo due episodi avevano contribuito a esacerbare gli animi. Accusando Israele di non aver permesso il voto a Gerusalemme, il Presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha bloccato (non si sa se cancellato o sospeso) le elezioni previste per fine maggio. All’annuncio di Abu Mazen, Hamas ha protestato, chiedendo di tenere comunque le elezioni. Le proteste si sono poi spostate al quartiere di Gerusalemme est di Sheikh Jarrah, che prende il nome dal medico del condottiero Saladino e ospita la tomba di un venerato rabbino del terzo secolo avanti Cristo.
La disputa sulle case
Qui un ordine del tribunale chiede lo sfratto forzato di alcune famiglie palestinesi per dare la casa a quelle ebraiche. Dopo che nel 1948, alla creazione dello Stato di Israele, centinaia di migliaia di palestinesi persero la loro casa, nel 1956 ventotto famiglie palestinesi furono messe in questo quartiere dalla Giordania, che controllava Gerusalemme est, su autorizzazione dell’organizzazione Onu per i rifugiati. Ebbero la promessa di ottenere un certificato di possesso della terra in cambio della loro rinuncia allo status di rifugiato, ma la Giordania non lo fece mai. Nel 1967, con la Guerra dei Sei Giorni, Israele prende il controllo e la Giordania lo perde; le famiglie, che nel frattempo diventano 38, continuano a pagare un affitto simbolico. Comunità ebraico-ortodosse recuperano documenti che provano la loro proprietà sull’area dal 1885 e si appellano al tribunale israeliano che dà loro ragione. Già diverse famiglie sono state cacciate, quattro lo dovrebbero essere adesso e una ad agosto. Il punto è che la legge che permette loro di chiedere le case non si applica però alle migliaia di palestinesi che hanno abbandonato le loro case nel 1948, alla nascita di Israele.
Situazioni già viste in altre zone e nella città vecchia, dove si sta cercando di de-arabizzare la zona e aumentare la presenza ebraica, tant’è vero che gli arabi se costretti preferiscono cedere le case alle chiese. Per tentare di calmare la situazione, il premier del Governo israeliano ha chiesto al tribunale di rimandare la decisione prevista per questi giorni sugli sfratti forzati, ma si tratterà solo di rinviare una decisione di fatto già presa. Hamas, sfruttando il crollo di consensi di Fatah e del Presidente Abu Mazen e la vacuità della politica palestinese, ha infiammato gli animi dei giovani palestinesi esasperati. Bandiere di Hamas sono state issate sulla Spianata e quelle israeliane bruciate. La polizia è intervenuta, dopo che Hamas aveva minacciato attacchi a Israele, scatenando la rabbia per gli interventi nel luogo sacro. Per non esacerbare ancora, si è deciso di cancellare la marcia degli ebrei che ricordavano il giorno, del 1967, nel quale Israele conquistò Gerusalemme.
Ma la propaganda di Hamas oramai era partita, e dalla spianata delle moschee si è spostata a Gaza, da dove, da lunedì, sono stati lanciati oltre un migliaio di razzi. I primi sette in direzione di Gerusalemme, cosa che non accadeva da anni. Nelle ore e giorni successivi verso il sud del Paese, verso Tel Aviv, verso l’aeroporto. Scontata la risposta israeliana, con numerosi raid e diverse vittime. La protesta si è di nuovo spostata nelle città, dove Hamas, che nel frattempo ha proclamato la sua vittoria su Gerusalemme, ha spinto giovani arabi, stavolta con passaporto israeliano, ad attaccare case, negozi, auto e sinagoghe ebraiche. In uno scontro interno che preoccupa non poco, più dei razzi.
Sono diversi i motivi che hanno portato all’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi negli ultimi giorni. Cerchiamo di capire quando e perché è nata la crisi…
Sono diversi i motivi che hanno portato all’escalation di violenza tra Israele e i palestinesi negli ultimi giorni.
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