Gli Stati Uniti hanno ritirato alcune sanzioni sul programma nucleare civile dell’Iran imposte dall’amministrazione Trump. La mossa dovrebbe servire a facilitare le trattative sul JCPoA
Venerdì gli Stati Uniti hanno ritirato alcune sanzioni sul programma nucleare civile dell’Iran imposte nel 2020 dall’amministrazione di Donald Trump, che due anni prima aveva abbandonato l’accordo con Teheran (il JCPoA) e attuato una campagna di “massima pressione” contro il Paese che – nelle intenzioni – avrebbe dovuto forzare il regime a firmare un nuovo patto più stringente.
Il contesto, in breve
Al contrario della precedente, l’amministrazione di Joe Biden vorrebbe ritrovare un’intesa con l’Iran e vi ha avviato dei negoziati indiretti, a Vienna. I colloqui – otto giri di trattative, dallo scorso aprile – si sono però rivelati molto difficili. Dal momento del ritiro di Washington dal JCPoA, infatti, Teheran ha iniziato a violarne i termini e arricchito l’uranio a livelli sempre più alti, avvicinandosi alla soglia necessaria per un’arma atomica. Il Paese, peraltro, è oggi guidato da un Presidente ultraconservatore, Ibrahim Raisi, poco disponibile al compromesso con l’America e l’Occidente.
Le esenzioni dell’amministrazione Biden
Le esenzioni concesse venerdì da Washington permettono nuovamente ad aziende ed enti stranieri di lavorare ad alcuni progetti nucleari a scopo civile in Iran. Ad esempio, è prevista la possibilità di partecipare alla trasformazione del reattore nucleare ad acqua pesante Arak in uno ad acqua leggera, o anche alla ristrutturazione del sorvegliatissimo sito sotterraneo di Fordow (dove Teheran effettua l’arricchimento dell’uranio) in un centro di ricerca. Diventa inoltre possibile, per l’Iran, ricevere combustibile per il reattore Bushehr, destinato alla produzione di energia nucleare.
La riconversione di Arak era uno dei punti chiave del JCPoA. Perché un reattore ad acqua pesante – sostenevano gli Stati Uniti al tempo dell’accordo, nel 2015 – avrebbe prodotto quantità di plutonio sufficienti per due-tre bombe atomiche all’anno; al contrario, un impianto ad acqua leggera ne produrrebbe di meno. Alla riprogettazione del sito stavano lavorando il Regno Unito e la Cina.
Le precisazioni americane
Il segretario di Stato Antony Blinken, che ha approvato le esenzioni alle sanzioni, ha detto che “saranno d’aiuto a concludere un accordo sul ritorno reciproco alla piena implementazione del JCPoA, e a porre le basi per il ritorno dell’Iran all’adempimento dei suoi impegni del JCPoA”.
In sostanza, la mossa dovrebbe servire a facilitare le trattative con l’Iran. Gli Stati Uniti, tuttavia, precisano che non si tratta di una “concessione” né di un quid pro quo, cioè di uno scambio con Teheran volto ad ottenere qualcos’altro. Washington ha anche voluto sottolineare che “non [sono] un segnale che stiamo per raggiungere un’intesa” e che sono slegate dall’andamento dei colloqui a Vienna perché rispondono agli obiettivi nazionali per la non-proliferazione delle armi nucleari nel mondo.
Nelle ultime settimane sono emerse voci ottimistiche, all’interno dell’amministrazione americana, riguardo ai negoziati sul nucleare con l’Iran. Ma gli Stati Uniti di Biden non hanno rinunciato a parole dure verso l’interlocutore, volte a mettere pressione. Lo scorso dicembre, per esempio, il generale Frank McKenzie, a capo del Comando centrale (quello che ha competenza sul Medio Oriente e l’Asia centrale), aveva detto che gli americani hanno a disposizione una vasta “gamma di opzioni militari” per disincentivare Teheran dall’ottenere l’arma atomica.
Aggiungendo che, sebbene la via diplomatica fosse quella prioritaria e preferibile per la risoluzione delle dispute, l’Iran stava sottovalutando l’America se pensava di poter continuare a condurre attacchi con missili e droni.
Gli Stati Uniti hanno ritirato alcune sanzioni sul programma nucleare civile dell’Iran imposte dall’amministrazione Trump. La mossa dovrebbe servire a facilitare le trattative sul JCPoA