Mar cinese meridionale: prove di guerra tra Usa e Cina
Gli Usa hanno schierato due nuovi portaerei nel Mar cinese meridionale. Ma Pechino non ha intenzione di rinunciare al dominio su acque così strategiche
Gli Usa hanno schierato due nuovi portaerei nel Mar cinese meridionale. Ma Pechino non ha intenzione di rinunciare al dominio su acque così strategiche
La marina militare americana ha fatto sapere questo venerdì di aver schierato nuovamente due portaerei – la USS Nimitz e la USS Ronald Reagan – nel Mar cinese meridionale. La presenza delle navi non ha niente a che vedere con la politica, precisa la U.S. Navy, ma risponde all’impegno americano per un Indo-Pacifico libero e aperto e per un ordine internazionale basato sulle regole.
Le parole di Pompeo
Nonostante quanto affermato nel comunicato, in realtà lunedì c’è stata – da parte degli Stati Uniti – una dichiarazione politica molto forte. Il segretario di Stato Mike Pompeo ha definito “completamente illegali” le rivendicazioni della Cina sul Mar cinese meridionale, appoggiandosi a una sentenza del 2016 del tribunale dell’Aia che aveva appunto rigettato le pretese di Pechino nell’area.
La dichiarazione di Pompeo è importante per tanti motivi. Innanzitutto perché Washington non aveva mai preso una posizione formale così forte sulla questione. Poi perché contribuisce ad alzare il livello dello scontro con Pechino, già molto articolato (tocca il commercio, il primato tecnologico, le organizzazioni multilaterali, Hong Kong e non solo). Infine, perché riafferma la centralità del Mar cinese meridionale nella geopolitica degli Stati Uniti.
L’importanza del Mar cinese meridionale
Il Mar cinese meridionale è una porzione dell’oceano Pacifico dalla grande importanza strategica: è ricca di risorse naturali (petrolio, gas, pesci) e per le sue acque passa circa un terzo del commercio globale. È una zona molto “calda” e militarizzata perché sono tante le nazioni – Brunei, Cina, Filippine, Indonesia, Malaysia, Taiwan, Vietnam – che ne rivendicano delle parti.
Pechino, in particolare, considera come propria un’area (la cosiddetta “linea dei novi punti”) pari a circa il 90% del Mar cinese meridionale. Gli altri Paesi del sud-est asiatico coinvolti nelle dispute accusano la Cina di voler imporre la propria sovranità attraverso metodi aggressivi: trivellazioni, costruzione di isolotti artificiali, speronamenti.
Nel 2016 una sentenza del tribunale dell’Aia ha stabilito che le rivendicazioni di Pechino sul Mar cinese meridionale sono in contrasto con la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e che pertanto sono prive di una base legale.
Ma la Cina non ha intenzione di rinunciare al dominio su acque tanto fondamentali per il commercio e la navigazione verso l’Asia orientale: controllare il Mar cinese meridionale farà di Pechino un attore ancora più potente nella regione.
Cosa vogliono gli Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono preoccupati dalle mire di Pechino e sono militarmente presenti nel Mar cinese meridionale per garantirne la libertà di navigazione e, in prospettiva, stroncare l’ascesa della Cina a potenza marittima.
Mercoledì Pompeo ha detto che l’America sosterrà diplomaticamente le nazioni che accusano la Cina di aver violato le proprie rivendicazioni marittime o territoriali. La frase, che va a unirsi a quanto dichiarato due giorni prima, sembra segnalare l’intenzione dell’amministrazione Trump di voler essere molto più presente nella regione in funzione anti-cinese.
Ma potrebbe anche trattarsi – come scrive il New York Times – soltanto di annunci dalle poche conseguenze concrete. E non è scontato che i Paesi del sud-est asiatico accettino di unirsi a Washington nella sfida a Pechino.
La marina militare americana ha fatto sapere questo venerdì di aver schierato nuovamente due portaerei – la USS Nimitz e la USS Ronald Reagan – nel Mar cinese meridionale. La presenza delle navi non ha niente a che vedere con la politica, precisa la U.S. Navy, ma risponde all’impegno americano per un Indo-Pacifico libero e aperto e per un ordine internazionale basato sulle regole.
Le parole di Pompeo
Nonostante quanto affermato nel comunicato, in realtà lunedì c’è stata – da parte degli Stati Uniti – una dichiarazione politica molto forte. Il segretario di Stato Mike Pompeo ha definito “completamente illegali” le rivendicazioni della Cina sul Mar cinese meridionale, appoggiandosi a una sentenza del 2016 del tribunale dell’Aia che aveva appunto rigettato le pretese di Pechino nell’area.
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