La visita del Papa in Iraq racchiude un messaggio politico non solo rivolto ai cristiani ma a tutte le minoranze, e ha un peso simbolico che l'entusiasmo della popolazione ha colto
La visita del Papa in Iraq racchiude un messaggio politico non solo rivolto ai cristiani ma a tutte le minoranze, e ha un peso simbolico che l’entusiasmo della popolazione ha colto
Accanto alle immagini di Papa Francesco, fotografie del Generale Qassem Soleimani e del comandante Abu Madhi al-Muhandis scorrevano su uno schermo al plasma, entrambi uccisi da un drone americano il 3 gennaio dell’anno scorso, proprio sulla strada dell’aeroporto. La rilevanza nel Paese di queste due figure non può essere sottovalutata, così come il messaggio politico della visita del Papa non può essere letto solo come rivolto alla comunità cristiana ma a tutte le minoranze, come quella yazida, e al popolo iracheno nel suo complesso.
Dal 2003, con la caduta di Saddam Hussein, l’Iraq ha visto la popolazione cristiana diminuire drasticamente da circa 1.5 milioni a meno di 500mila dopo l’Isis.
L’angelus del Santo Padre in Mesopotamia si spinge ben oltre l’Iraq stesso: a dieci anni dall’inizio delle Primavere Arabe e con le rinnovate proteste che vanno dall’Algeria al Libano all’Iraq, l’attenzione è rivolta alle nuove generazioni che si battono per la creazione di uno Stato basato su principi di inclusione socio-economica lontano da settarismi. In tal senso, il principio dell’enciclica “Fratelli Tutti” ha riaffermato il concetto di “fratellanza” intesa anche come “cittadinanza”, un nodo cruciale che è al centro di questi Paesi dilaniati, se non da guerre, da gravi crisi socio-economiche.
Papa Francesco a Erbil (Kurdistan), stadio Franso Hariri, 7 marzo 2021.
L’incontro di Papa Francesco con il Grande Ayatollah al-Sistani a Najaf, epicentro dello sciismo mondiale, e non a Baghdad, è di per sé significativo. Come spiega l’analista Lorenzo Trombetta, “al-Sistani ha supportato le proteste civili in Iraq dal 2017 e in particolare nel 2019; va visto come una figura di dimensioni pan-islamiche e pan-sciite che al contempo è integrato negli aspetti politici della società irachena”. L’incontro si è concluso con la dichiarazione da parte di al-Sistani della responsabilità delle autorità religiose nel proteggere i cristiani in Iraq e del loro diritto a vivere in pace come il resto del popolo iracheno.
Questo storico incontro, che si è tenuto a porte chiuse, non solo completa un dialogo interreligioso iniziato a febbraio del 2019 – quando il Papa, ad Abu Dhabi, incontrò il Gran Imam sunnita Ahmed el-Tayeb della moschea di Al-Azhar – ma lancia un messaggio di speranza alle future generazioni della regione.
L’impatto di questo pellegrinaggio, oltre a essere accolto in Iraq con grande entusiasmo da quasi tutti, non potrà essere misurato nel breve termine. L’inflazione galoppa, la pandemia avanza, l’economia soffre; nonostante il Paese sia il quarto produttore di greggio al mondo, la popolazione non dispone di energia elettrica e le elezioni parlamentari di ottobre non fanno sperare in un cambiamento positivo.
Tuttavia il peso simbolico del Papa che prega a Mosul accanto alle macerie, nel centro di una piazza di quattro chiese ancora sventrate, indica già che un cambiamento è in atto. La parte della città visitata dal Pontefice, infatti, non ospita più cristiani ma principalmente musulmani sunniti. Rivolgersi a loro insieme alle minoranze cristiane e yazide è di estrema importanza.
Lo si è visto in termini concreti il primo marzo – pochi giorni prima della visita del Santo Padre -, quando il Parlamento iracheno (dopo uno stallo di due anni) ha approvato una legge per fornire assistenza e compenso che “assicuri una vita dignitosa” alle etnie yazide, turkmene, cristiane e shabak vittime dell’Isis.
Nel suo Angelus di ieri da Piazza San Pietro, Papa Francesco si è rivolto alla comunità internazionale affinché aiuti con decisione a mettere fine al conflitto in Siria. Le crisi di questa martoriata regione sono lontane dall’essere finite, ma questo viaggio da “pellegrino penitente”, come si è definito il Santo Padre, aiuterà a segnare un nuovo corso.
Accanto alle immagini di Papa Francesco, fotografie del Generale Qassem Soleimani e del comandante Abu Madhi al-Muhandis scorrevano su uno schermo al plasma, entrambi uccisi da un drone americano il 3 gennaio dell’anno scorso, proprio sulla strada dell’aeroporto. La rilevanza nel Paese di queste due figure non può essere sottovalutata, così come il messaggio politico della visita del Papa non può essere letto solo come rivolto alla comunità cristiana ma a tutte le minoranze, come quella yazida, e al popolo iracheno nel suo complesso.
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