Varsavia ha assunto una posizione di netta condanna contro la Russia, diversamente da Budapest che ha persino sottoscritto un nuovo accordo con Gazprom. Intanto arriva l’allarme dell’Ue: serve strategia per l’acquisto di armi
Polonia e Ungheria, i due Stati paria dell’Unione europea con pesanti procedure d’infrazione che gravano sulle loro possibilità di accesso ai fondi Ue, riprendono il cammino del dialogo dopo mesi di tensioni sull’invasione della Russia in Ucraina. Ad annunciarlo il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki, che ha parlato di impegno per ricercare “una formula capace di individuare le discrepanze esistenti, rispettare le sensibilità degli amici ucraini e riprendere attività comuni con l’Ungheria nelle aree dove vengono condivisi maggiormente valori e interessi”.
Una proposta certamente estemporanea, quella raccontata dal Pm polacco, per una politica di riavvicinamento verso un amico come Viktor Orbán, storicamente sodale nelle battaglie contro la Commissione europea e allineato nelle posizioni critiche sull’operato di Bruxelles. Ma il tentativo di Morawiecki è da leggere proprio nel contesto del blocco ai fondi europei, finalizzato a cercare un alleato che possa far pressioni su Ursula von der Leyen per sbloccare le ingenti risorse.
Solo una settimana fa è stata avviata un’azione legale contro il Consiglio dell’Unione europea proprio sul tema dei fondi Ue alla Polonia. Protagoniste della vicenda giudiziaria sono proprio numerose associazioni di giudici del Vecchio Continente — Association of European Administrative Judges, European Association of Judges, Rechters voor Rechters (Judjes for Judjes) e Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés. Le organizzazioni dei togati lamentano il via libera del Consiglio al Recovery Plan della Polonia, pari a 35 miliardi di euro, che non si sarebbe dovuto approvare per via delle misure in ambito giudiziario adottate dal Governo Morawiecki, in particolar modo quelle legate al bavaglio contro i giudici.
Per ricevere i fondi, ancora congelati, Varsavia si è accordata con l’Ue sulla riforme del procedimento disciplinare, che dovrà essere sostituito da un nuovo organo che, a sua volta, dovrà rivedere tutti i casi già presi in considerazione. Eppure, Varsavia ha già subito una multa giornaliera pari a 1 milioni di euro per non aver ancora smantellato il meccanismo disciplinare contro i giudici, come chiesto dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Una situazione complicata, ancor più intricata se si considerano i passi fatti dall’Ungheria nei confronti di Gazprom. Budapest ha sottoscritto un accordo per la ricezione di 5.8 milioni di metri cubi quotidiani in più dalla Russia. L’ammontare arriverà a settembre e ottobre, permettendo al Paese di raggiungere lo stoccaggio necessario per il prossimo inverno. Nonostante la posizione dura di Varsavia contro Mosca, in questa nuova fase non sembra essere così importante per la Polonia l’ennesimo capitolo di aperture ungheresi verso la Federazione, tanto da, addirittura, promuovere la possibilità di un rinnovato rapporto tra i Governi Morawiecki e Orbán.
Intanto, arriva l’allarme della Commissione sugli armamenti a disposizione dell’Ue: starebbero, infatti, scendendo pericolosamente al ribasso, in particolar modo per averne spedito ingenti quantità in Ucraina nel corso degli ultimi mesi. “Non abbiamo esaurito le nostre risorse ma le abbiamo consumate in quantità notevoli”, ha sottolineato l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Ue Josep Borrell. “Bisogna comprarne altre, tutti insieme, cosicché possa essere conveniente da un punto di vista economico”, ha aggiunto l’esponente della Commissione.
Una proposta certamente estemporanea, quella raccontata dal Pm polacco, per una politica di riavvicinamento verso un amico come Viktor Orbán, storicamente sodale nelle battaglie contro la Commissione europea e allineato nelle posizioni critiche sull’operato di Bruxelles. Ma il tentativo di Morawiecki è da leggere proprio nel contesto del blocco ai fondi europei, finalizzato a cercare un alleato che possa far pressioni su Ursula von der Leyen per sbloccare le ingenti risorse.