Colpite milizie vicine alla Repubblica Islamica, che accusa Washington di terrorismo. Nel Golfo, al via le esercitazioni congiunte Iran, Russia e Cina
Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno colpito alcune milizie irachene e siriane vicine — secondo Washington — alla Repubblica Islamica, in risposta all’attacco mortale subito da un contractor civile nella base di Kirkuk. Il Dipartimento alla Difesa, ha spiegato il portavoce Jonathan Hoffman, è intervenuto con alcuni attacchi aerei contro Kata’ib Hizbollah sia in Iraq che in Siria: l’operazione, “diminuirà le capacità” della milizia filo-iraniana “nel condurre futuri attacchi contro Inherent Resolve”, l’operazione statunitense nata nel 2014 con l’obiettivo di bloccare l’avanzata dello Stato Islamico nella regione. Inherent Resolve si protrae ancora nonostante il crescente malcontento del Governo iracheno per la presenza di Washington sul territorio.
Infatti, il Primo Ministro dimissionario Adel Abdul Mahdi ha fortemente criticato l’intervento degli Usa “condotto contro forze irachene” e sottolineato che “ci saranno conseguenze. Tali attacchi sono inaccettabili”. I rapporti tra Baghdad e Washington sono tesi da tempo: a novembre, al culmine delle manifestazioni di piazza contro il Governo Mahdi e per l’eccessiva presenza nella politica irachena delle forze statunitensi e iraniane, l’Iraq si scagliò contro la scelta degli Stati Uniti di spostare le truppe Usa dalla Siria in territorio iracheno, nel quadro dell’operazione turca contro i militanti curdi.
Questa mattina migliaia di persone si sono riversate nei pressi dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad: al grido di “No, no, America! No, no, Trump!”. Sono stati appiccati incendi alle barriere di protezione e lanciate pietre in direzione dello stabile che ospita il personale di Washington. L’ambasciatore e lo staff diplomatico hanno abandonato l’area: da quanto si apprende,alcuni manifestanti avrebbero superato i controlli, penetrando nella zona a ridosso del palazzo che ospita l’Ambasciata. Il mese scorso i manifestanti scesero in piazza nella città di Karbala, assaltando il Consolato della Repubblica Islamica dell’Iran: la ripresa del malcontento popolare verso le due forze straniere.
L’Iran ha condannato “l’attacco terroristico statunitense” in Iraq e ha chiesto che ne “venga rispettata l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale. Gli Stati Uniti devono smetterla di interferite negli affari interni dei Paesi arabi”, ha affermato il portavoce del Ministero degli Esteri, Seyyed Abbas Mousavi. Per l’Ayatollah Ali al-SIstani, la più importante figura sciita in Iraq, alcuni dei gruppi oggetto dell’attacco Usa si sono resi colpevoli di pratiche illegali. Condannando l’attacco, al-Sistani ha però affermato che “solo le autorità irachene possono occuparsene, prendendo le misure necessarie per prevenirle”.
Intanto, è partita l’esercitazione militare congiunta — la prima del genere — tra Iran, Cina e Russia. L’operazione, della durata di quattro giorni, si svolge nel Golfo dell’Oman e a nord dell’Oceano Indiano, e sottolinea la vicinanza di rapporti tra le tre Nazioni in un momento cardine per il futuro dell’assetto istituzionale iraniano. L’Iran è attivo sul fronte diplomatico per il raggiungimento di un accordo sulla protezione delle petroliere che passano nel Golfo: nei mesi scorsi ha proposto il progetto HOPE — Hormuz Peace Endeavor — ai Paesi che condividono quel tratto di mare. Il Governo iraniano è stato additato, in primis dagli Stati Uniti, come responsabile degli attacchi alle petroliere avvenuti a giugno 2019 ma ha sempre rispedito le accuse al mittente.
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@melonimatteo