Lo scorso 4 novembre un cittadino cinese è stato ucciso e altri feriti da colpi dell’artiglieria birmana finiti oltre il confine tra i due Stati: Naiban, la città cinese di confine, è stata evacuata. La guerra civile birmana, che dura da quasi tre anni, appare attualmente fuori controllo.
Mentre si combatte in Ucraina e a Gaza, c’è un altro conflitto con meno riflettori internazionali che continua da ormai quasi tre anni. Si tratta della guerra civile in Myanmar, dove la situazione è finita fuori controllo in una zona a dir poco nevralgica: il confine con la Cina. Anzi, in realtà, persino oltre quella sensibile frontiera con la principale potenza asiatica.
Sabato 4 novembre, un cittadino cinese è stato ucciso e diversi altri sono rimasti feriti quando un proiettile di artiglieria sparato dall’esercito birmano ha apparentemente mancato il bersaglio previsto ed è atterrato sul lato cinese del confine.
Il colpo aveva preso di mira la città di Laiza, sede del quartier generale dell’Esercito per l’Indipendenza Kachin, una delle più grandi e potenti tra le decine di organizzazioni di resistenza etnica che combattono contro la giunta militare protagonista del golpe del 1° febbraio 2021. Il rischio di ulteriori vittime da parte cinese è stato ridotto dall’evacuazione dei residenti dalla città di confine di Naban. Ma da Laiza, come sottolinea Asia Times, non ci sono molte vie di fuga praticabili.
La Cina osserva con grande preoccupazione l’evolversi della situazione birmana sin dal colpo di Stato che ha deposto Aung San Suu Kyi. Ma l’incidente di Laiza rappresenta un’escalation impossibile da ignorare, anche perché i gruppi armati hanno conquistato un avamposto commerciale chiave lungo la frontiera. Si tratta di Chinshwehaw, importante snodo per l’interscambio annuale di 1,8 miliardi di dollari tra Cina e Myanmar. E infatti il governo di Pechino ha subito esortato il Myanmar a “cooperare” per mantenere stabile il confine condiviso.
Il viceministro degli Esteri Nong Rong ha visitato il Myanmar durante il fine settimana per discutere degli scontri che, secondo le Nazioni Unite, hanno causato lo sfollamento di oltre 23.000 persone. Durante la sua visita, Nong ha incontrato il vice primo ministro e ministro degli Esteri Than Shwe e il vice ministro degli Esteri Lwin Oo. In cima all’agenda, la situazione lungo il confine con la provincia dello Yunnan.
Pechino ha chiesto il “cessate il fuoco immediato”, ma gli ultimi combattimenti sottolineano le difficoltà crescenti che il potere militare deve affrontare per controllare il Paese. Un controllo che è tutt’altro che totale. A settembre, il leader ad interim del governo in esilio del Myanmar, Duwa Lashi La, ha dichiarato che le forze di resistenza controllano circa il 60% del territorio della nazione del Sud-Est asiatico e sono pronte a minacciare la giunta nelle sue roccaforti chiave.
A complicare la situazione, il fatto che da tempo la Cina intrattiene rapporti con il gruppo che governa l’autoproclamato Stato Wa nel nord del Paese, un angolo inaccessibile noto come centro del commercio illegale di stupefacenti. Nel recente passato, questi legami sono stati messi alla prova dalla decisione dei Wa di sospendere l’attività estrattiva, tagliando fuori quasi un terzo delle forniture totali di minerale di stagno della Cina. Le tensioni sono state esacerbate dagli sforzi di Pechino per bloccare le truffe cyber nella regione di confine, attività che finanziano il crimine organizzato e spesso prendono di mira i cittadini cinesi. La stretta di Pechino ha preso di mira gli ufficiali dell’Esercito dello Stato di Wa. L’agenzia di stampa statale Xinhua ha recentemente riferito che più di 2.300 sospetti sono stati catturati in Myanmar nell’ambito di un più ampio giro di vite e scortati oltre il confine.
La Cina non ha certo giocato un ruolo nel golpe del 2021 ma ora vorrebbe presumibilmente vedere un ritorno alla stabilità in Myanmar. Questo nonostante Pechino avesse rapporti probabilmente migliori con la Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi (che ha un rapporto ottimo con Xi Jinping) che non con il Tatmadaw, con il quale è spesso entrata in rotta di collisione sul presunto sostegno alle milizie etniche.
La Cina ha sempre mantenuto interessi importanti in Birmania. Il China-Myanmar Economic Corridor (CMEC) dovrebbe connettere lo Yunnan al golfo del Bengala (e dunque all’oceano Indiano) attraverso il porto di Kyaukpyu, aggirando lo stretto di Malacca. Ma 29 dei 38 progetti in ambito CMEC sono ancora da approvare.
Inoltre, quasi la metà delle importazioni cinesi di terbio e disprosio (terre rare con alto valore atomico) provengono proprio dal Myanmar. L’avvio della transizione democratica era stata deciso dai militari anche per diversificare i rapporti commerciali e diplomatici e ridurre la dipendenza da Pechino. Lo dimostrano anche gli eccellenti rapporti costruiti nel tempo con Russia (soprattutto in materia militare) e India.
Ora però, la Cina ha bisogno che in Myanmar torni l’ordine. Anche se a poterlo garantire dovessero essere i generali golpisti.
Mentre si combatte in Ucraina e a Gaza, c’è un altro conflitto con meno riflettori internazionali che continua da ormai quasi tre anni. Si tratta della guerra civile in Myanmar, dove la situazione è finita fuori controllo in una zona a dir poco nevralgica: il confine con la Cina. Anzi, in realtà, persino oltre quella sensibile frontiera con la principale potenza asiatica.
Sabato 4 novembre, un cittadino cinese è stato ucciso e diversi altri sono rimasti feriti quando un proiettile di artiglieria sparato dall’esercito birmano ha apparentemente mancato il bersaglio previsto ed è atterrato sul lato cinese del confine.