Abbiamo sconfitto lo Stato Islamico ma non il terrorismo. Serve più soft power
Con la presa della cittadina di Baghouz – nel sud-est della Siria, vicina al confine con l’Iraq – che sembra ormai cosa fatta, lo Stato Islamico avrà perso tutti i suoi territori e potrà essere dichiarato sconfitto. Per essere più precisi, quello che non esisterà più sarà il cosiddetto “Califfato”, inteso come entità territoriale, con dei propri confini e una propria organizzazione statuale. Isis manterrà invece l’altra sua dimensione, quella di gruppo terroristico che potrebbe compiere nuovi attentati nel mondo.
Le Forze democratiche siriane, la coalizione di milizie appoggiata dagli Stati Uniti, hanno detto sabato di essere sul punto di ottenere il pieno controllo di Baghouz, sulla riva del fiume Eufrate, l’ultimo bastione di Isis. Per quanto importante, la presa di Baghouz non segnerà però la fine automatica dello Stato Islamico. Ci sono buone ragioni per contenere l’entusiasmo, anche se a dicembre Donald Trump aveva dichiarato sconfitto lo Stato Islamico in Siria e ordinato il ritiro delle truppe americane dal Paese (decisione poi parzialmente rivista).
L’ex-Califfato, nato nel 2014, controllava un tempo un territorio molto vasto, che gli garantiva entrate considerevoli ma che era importante anche da un punto di vista propagandistico: a differenza delle altre organizzazioni terroristiche, Isis possedeva una dimensione “concreta” che affascinava e attirava combattenti dall’estero (foreign fighters).
Il collasso del Califfato non elimina il fatto che Isis rimanga un pericoloso gruppo terroristico, composto da numerosi miliziani che possono ancora dedicarsi a operazioni di guerriglia o ad attentati. Lo Stato Islamico può contare inoltre su una rete di alleanze in diversi Paesi e regioni del mondo, come ad esempio l’Afghanistan, le Filippine e l’Africa occidentale.
@marcodellaguzzo
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