Il leader conservatore giustifica la sua posizione spiegando che non si dovrebbero isolare le nazioni con standard diversi da quelli europei. Resta lontana la riapertura del dossier sul trattato di libero scambio Ue-Cina
Per il Primo Ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte la questione del trattamento della minoranza musulmana degli uiguri in Cina, nella regione autonoma dello Xinjiang, non è tanto grave da dover fermare le relazioni con Pechino. Le sue dichiarazioni arrivano direttamente da Bruxelles, successivamente al summit Ue di sabato scorso. Aprendo un potenziale caso all’interno della famiglia europea, che proprio sul tema dei diritti umani negati agli uiguri ha fondato lo stop al Cai, il Comprensive Agreement on Investment che avrebbe segnato l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Cina.
Secondo Rutte, tagliare i rapporti con Pechino “non aiuterebbe nessuno a Hong Kong, né gli uiguri”, aggiungendo che “questa è solo una delle ragioni per le quali sono convinto che l’Ue debba essere una potenza più geopolitica. Dobbiamo sviluppare le nostre politiche verso la Cina, insieme agli Stati Uniti”, ha proseguito. Il Pm olandese sostiene di aver parlato della condizione degli uiguri anche con il suo omologo cinese Li Keqiang nel corso dell’ultima occasione utile, sostenendo inoltre che “non si possono chiudere relazioni con Stati che non hanno i nostri stessi standard”.
Rutte non è nuovo a posizioni simili: quando a febbraio 2021 il Parlamento del suo Paese approvò una mozione non vincolante che dichiarava genocidio quanto sta avvenendo alla minoranza musulmana dello Xinjiang, il suo partito, Vvd, votò contro la risoluzione. Nel testo si parlava di “misure intente a prevenire le nascite degli uiguri” e di “punizioni nei campi”, con il Governo cinese responsabile. Il Ministro degli Esteri Stef Blok affermò che l’esecutivo olandese non intendeva utilizzare la parola genocidio dato che per le Nazioni Unite la situazione non è chiara e non esistono corti internazionali intente a indagare su eventuali crimini.
Eppure, proprio per l’Unione europea quello che sta avvenendo nella regione autonoma è abbastanza da fermare l’accordo Cai, dato che è in corso una violazione dei diritti umani. A marzo 2021, infatti, Bruxelles congelò l’accordo sugli investimenti sfruttando il Regime Sanzionatorio Globale sui Diritti Umani approvato a fine 2020, ribattezzato Magnitsky Act europeo. Col blocco all’agreement, l’Ue sanzionò quattro funzionari governativi, con ruoli attivi nella Regione Autonoma dello Xinjiang, direttamente responsabili — secondo Bruxelles — dei programmi di indottrinamento e di sorveglianza in larga scala degli uiguri, della violazione delle loro libertà di religione, del mantenimento della sicurezza e rafforzamento delle misure contro la minoranza musulmana, dell’invio dei cittadini appartenenti all’etnia nei campi di detenzione.
Il Regime Sanzionatorio Globale sui Diritti Umani permette all’Unione europea di prendere di mira entità e individui responsabili di atti gravissimi quali genocidi, atti contro l’umanità, tortura, schiavitù, omicidi extragiudiziali, violenza sessuale o basata sul genere, sparizione forzata, arresti e detenzione arbitraria, traffico di esseri umani. Forse Rutte ha dimenticato quanto deciso in sede europea in nome degli interessi dello Stato da lui guidato: i Paesi Bassi sono stati, nel 2021, il maggior importatore di beni dalla Cina.
Secondo Rutte, tagliare i rapporti con Pechino “non aiuterebbe nessuno a Hong Kong, né gli uiguri”, aggiungendo che “questa è solo una delle ragioni per le quali sono convinto che l’Ue debba essere una potenza più geopolitica. Dobbiamo sviluppare le nostre politiche verso la Cina, insieme agli Stati Uniti”, ha proseguito. Il Pm olandese sostiene di aver parlato della condizione degli uiguri anche con il suo omologo cinese Li Keqiang nel corso dell’ultima occasione utile, sostenendo inoltre che “non si possono chiudere relazioni con Stati che non hanno i nostri stessi standard”.