La visita del Primo Ministro giapponese ad Hanoi ha chiaramente un intento anticinese. I due Paesi si impegneranno a rafforzare le catene di approvvigionamento e a favorire la transizione energetica
Domenica scorsa il Giappone e il Vietnam hanno deciso di rafforzare i legami economici e sulla sicurezza. L’accordo è arrivato con la visita nel Paese del Primo Ministro giapponese Fumio Kishida – tappa di un viaggio più ampio nel Sud-est asiatico –, che si è riunito con il suo omologo Pham Minh Chinh.
Più nello specifico, Tokyo e Hanoi hanno detto di volersi impegnare per l’irrobustimento delle catene di approvvigionamento e per la transizione energetica, attraverso lo sviluppo di iniziative sull’idrogeno e l’ammoniaca: sono due combustibili su cui il Giappone sta puntando molto per sostituire la capacità a carbone nell’ottica di un azzeramento netto delle emissioni di gas serra.
Alla base di tutto questo c’è la volontà di Tokyo di arginare l’espansione della Cina in Asia. Dall’inizio della crisi pandemica il Governo giapponese ha stanziato un fondo per aiutare le imprese domestiche a distaccarsi dalla Cina – alla cui ascesa guarda con preoccupazione – e ad aprire fabbriche nel Sud-est asiatico o in patria. Quanto all’energia, l’obiettivo è evitare che Pechino conquisti mercati strategici con le sue tecnologie per le energie pulite (è la prima produttrice al mondo di turbine eoliche, pannelli solari e batterie, ad esempio) e ne guadagni in influenza politica.
Che la visita di Kishida in Vietnam avesse un intento anticinese lo ha fatto capire chiaramente lo stesso Primo Ministro, che ha detto che lui e Chinh concordano “nell’opporsi fortemente a qualsiasi tentativo di cambiare con la forza lo status quo nel Mar Cinese meridionale”. Il riferimento è alle rivendicazioni territoriali di Pechino sulla pressoché interezza di queste acque, contese non solo con il Vietnam ma anche con Taiwan, la Malaysia, il Brunei e le Filippine.
Kishida ha paragonato la situazione nel Sud-est asiatico a quella in Europa orientale, dove la Russia, con la guerra in Ucraina, sta proprio cercando di modificare lo status quo attraverso un’aggressione armata. Il Vietnam ha chiesto la fine immediata del conflitto, e Chinh ha annunciato aiuti umanitari all’Ucraina per 500mila dollari attraverso organizzazioni internazionale. Nel Sud-est asiatico, tuttavia, l’unico Paese ad aver imposto sanzioni contro la Russia è Singapore.
Il tour regionale di Kishida – rappresentante dell’unico membro asiatico del G7 – mira dunque proprio a ottenere maggiore compattezza nella risposta all’invasione russa. Non sarà semplice. Il Primo Ministro giapponese è stato venerdì in Indonesia: lì il Presidente Joko Widodo ha chiesto la fine della guerra, ma anche fatto sapere che inviterà sia l’Ucraina che la Russia al vertice G20 di novembre, nonostante le pressioni occidentali per l’esclusione di Mosca.
Il Sud-est asiatico resiste infatti a schierarsi nettamente, non solo contro la Russia ma anche contro la Cina per non finire trascinato – e penalizzato economicamente – nella competizione tra la Repubblica popolare e gli Stati Uniti d’America. Anche a Giacarta, comunque, Kishida ha espresso la sua “forte opposizione a un cambiamento unilaterale dello status quo con la forza nel Mar Cinese orientale e nel Mar Cinese meridionale”.
La visita di Kishida in Vietnam e in Indonesia è servita anche a parlare di investimenti: il Giappone è il primo fornitore di aiuti allo sviluppo ad Hanoi e la terza fonte di investimenti diretti esteri; è anche molto presente, con le sue aziende, nello sviluppo infrastrutturale a Giacarta (ferrovie e metropolitane) e nella nuova capitale.
Più nello specifico, Tokyo e Hanoi hanno detto di volersi impegnare per l’irrobustimento delle catene di approvvigionamento e per la transizione energetica, attraverso lo sviluppo di iniziative sull’idrogeno e l’ammoniaca: sono due combustibili su cui il Giappone sta puntando molto per sostituire la capacità a carbone nell’ottica di un azzeramento netto delle emissioni di gas serra.