Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz è in cerca di opportunità per le aziende tedesche. Ma la Commissione avverte: l’Europa non deve ricadere nella dipendenza da un paese autoritario
Venerdì il cancelliere tedesco Olaf Scholz è arrivato a Pechino, in Cina, dove si è riunito con il presidente Xi Jinping, recentemente riconfermato per un (insolito) terzo mandato alla guida di una nazione che potrebbe farsi ancora più autoritaria e assertiva all’estero.
Quella di Scholz è la prima visita nel paese da parte di un leader del G7 dall’inizio della pandemia, ed è giunta in un momento delicato, dal punto di vista geopolitico. Poche settimane fa, intanto, si è chiuso il Congresso nazionale del Partito comunista, che ha reso Xi ancora più potente. Da qualche mese, poi, si sono aggravate le tensioni tra Cina e Stati Uniti su Taiwan, che Pechino considera una provincia del proprio territorio da portare sotto il suo controllo. Infine, anche recentemente la Cina ha ribadito il sostegno ideologico alla Russia, addossando di nuovo le responsabilità della guerra in Ucraina all’Occidente e alla Nato.
Un’ancora di salvataggio per la Germania
Il momento è delicato anche per la Germania stessa, che rischia la recessione per via della crisi dei prezzi dell’energia e per il calo delle esportazioni. Essendo la Cina la sua maggiore partner commerciale – vale da sola il 12,4% delle importazioni tedesche e il 7,4% delle esportazioni −, la visita di Scholz serve ad assicurare un’”ancora di salvataggio economico” a Berlino, come ha scritto il Wall Street Journal, quotidiano statunitense di orientamento conservatore. Il cancelliere è infatti accompagnato da una delegazione di imprenditori: ne fanno parte i rappresentanti della casa automobilistica Volkswagen (fa il 40% delle sue vendite in Cina) e della società di biotecnologie BioNTech (il suo vaccino contro il coronavirus non è stato approvato dalle autorità cinesi).
Le critiche a Scholz
Non è tuttavia facile, per Scholz, bilanciare i rapporti commerciali con le tensioni politiche. Gli oppositori interni del cancelliere e alcuni paesi europei (la Francia, innanzitutto) temono infatti che la Germania stia commettendo con la Cina lo stesso errore fatto in passato con la Russia e il suo gas: creare una dipendenza economico-strategica da una nazione autoritaria e potenzialmente ostile.
Scholz ha peraltro autorizzato la compagnia statale cinese di spedizione marittima COSCO ad acquisire il 24,9% di un terminal nel porto di Amburgo, il più grande della Germania. Il cancelliere è stato criticato dalla sua stessa ministra degli Esteri, che pensa che l’accordo permetterà a Pechino di stringere la sua presa sulle infrastrutture critiche tedesche.
Riferendosi al viaggio di Scholz in Cina, il commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton ha dichiarato che “quando si ha a che fare con un rivale sistemico per l’intera Unione europea, non è più possibile per i singoli stati membri giocare da soli. Dopo la nostra dipendenza dal gas russo, l’Europa deve evitare di ripetere gli errori del passato”.
Le imprese tedesche in Cina
Il Wall Street Journal scrive che Scholz ha chiesto alle aziende tedesche con una forte presenza in Cina di diversificare maggiormente i loro mercati, e che si è rifiutato di rinnovare a Volkswagen una garanzia statale che avrebbe risarcito la società qualora avesse perso i suoi asset in Cina (ad esempio a seguito di contrasti governativi per le violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang, o per un’aggressione a Taiwan).
Nella prima metà del 2022 gli investimenti tedeschi in Cina hanno raggiunto il massimo decennale di 5 miliardi di euro. Ma la società di consulenza Rhodium fa notare come le imprese di medie e piccole dimensioni, a differenza dei colossi industriali, hanno sviluppato una maggiore consapevolezza dei rischi connessi all’esposizione alla Cina.
Quella di Scholz è la prima visita nel paese da parte di un leader del G7 dall’inizio della pandemia, ed è giunta in un momento delicato, dal punto di vista geopolitico. Poche settimane fa, intanto, si è chiuso il Congresso nazionale del Partito comunista, che ha reso Xi ancora più potente. Da qualche mese, poi, si sono aggravate le tensioni tra Cina e Stati Uniti su Taiwan, che Pechino considera una provincia del proprio territorio da portare sotto il suo controllo. Infine, anche recentemente la Cina ha ribadito il sostegno ideologico alla Russia, addossando di nuovo le responsabilità della guerra in Ucraina all’Occidente e alla Nato.