Sono giorni ormai che in migliaia scendono in piazza nelle principali città della Cisgiordania per protestare contro la morte del noto attivista politico. Si accusa l’Autorità nazionale palestinese
Resta alta la tensione in tutta la Cisgiordania dopo la morte, avvenuta la settimana scorsa, dell’attivista politico Nizar Banat, per mano delle forze dell’ordine palestinesi durante un arresto a Hebron.
Le proteste contro l’accaduto
Da giorni ormai migliaia di persone stanno scendendo in piazza per manifestare contro l’Autorità nazionale palestinese, ritenuta responsabile della sua morte. In tantissimi hanno marciato nei giorni scorsi per le strade delle principali città della Cisgiordania, a Ramallah, Hebron, Betlemme, per protestare contro quanto accaduto. Tantissimi gli striscioni con la foto di Banat e tanti i cori per chiedere la fine del “regno” di Mahmoud Abbas (Abu Mazen), da 16 anni ininterrottamente al potere senza elezioni. Le forze dell’ordine palestinesi hanno però reagito duramente e in qualche caso, anche in maniera brutale.
Secondo il sindacato dei giornalisti palestinesi, bastoni, barre di metallo, gas lacrimogeni e violenze varie su manifestanti sono state usate per interrompere le manifestazioni e impedire ai giornalisti di documentare gli eventi. Intanto il Partito popolare palestinese di sinistra si è ritirato dall’Autorità palestinese guidata da Fatah a causa della “mancanza di rispetto per le leggi e le libertà pubbliche”, che poi ha comportato anche le dimissioni del Ministro del Lavoro, Nasri Abu Jaish. Banat, 43 anni, era da anni critico verso l’Autorità Palestinese. In particolare aveva accusato Abbas e la sua cerchia ristretta di corruzione e autoritarismo e aveva pianificato di presentarsi come candidato politico alle elezioni palestinesi che avrebbero dovuto tenersi a maggio e che poi invece sono state annullate.
L’arresto e la morte di Nizar Banat
Secondo la sua famiglia, l’attivista è stato duramente picchiato prima di essere trascinato via. Per fare luce sulla vicenda è stata creata una commissione d’inchiesta. Il Ministro della Giustizia dell’Autorità palestinese e capo della commissione d’inchiesta, Mohammed al-Shaalaldeh, ha fatto sapere che Banat è stato sottoposto a violenza fisica e che la sua morte è stata “innaturale”. In un’intervista con la TV ufficiale palestinese, il Ministro ha affermato che il primo rapporto medico sulla morte del 43enne Banat indica che è stato sottoposto a violenza fisica. L’attivista avrebbe perso conoscenza durante il suo trasferimento al centro di sicurezza preventiva dell’Autorità palestinese tanto che sarebbe stato dichiarato già morto all’arrivo in ospedale a Hebron. Secondo il rapporto medico la causa della morte sarebbe stato uno shock neurologico, che ha provocato una insufficienza cardiaca e polmonare. Secondo l’autopsia iniziale, Banat sarebbe stato picchiato alla testa, al petto, al collo, alle gambe e alle mani, e sarebbe passata meno di un’ora tra il suo arresto e la sua morte.
Al-Shalaldeh ha però aggiunto che l’incidente è da considerarsi un caso eccezionale e isolato e non riflette il modo di comportarsi dell’autorità palestinese nei confronti dei suoi critici e oppositori. La Commissione inoltre, secondo al-Shalaldeh, ha svolto il suo lavoro “in modo obiettivo, imparziale e confidenziale” e il suo rapporto è stato ora consegnato al Primo Ministro, Mohammed Shtayeh, che a sua volta lo passerà al capo della magistratura militare al fine di adottare le misure necessarie e indagare sui sospetti. Diversi gruppi che si battono per la tutela dei diritti umani, sia palestinesi che internazionali, hanno tuttavia chiesto che venga aperta anche un’inchiesta indipendente rispetto a quella dell’Autorità nazionale palestinese per fare luce sull’accaduto. “Il defunto Nizar Banat è stato minacciato dall’Autorità palestinese più di una volta e già sottoposto a un tentativo di omicidio a maggio. Era un’icona di libertà di parola, espressione di opinione e lotta alla corruzione. Dopo essere stato martirizzato, è diventato un simbolo per ogni palestinese”, ha detto Muhannad Karajah, l’avvocato della famiglia.
Verso il cambiamento?
L’uccisione di Banat è diventata anche l’occasione per la popolazione palestinese per sollevare una ondata di proteste contro la classe politica locale, considerata da molti corrotta e incapace e che è ora più che mai invisa dopo la cancellazione delle elezioni che rappresentavano per molti uno spiraglio di luce nella via del cambiamento. Anche se nella società civile resta il problema della eventuale alternativa”. Se Abbas si dimette – fa notare Mariam Barghouti, scrittrice e commentatrice di Ramallah – i palestinesi potrebbero avere la possibilità di elezioni rappresentative. La domanda ora è: quali sono le alternative? Sono i capi delle forze di sicurezza che danno ordini per attaccare la società civile palestinese, o i leader che tentano di cooptare l’appello palestinese alla giustizia, alla libertà e al diritto all’autodeterminazione per le proprie agende politiche?”.
Sono giorni ormai che in migliaia scendono in piazza nelle principali città della Cisgiordania per protestare contro la morte del noto attivista politico. Si accusa l’Autorità nazionale palestinese