La notizia dell’Oms mette fine a speculazioni e potenziali accuse. Arriva l’annuncio di Facebook: stop a fake news sul vaccino. Ma c’è dell’altro
Un pangolino! No, un pipistrello! Macché, un virus fuoriuscito per errore da un laboratorio cinese. Ma va, un virus portato dall’America in un laboratorio cinese in maniera che si potesse imputare ai cinesi la colpa della pandemia. Neppure, il virus in realtà è chiaramente italiano, non ricordate quell’influenza del 2019 che nessuno sapeva spiegare? E invece no, se decidiamo di credere ai 12 giorni di lavoro degli ispettori dell’Oms che hanno visitato il Wuhan Institute of Virology per verificare l’ipotesi che il virus fosse uscito da uno dei loro laboratori, il virus è emerso nella regione ma il passaggio dai pipistrelli agli umani, il salto di specie, non è avvenuto in quel centro di ricerca.
Il capo delegazione, il danese Peter Embarek, ha spiegato in conferenza stampa ai giornalisti che queste conclusioni si basano su “lunghe, franche e aperte discussioni con i ricercatori e il management” delle istituzioni locali potenzialmente coinvolte. L’istituto ha fornito “descrizioni dettagliate della ricerca passata e presente che coinvolgono pipistrelli”. Embarek ha sostenuto come sia “molto probabile” che il virus si sia evoluto in natura e si sia diffuso negli esseri umani attraverso un ospite intermedio.
Si tratta di una notizia importante perché mette fine a speculazioni e potenziali accuse – e a contro-teorie e notizie false su cui pure Pechino ha investito in una fase della pandemia. Il tema, eventualmente, è quello della necessità di introdurre regole di igiene di base nei mercati o nel commercio di specie animali.
Facebook e fake news
L’altra notizia in materia di teorie del complotto e coronavirus riguarda Facebook. Con un post sul proprio blog, il social network da tre miliardi di iscritti segnala che da lunedì scorso bloccherà tutte le notizie fuorvianti riguardanti i vaccini e, anzi, promuoverà le campagne di vaccinazione in atto nei singoli Paesi. Si tratta di una notizia importante per varie ragioni. La prima è che la macchina da soldi messa in piedi da Mark Zuckerberg è il principale mondiale di fake news e notizie fuorvianti attorno alla pandemia. Il social network rimuoverà le notizie considerate false relative a tutti i vaccini e non solo a quelli in distribuzione per il Covid-19, ad esempio: il morbillo non è pericoloso, oppure i vaccini aumentano il rischio di autismo, i vaccini sono inefficaci. Facebook regalerà anche 120 milioni di pubblicità gratuita alle autorità sanitarie per consentire loro di diffondere notizie sull’accesso alle vaccinazioni. Lo sforzo c’è ed è simile a quello in materia di diritto al voto messo in atto durante le elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
Naturalmente ci sono dei ma: se è vero che durante le elezioni Usa il traffico di fake e campagne d’odio si è notevolmente ridotto, questo non ha significato la fine della disinformazione virale: un post può raggiungere diverse centinaia di migliaia prima di essere cancellato dagli ispettori del social network. Tra l’altro, non è chiaro se lo sforzo pro vaccini implica l’assunzione di nuovo personale. E il problema è che su Facebook e Instagram le teorie dei No Vax sono molto diffuse. FirstDraft, un network di giornalisti e accademici che lavora per diffondere consapevolezza e migliorare gli standard delle informazioni veicolate dai social network, ha di recente pubblicato un rapporto nel quale analizza le interazioni attorno ai vaccini di 1200 post di fonti non istituzionali o media ufficiali, con un tasso di interazione alto (circa 13 milioni). I ricercatori hanno trovato teorie sulla qualità, efficacia o pericolosità dei vaccini Covid-19, teorie economiche su chi guadagna se ci vacciniamo, teorie del complotto, difese della libertà di non vaccinare. “Instagram e pagine Facebook non verificate sono i luoghi dove queste teorie sono più diffuse. Le due piattaforme rappresentano il 71% delle 13 milioni di interazioni generate dal campione e l’84% delle interazioni generate da contenuti legati a teorie del complotto”.
Un paper pubblicato da Nature segnala la capacità delle pagine No Vax di penetrare in segmenti di opinione pubblica social disinteressata al tema, neutrale nella battaglia tra pro e anti vaccini. Chi si oppone ai vaccini con teorie a-scientifiche è più connesso, più impegnato, più dinamico, riprende teorie e notizie sviluppate altrove, consiglia altre pagine ai membri di un gruppo in forma ben più metodica che non i divulgatori scientifici o le pagine che promuovono le vaccinazioni.
In sintesi, su milioni di pagine le informazioni sbagliate hanno già fatto un danno non indifferente e, come per le elezioni Usa, Facebook sembra agire quando i buoi sono scappati: i dubbi si sono moltiplicati e anche i sondaggi su chi si vuole vaccinare indicano una percentuale alta di sospettosi – la risposta più votata è sempre “mi vaccinerò, ma tra qualche tempo”. La difesa di Zuckerberg è sempre stata quella della protezione della libertà di espressione, un argomento molto scivoloso quando si parla di una pandemia o anche di hate speech o notizie false e pericolose che generano effetti reali. Non si tratta di un fenomeno nuovo ma i social network lo hanno reso diverso per scala e dimensione planetaria. E anche grazie a quel circolare di notizie false e teorie che divengono virali più spesso che le notizie normali e banali che Facebook guadagna. E per questo tende ad aspettare ad agire ogni qual volta un virus informativo si diffonde rapidamente nelle sue pagine.
Quando lo scandalo monta e le accuse fioccano, arriva l’annuncio di Facebook: prendiamo sul serio la questione, ce ne occuperemo.
Un pangolino! No, un pipistrello! Macché, un virus fuoriuscito per errore da un laboratorio cinese. Ma va, un virus portato dall’America in un laboratorio cinese in maniera che si potesse imputare ai cinesi la colpa della pandemia. Neppure, il virus in realtà è chiaramente italiano, non ricordate quell’influenza del 2019 che nessuno sapeva spiegare? E invece no, se decidiamo di credere ai 12 giorni di lavoro degli ispettori dell’Oms che hanno visitato il Wuhan Institute of Virology per verificare l’ipotesi che il virus fosse uscito da uno dei loro laboratori, il virus è emerso nella regione ma il passaggio dai pipistrelli agli umani, il salto di specie, non è avvenuto in quel centro di ricerca.
Il capo delegazione, il danese Peter Embarek, ha spiegato in conferenza stampa ai giornalisti che queste conclusioni si basano su “lunghe, franche e aperte discussioni con i ricercatori e il management” delle istituzioni locali potenzialmente coinvolte. L’istituto ha fornito “descrizioni dettagliate della ricerca passata e presente che coinvolgono pipistrelli”. Embarek ha sostenuto come sia “molto probabile” che il virus si sia evoluto in natura e si sia diffuso negli esseri umani attraverso un ospite intermedio.
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