Guterres ha chiesto al Consiglio di sicurezza di autorizzare l’invio di ulteriori truppe in Mali per contrastare l’espansione dei militanti islamisti
Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha chiesto al Consiglio di sicurezza di autorizzare l’invio di ulteriori truppe in Mali per contrastare la crescita dei gruppi jihadisti.
L’aumento – stando a un rapporto interno visionato da Reuters – riguarda 2069 unità tra soldati e ufficiali di polizia, che porterebbe a 17.278 il totale del personale impiegato nella missione di mantenimento della pace MINUSMA: sarebbe il numero più alto di unità coinvolte da quando è stata istituita l’operazione, nel 2013. MINUSMA è la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite con più vittime registrate, circa 230.
La proposta di Guterres e il contesto in Mali
Nel documento contenente la richiesta di Guterres, il segretario parla della necessità di rispondere all’espansione territoriale dei militanti islamisti in Mali – alcuni di questi sono affiliati allo Stato islamico o ad al-Qaeda, come Nusrat al-Islam –, che dalle roccaforti nel deserto del nord si sono mossi verso il centro della nazione e verso i Paesi confinanti di Burkina Faso e Niger.
Guterres dice che “aumentare il personale in uniforme di MINUSMA migliorerebbe la capacità della missione di proteggere i civili nel Mali centrale e creerebbe spazi ulteriori per il processo di pace nel nord”.
Nello specifico, le 2069 unità richieste dal segretario si dividono in 1730 soldati e in 339 poliziotti. Tutte queste truppe verrebbero utilizzate per istituire delle basi operative nel Mali centrale, ormai divenuto il centro del conflitto armato interno. A fine giugno, per esempio, l’esplosione di un’autobomba nella città di Gossi causò diversi feriti tra i soldati francesi impiegati nell’operazione Barkhane. Più recentemente, il 4 luglio quattro militari maliani sono stati uccisi in un’imboscata nel comune rurale di Léré.
Il successo dello sforzo delle Nazioni Unite dipenderà dalla collaborazione delle autorità del Mali, precisa Guterres. Ma le forze governative stanno subendo sconfitte e perdendo terreno nelle campagne, che passano così sotto il controllo dei jihadisti. A peggiorare la situazione è il contesto politico, instabile dopo il colpo di Stato del 24 maggio scorso che ha portato al potere il colonnello Assimi Goita: solo nove mesi prima c’era stato un altro golpe.
Il Mali è l’Afghanistan della Francia?
Il Mali viene spesso definito “l’Afghanistan della Francia”, ex potenza coloniale che ha investito tempo, soldi e vite umane nella lotta al terrorismo e nella stabilizzazione del Paese, ma senza grandi successi. Parigi vorrebbe ridurre l’impegno, e sta elaborando una strategia di uscita basata sul maggiore coinvolgimento dei membri del G5 Sahel – l’organizzazione che riunisce cinque Governi della regione africana: Niger, Burkina Faso, Ciad e Mauritania e Mali – e dell’Unione europea. È nata così una nuova task force, chiamata Takuba e guidata dai francesi, alla quale partecipano soldati di diversi stati europei (l’Italia ne invierà duecento).
La settimana scorsa il Presidente Emmanuel Macron ha annunciato che la Francia darà presto una nuova configurazione alla propria presenza militare nel Sahel, sia nel numero che nella posizione geografica. Le truppe si sposteranno prima più a sud e verso le coste, e poi saranno dimezzate (da circa 5100 a 2500-3000). Cambierà anche il focus delle operazioni, che punteranno all’eliminazione dei capi dei gruppi jihadisti e all’addestramento degli eserciti dei Paesi del Sahel.
La transizione verso sud esposta da Macron inizierà nella seconda metà del 2021 e si concluderà nei primi mesi del 2022, e la Francia chiuderà le proprie basi nelle regioni del Mali settentrionale di Kidal, Tessalit e Timbuktu. Il Presidente non ha invece specificato una tempistica per il taglio del numero dei soldati.
Guterres ha chiesto al Consiglio di sicurezza di autorizzare l’invio di ulteriori truppe in Mali per contrastare l’espansione dei militanti islamisti