La legislazione olandese consente di riciclare i proventi del crimine in tranquillità e sicurezza: le mafie di tutto il mondo sono rappresentate sulla piazza finanziaria di Amsterdam
Un missile anti-carro lanciato contro la redazione di un settimanale. Un camion in fiamme scagliato sulla sede di un grande quotidiano. Granate nelle zone portuali. Terra bruciata e catena di morti attorno ai pentiti. Sembra lo stillicidio di attentati tipico di una mafia sanguinaria in una delle tante roccaforti criminali in giro per il mondo, ma si tratta di fatti di cronaca avvenuti tra Amsterdam e Rotterdam solo negli ultimi due o tre anni.
Pochi associano i Paesi Bassi alla presenza mafiosa, e men che meno a una mafia penetrante, sanguinaria, sfuggente – come poteva essere la Cosa Nostra di Totò Riina negli anni ’80. E invece è proprio in uno dei Paesi d’Europa meglio valutati per qualità della vita, libertà personale e trasparenza nel mondo della politica e degli affari, che una temibile associazione a delinquere ha saputo crescere, prosperare e radicarsi, fino a spaventare ai più alti livelli: dalla fine di settembre, anche il Primo Ministro Mark Rutte è sotto un regime di protezione speciale, dopo le minacce di attentato e rapimento che i servizi di sicurezza hanno considerato legate alla mocro-maffia.
È questo il nome dato alla costellazione di bande che nel 2014 cominciarono a far parlare di sé con una guerra intestina – tra la componente belga e quella olandese – che lasciò sul campo oltre cento morti. “Mocro” indica gli immigrati di origine marocchina: oggi ne fanno parte persone di ogni provenienza, ma la “maffia” è stata fondata da un gruppo di olandesi figli di immigrati dal Marocco, e uno di loro ne è ancora e sempre il capo dei capi: Ridouan Taghi, un 43enne cresciuto in un sobborgo di Utrecht e capace di restare fino a soli cinque anni fa del tutto sconosciuto alla polizia.
La foce del Reno offre diversi vantaggi a un’organizzazione criminale. Per cominciare, due tra i porti più grandi del mondo: Rotterdam e Anversa, che secondo Europol sono diventati i primi centri d’ingresso della cocaina in Europa. Le tante industrie chimiche e farmaceutiche della regione sono strutture fenomenali per la lavorazione delle droghe sintetiche; se oggi l’Olanda è il paradiso della produzione di crystal meth e ecstasy, lo deve a una tradizione industriale iniziata negli anni ’80 con le anfetamine. Non le roulotte alla Walter White, ma le case galleggianti sui canali vengono usate come laboratori di meth, con tanto di esperti messicani a insegnare come si fa. L’innovazione tecnologica, fiore all’occhiello dell’agricoltura olandese, che riempie gli scaffali di frutta e verdura dei nostri supermercati, è stata usata anche sulle piante di marijuana, tanto da farne una specie di droga pesante. Le autostrade senza pedaggio sono invece percorsi ideali (non per il costo, ma per l’assenza di controllo all’entrata e all’uscita) per una veloce distribuzione. Infine, la legislazione dei Paesi Bassi, resi ormai una specie di paradiso fiscale dalla deregulation finanziaria, consente di riciclare i proventi del crimine in tutta tranquillità e sicurezza, offrendo anche lautissimi profitti: le mafie di tutto il mondo sono rappresentate sulla piazza finanziaria di Amsterdam.
È così che una street gang dedita a rivendere in Europa l’hashish del Marocco si trasforma in una mafia internazionale con la struttura di una holding finanziaria a scatole cinesi. E si sente così potente da aver abbandonato il classico profilo basso, la regola d’oro delle organizzazioni criminali in Nord Europa: vivi, ma non farti vedere. Oggi usano i diamanti di Anversa per pagare la droga. Taghi è stato sì arrestato a fine 2019 in una villa a Dubai, ma comanda anche dall’ex lager nazista riconvertito in carcere di massima sicurezza in cui è detenuto. E sulle persone che gli danno fastidio pende la condanna a morte, così come su chi si pente: Wie praat, die gaat – Chi parla muore.
Condanna a morte che non si esita ad applicare. Una sera di questa estate il celebre criminologo Peter R. de Vries camminava in una tranquilla stradina di quelle fotografate dai turisti, a pochi passi dal Prinsengracht, il più bel canale di Amsterdam, quando viene colpito da cinque colpi di pistola alla testa. De Vries da poco aveva accettato di fare da consulente a Nabil B., pentito e testimone chiave del processo “Marengo”, il procedimento in corso contro Taghi e altri affiliati. Ma sembra uno di quei processi in cui i giudici hanno più paura degli imputati: due anni fa, anche l’avvocato di Nabil B. era stato ucciso, sotto casa, sempre ad Amsterdam. L’anno prima, il fratello del pentito. Un sicario costa 3000 euro. Trenta tra giudici, avvocati e testimoni sono sotto protezione.
La mocro-maffia è feroce, ma anche globalizzata e tecnicamente avanzata. Non solo perché è già protagonista di una serie tv. Quando è stato smantellato un servizio di messaggeria cifrata usata dai criminali, si sono scoperte 70mila identità digitali fittizie, contatti con le altre mafie del mondo, dall’Italia al Sud America alla Russia. Il sistema investigativo olandese non è ferrato sulle mafie. A settembre, all’Aja, un ignaro turista inglese è stato arrestato nel ristorante di un hotel: la polizia credeva che fosse Matteo Messina Denaro venuto a incontrarsi con la mocro-maffia, benché parlasse con uno spiccato accento di Liverpool e non di Trapani.
La sua struttura di potere è fatta di sezioni separate: armi, produzione della droga, finanza, traffico, eccetera, in modo tale da salvaguardare la tenuta dell’intero complesso se una parte viene scoperta – un modus operandi mutuato dalle associazioni terroristiche. Ma non c’è solo questo a spiegare la crescita della mafia olandese.
La politica e l’opinione pubblica hanno sottovalutato il fenomeno: mancano una legislazione antimafia e un’azione processuale adeguata. E le vittime degli attentati erano indifese. De Vries ad esempio aveva rifiutato la scorta – mentre ora il primo ministro Rutte, famoso per le sue pedalate in solitaria per le strade dell’Aja, l’ha accettata: si è scoperto che qualcuno spiava i suoi movimenti.
Ma i boss continuano a dare ordini dal carcere. I loro patrimoni non vengono toccati. Le strutture d’indagine sono inesperte e sguarnite. I controlli coprono solo il 2% delle merci che entrano nei porti: secondo un pentito della ‘ndrangheta a Rotterdam arrivano almeno 6-8000 kg di cocaina l’anno, poi stivati ad Amsterdam. Con un carico solo si guadagna come in quarant’anni di lavoro di una persona normale, e c’è una parte per tutti: poliziotti, doganieri, portuali. I regolamenti di conti sono sempre più frequenti e sanguinosi: nelle ultime retate sono stati trovati container trasformati in camere di tortura. Ma gli attentati ai media sono forse un segnale ancora più preoccupante. Il missile anti-carro lanciato contro la redazione del settimanale Panorama e il camion in fiamme contro quella del quotidiano De Telegraaf − entrambi si erano occupati della mocro-maffia − sono le fiammate più evidenti di quelle che i giornalisti definiscono minacce “regolari”. Un reporter e un Pm hanno dovuto accettare il programma di protezione massimo e cambiare identità.
Eppure, il fenomeno non riesce davvero a diventare una priorità nazionale, almeno finora, perché la gente comune non vuole credere – come hanno ammesso funzionari del Ministero dell’Interno olandese – di vivere in un “narco-Stato”. Dove è facile reclutare nuovi giovani effettivi, come il dodicenne arrestato con un chilo di cocaina sotto braccio, che accettano la legge dell’omertà. Non può succedere qui, dicono tutti, pensando che un narco stato è un posto dove regna il caos e le strade sono occupate da gente armata di kalashnikov. No: un narco-Stato è dove prolifera l’economia della droga, la corruzione, l’impunità e l’infiltrazione. E i Paesi Bassi rischiano di corrispondere a questo profilo. Le elezioni si sono svolte a marzo, ma il nuovo Governo ancora non c’è; quello uscente ha preso l’impegno, però applicabile solo dal 2022-23, di spendere 400 milioni di euro in più nella lotta alla mafia.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di novembre/dicembre di eastwest.
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Un missile anti-carro lanciato contro la redazione di un settimanale. Un camion in fiamme scagliato sulla sede di un grande quotidiano. Granate nelle zone portuali. Terra bruciata e catena di morti attorno ai pentiti. Sembra lo stillicidio di attentati tipico di una mafia sanguinaria in una delle tante roccaforti criminali in giro per il mondo, ma si tratta di fatti di cronaca avvenuti tra Amsterdam e Rotterdam solo negli ultimi due o tre anni.