Oltre la metà dei medici registrati in Nigeria lavora all’estero. In Usa, Uk, Sudafrica, Arabia Saudita e Paesi del Golfo, il personale formato è altamente richiesto, e le condizioni disastrose del sistema sanitario nigeriano spingono i giovani laureati ad andarsene
Da sempre, la Nigeria conta tra i Paesi più colpiti dal brain drain, la fuga di cervelli. Sin dall’indipendenza, soprattutto i giovani con un alto livello di istruzione hanno infatti lasciato lo stato per cercare migliori opportunità altrove, facilitati anche dal fatto di parlare una lingua franca come l’inglese. Negli ultimi anni, l’emigrazione di massa ha colpito in maniera particolare il settore medico, sia perché si tratta di un ambito in cui il personale formato è altamente richiesto, sia a causa delle condizioni disastrose del sistema sanitario nigeriano.
Ora, però, in Nigeria la politica ha deciso di affrontare con forza la questione, cercando di cambiare rotta e di rendere estremamente più difficile l’emigrazione per i giovani laureati. É di questi giorni infatti la notizia, riportata da Deutsche Welle e da numerosi giornali locali, per cui il Parlamento di Abuja starebbe valutando di introdurre un divieto per i dottori di lasciare il Paese per cinque anni, dopo aver concluso gli studi universitari.
In realtà, per fare sì che la legge sia efficace il Parlamento avrebbe pensato ad un escamotage: lo stesso titolo di laurea sarebbe posticipato e, invece che al termine degli studi, verrebbe dato soltanto al termine di un periodo di pratica di cinque anni, da effettuare all’interno dei confini nigeriani. In questo modo, il governo obbligherebbe di fatto i medici ad iniziare la propria carriera professionale in Nigeria. E, in mancanza di un diploma da esibire, gli impedirebbe di cercare lavoro altrove.
La proposta di legge interviene in un settore in cui esistono effettivamente delle problematiche. Secondo il Ministero della Salute nel 2019 in Nigeria c’era circa un medico ogni 5000 abitanti, quando la raccomandazione dell’Organizzazione mondiale della sanità sarebbe di averne almeno uno ogni 600, e negli ultimi anni il fenomeno è andato aggravandosi. Significativo è anche il fatto che oltre la metà dei medici registrati in Nigeria lavori all’estero. E che, tra quelli ancora nel Paese, circa sei su dieci affermino di considerare con forza l’opzione di una migrazione verso stati che garantiscono condizioni migliori.
Negli ultimi anni, l’esodo verso Stati Uniti, Regno Unito, Sudafrica, Arabia Saudita e Paesi del Golfo è diventato sempre più istituzionalizzato. Questi Paesi sono arrivati al punto di creare dei veri e propri centri di reclutamento in Nigeria, rendendo quindi minimo lo sforzo che i medici devono sostenere per poter poi emigrare. Oggi, nella capitale Abuja, esistono interi hotel dedicati allo svolgimento di test di medicina o di lingua, per selezionare le risorse migliori, a cui fornire un permesso di lavoro.
La classe politica nigeriana ha quindi descritto la misura come necessaria per motivi di interesse nazionale e ha parlato di un obbligo morale dei medici di rimanere in Nigeria. “Non vedo alcuna ragione per cui un dottore, dopo la laurea in Nigeria, dovrebbe andare in altri Paesi – ha detto il senatore Danjuma Laah – Dovrebbe invece rimanere nello stato a salvare le sue persone, a prescindere dalla situazione”.
Proprio la situazione della sanità nigeriana rappresenta tuttavia il maggior motivo che spinge i medici ad emigrare, sostengono questi, profondamente critici verso la misura del governo. A essere messa sotto accusa è la spesa minima che la Nigeria sostiene per il proprio sistema sanitario: appena il quattro% del PIL, corrispondente a sei dollari per persona. Un importo insufficiente, che si riflette sulla scarsa qualità delle strutture e su basse paghe, per i medici così come per gli altri operatori.
Ma è il principio stesso della proposta di legge che non piace ai medici: andando a limitare la mobilità, questa violerebbe infatti i loro diritti umani. Inoltre, la norma interverrebbe sugli effetti del fenomeno e non sulla radice: per risolvere il problema sarebbe necessario ripensare l’intera sanità nigeriana e migliorarne radicalmente il livello. Obbligando il personale medico a rimanere in Nigeria, infine, la norma creerebbe un ulteriore squilibrio tra i dottori e la classe politica: che, consapevole a propria volta delle carenze del sistema sanitario, continua invece a curarsi all’estero. “Perché? – si chiedono i medici – Non sono anche loro funzionari pubblici?”.