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Il Kazakistan guarda al futuro in un contesto geopolitico incerto


Le elezioni parlamentari del 19 marzo hanno segnato un passo decisivo in direzione del cambiamento, che vuole scardinare elementi tipici del passato, come il sistema oligarchico e la riduzione del ruolo dello Stato nell’economia

L’aria che si respira ad Astana è un’aria di forte aspettativa rispetto ad un cambiamento atteso da molto tempo. Del Kazakistan si conosce bene il passato sovietico; a ben ricordare il Paese è rimasto per quattro giorni l’ultimo pezzo di Unione Sovietica a resistere quando anche l’area oggi nota come Federazione Russa ne era uscita il 12 dicembre 1991. I venti del cambiamento oggi soffiano in una nuova direzione che vuole scardinare elementi tipici del passato come il sistema oligarchico. Le nuove generazioni nate nel Kazakistan indipendente (il 25% della popolazione kazaka) non condividono il passato sovietico con le generazioni precedenti e avanzano nuove richieste.

Nel gennaio 2022 violente proteste scatenate dall’aumento dei prezzi del Gpl scuotono il Paese segnando un punto di rottura importante che porterà in cima all’agenda politica la necessità di importanti riforme. L’intervento dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) innesca un dibattito internazionale sulla sua legittimità: in molti si chiedono se sia stato il tentativo del Presidente di cementare la sua posizione. Nel corso del nostro incontro, il viceministro degli affari esteri Roman Vassilenko spiega che per quanto le richieste dei manifestanti fossero lecite, le modalità delle rivolte e il sopraggiungere di elementi esterni radicalizzati hanno creato un forte rischio di escalation che sarebbe potuto degenerare pericolosamente. Vassilenko afferma che i cambiamenti devono esserci ma attraverso canali convenzionali come le riforme, per cui il primo passo in quella circostanza è stato quello di stabilizzare e mettere in sicurezza il Paese.

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