La pandemia ha aggravato la situazione degli standard democratici e dei diritti a livello internazionale. Ne parliamo con la neo Presidente della Rappresentanza italiana all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Marta Grande
Deputata del Movimento 5 Stelle dal 2013, Marta Grande è stata membro (e poi Presidente) della Commissione Affari esteri della Camera dal 2018 al 2020. Ora, l’incarico di Presidente della Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Oggi, con lei, parliamo di questo ruolo, delle sue aspettative e di come intende impostare il suo nuovo mandato.
Negli ultimi anni il M5S ha cambiato pelle. Impossibile dimenticare quando, ai suoi inizi, era contro l’Unione europea e optava per una chiusura quasi totale della politica estera. Ora abbiamo Fabio Massimo Castaldo vice Presidente della Commissione europea e lei a capo della delegazione italiana presso il Consiglio d’Europa. Come spiega questo cambiamento?
Il Movimento 5 Stelle è cresciuto in questi anni e con esso anche le sue visioni politiche. Il tema degli ‘esteri’ è da sempre uno dei più complessi e sfaccettati, in cui le dinamiche e gli eventi cambiano continuamente e rapidamente. La politica estera rappresenta, per ogni partito, uno degli elementi cardine della propria politica, nel metterla in pratica, nel relazionarsi con l’esterno degli aggiustamenti erano inevitabili anche per noi.
Lei viene da una esperienza come Presidente della Commissione affari esteri in cui a più riprese ha portato avanti l’istanza dell’integrazione europea per i Balcani. In generale, che bagaglio si porta dietro dopo questa esperienza?
Ricoprire il ruolo di Presidente di Commissione esteri è stato un onore. La nostra prima missione all’estero è stata proprio a Belgrado, incontrando il Presidente Vucic e i colleghi serbi; in due anni ho visitato i Balcani sei volte e credo che sia per il nostro Paese che per tutta la regione sia fondamentale la nostra presenza.
Ha già le idee chiare su come impostare il suo nuovo mandato? Quali le priorità e le aspettative per un ruolo così importante?
Sicuramente ci sarà una condivisione degli intenti e delle attività con tutta la delegazione, credo che la sinergia con tutti i colleghi sia fondamentale per poter lavorare al meglio. Tra i prossimi impegni ci sarà l’organizzazione degli eventi che avranno luogo a Roma durante la presidenza italiana, a fine anno. Iniziamo, quindi, con la certezza di voler portare avanti i valori e i temi fondanti del Consiglio d’Europa.
Nella settimana in cui è stato approvato il Green Pass europeo, anche Damien Cottier ha affermato che questa è un’azione dovuta e necessaria per tornare a una cauta normalità. Tuttavia ha messo in guardia su qualche difficoltà giuridica e possibili discriminazioni tra vaccinati e non. Cosa pensa si possa fare affinché ciò non avvenga?
Credo che in questa fase la necessità di accelerare sul Green Pass sia stata dovuta alla volontà di non penalizzare un settore quale il turismo, fondamentale per tutta l’Unione europea. Il turismo ha avuto forti contraccolpi a causa della pandemia e questo potrebbe essere un modo per tamponare nell’immediatezza questa stagione turistica. Sicuramente presenta dei profili critici, sia sotto l’aspetto dello stato di diritto che del rispetto dei diritti umani, e non è uno strumento perfetto ma è indubbio che nell’urgenza di far riprendere una normalità alle nostre vite e far ripartire l’economia questa sembra essere l’unica modalità percorribile.
Cosa può fare il Consiglio d’Europa, che ricordiamo non rientra nell’Unione europea, ma racchiude 47 membri, nei rapporti con la Russia e in generale con l’area del Centro Asia?
L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa si concentra sui temi dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto. Tra le questioni maggiormente discusse negli ultimi anni, ad esempio, troviamo la tensione tra Russia e Ucraina e la permanenza della delegazione russa nell’assemblea parlamentare. Per questo, come ogni altro foro internazionale, è terreno di una vera e propria azione politica. Come delegazione potremo sicuramente incidere sulla cooperazione con quella regione.
Un rapporto del Consiglio d’Europa, di cui, ricordiamo, uno dei fini è proprio la promozione della democrazia, ha mostrato una regressione negli standard democratici, affermando che vi è la necessità di operare in cooperazione tra tutti i membri. Lei, come neo Presidente, cosa pensa di poter fare e come pensa di intervenire?
Il tema verrà sicuramente affrontato all’interno delle commissioni competenti in seno all’assemblea parlamentare ed è indubbio che molti Paesi membri stiano regredendo sotto il profilo degli standard democratici. Dobbiamo sempre tenere a mente che la democrazia è una conquista e non un modello inscalfibile. Solo tenendo sempre a mente i pilastri del sistema istituzionale nel quale viviamo, le possibili minacce e, soprattutto, quali sono le alternative a un sistema democratico possiamo riuscire a difendere i valori e le conquiste ottenute nel tempo che ci permettono di vivere in pace da ottanta anni.
Oltre a occuparsi di diritti umani, promozione della democrazia e dello stato di diritto, da anni il Consiglio d’Europa si occupa anche della promozione delle politiche giovanili. Cosa pensa sia necessario fare oggi per i giovani, per spingerli al raggiungimento dei loro obiettivi. Come incentivare le politiche giovanili a livello nazionale?
Credo profondamente che serva un nuovo patto sociale a tutela dei giovani e delle nuove generazioni. I ragazzi devono essere inclusi strutturalmente nel mondo lavorativo, garantendo una stabilità contrattuale ed economica affinché possano pianificare il loro futuro. Come fare? Pianificando e creando le condizioni per mettere a frutto le tante competenze che il nostro Paese forma ma spesso lascia andare via. Investimenti su settori strategici e sostegno ai servizi di welfare, ad esempio, sono decisioni inderogabili.
Uno dei prossimi incontri del Consiglio d’Europa, su proposta del Governo cipriota lo scorso 3 giugno, riguarderà il ruolo della digitalizzazione massiva dei media e il declino della sicurezza dei giornalisti. Come e cosa si può fare per garantire più sicurezza ai giornalisti e, allo stesso tempo, assicurare maggior inclusione informativa ai gruppi emarginati a causa della pandemia?
Durante la legislatura in corso ho presentato una risoluzione, approvata, che va proprio in questa direzione. La tutela dei giornalisti è fondamentale per salvaguardare il diritto di tutti all’informazione e alla verità; purtroppo oltre ai contesti di guerra, la categoria deve affrontare anche pressioni e minacce in molti Paesi industrializzati e tutto ciò va a detrimento dei nostri valori costituzionali. Penso, inoltre, che in questi ultimi anni il concetto di informazione (e controinformazione) abbia fatto un enorme passo in avanti vista la necessità di adeguarsi ai nuovi mezzi di comunicazione, avendo anche la possibilità di raggiungere, virtualmente, una platea sicuramente maggiore rispetto al passato. Per questo, a livello internazionale, bisognerà creare una cultura dell’attendibilità che ancora stenta a prendere piede.
A marzo la Turchia è uscita dalla Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta alla violenza domestica e contro le donne, di cui la Turchia fu il primo Stato ratificatore nel 2012. Una scelta incomprensibile e sicuramente forte. Quali politiche e soprattutto quali azioni adoperare affinché non venga indebolito il sistema internazionale sul tema dei diritti umani e in questo caso, sui diritti delle donne?
Il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul è un segnale preoccupante. In molteplici contesti ho potuto affermare la mia idea sulla necessità di rafforzare sempre più la tutela delle donne, dei loro diritti e della loro indipendenza. Anche nella prossima sessione dell’assemblea plenaria avremo modo di discutere del tema. Il ritiro della Turchia è stata una grossa ferita per il Consiglio d’Europa, così come per la comunità internazionale, soprattutto in questo momento storico.
Per non indebolire questi diritti bisogna parlare del tema e delle cause e dare risposte istituzionali; in Italia si è fatto un enorme passo in avanti negli ultimi anni e spero che si riesca a far emergere un dramma sommerso che molte nostre conoscenti, familiari e amiche vivono in silenzio.
Ultima domanda, concludiamo come abbiamo iniziato, con il M5S; un parere personale sulle prossime elezioni amministrative e soprattutto su Roma, dove si gioca la partita più decisiva per il Movimento, ma anche la più incerta di tutte.
Il Movimento, a Roma, dovrà affrontare la sfida della riconferma, ma penso che gli sforzi dell’amministrazione comunale saranno ripagati. Con il tempo le tante persone che hanno sostenuto Virginia Raggi hanno potuto vedere il lavoro quotidiano, spesso fatto senza un sostegno mediatico, concretizzato in questi anni. Sicuramente è tra le sfide più avvincenti delle prossime elezioni amministrative e credo che il Movimento 5 Stelle ci sarà per sostenere la nostra futura lista.
Il Movimento 5 Stelle è cresciuto in questi anni e con esso anche le sue visioni politiche. Il tema degli ‘esteri’ è da sempre uno dei più complessi e sfaccettati, in cui le dinamiche e gli eventi cambiano continuamente e rapidamente. La politica estera rappresenta, per ogni partito, uno degli elementi cardine della propria politica, nel metterla in pratica, nel relazionarsi con l’esterno degli aggiustamenti erano inevitabili anche per noi.