Il piano prevede 146 milioni di dollari al Ruanda per accogliere i richiedenti asilo sbarcati nel Regno Unito. UNHCR lo definisce una “messa al bando del diritto d’asilo politico”
Questo weekend – 18 e 19 Marzo – Suella Braverman, il Ministro degli Interni britannico, sarà in Ruanda per discutere la Migration and Economic Development Partnership, un accordo da 146 milioni di dollari, tra gli UK e Ruanda, per ricollocare i richiedenti asilo arrivati irregolarmente nel Regno Unito. Durante il viaggio, Braverman incontrerà il presidente ruandese Paul Kagame. Ha dichiarato che la visita ha l’obiettivo di “rafforzare l’impegno del governo nella partnership come parte del nostro piano per fermare i barconi e discutere i piani per rendere operativo il nostro accordo a breve”.
Il controverso accordo risale ad aprile 2022 ed è stato subito oggetto di diverse critiche e ricorsi legali, tra cui quello della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, impedendo che diventasse operativo. Nel dicembre 2022, l’Alta Corte britannica ha stabilito la legalità del piano, affermando che esso non violerebbe la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati. Tuttavia, il 16 gennaio 2023, l’Alta Corte ha deciso che alcune parti dei gruppi usciti sconfitti dalla causa hanno il diritto di appellarsi contro determinate sezioni della decisione. A livello pratico, ciò significa che i voli previsti per la ricollocazione non potranno decollare verso il Ruanda finché il caso non sarà risolto. Per intanto, non è stata fissata nessuna data.
L’accordo UK-Ruanda è una componente fondamentale della proposta di legge del Governo britannico – nota come “Illegal Migration Bill” – per trattenere e poi deportare i richiedenti asilo che raggiungono il Regno Unito attraversando il canale della Manica su piccole e precarie imbarcazioni. Il piano è stato etichettato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati come una “messa al bando del diritto d’asilo politico”, mentre i partiti dell’opposizione e le NGO negli UK lo hanno definito come immorale e inattuabile, evidenziando come esso avrebbe il risultato di criminalizzare gli sforzi di migliaia di rifugiati in linea con i requisiti per ottenere l’asilo politico.
Gli UK e l’immigrazione
Il pugno duro del Governo di Rishi Sunak sull’immigrazione è lo specchio dell’approccio generale del Partito Conservatore inglese al tema. A sua volta, quest’ultimo è coerente con la visione securitaria dell’immigrazione che si è diffusa, ed è stata alimentata, in tanti Paesi europei a partire dalla crisi migratoria del 2015. Nel caso specifico del Regno Unito, quell’anno si stima arrivarono nel Paese circa 630.000 persone, un record per l’epoca; di queste, 32.000 fecero richiesta di asilo politico e 11.000 furono accolte. Le crescenti tensioni geopolitiche mondiali che hanno caratterizzato il periodo post Covid – come l’invasione russa dell’Ucraina o la ripresa del potere in Afghanistan dei Talebani – e le loro conseguenze economiche hanno avuto un effetto propulsore sui flussi migratori internazionali. Ai Paesi direttamente interessati da crisi politiche, si sono aggiunti altri Paesi in via di sviluppo – come quelli africani – colpiti duramente dalla spirale inflazionistica scaturita dalla guerra in Ucraina. Di conseguenza, nel 2022 sono state presentate nel Regno Unito 74.751 richieste di asilo, il numero più alto degli ultimi due decenni. Di queste, poco meno della metà (45%) sono state presentate da persone arrivate attraversando lo stretto della Manica su piccole imbarcazioni.
Le perplessità sul ricollocamento in Ruanda
Il Ruanda è un piccolo Paese senza sbocchi sul mare di 26.338 kmq e 13,5 milioni di abitanti; la sua scelta come destinazione dei ricollocamenti, ha una sua logica. Ma è anche controversa. Il Paese ha un lungo passato di accoglienza e ha, dunque, sviluppato una certa esperienza a riguardo. Secondo i dati di agosto 2022, ospita circa 127.326 rifugiati e richiedenti asilo, di cui la maggior parte proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo e Burundi. Sono divisi tra 5 campi, di cui il più grande è quello di Mahama, che ospita più di 57.000 persone. La condizione dei rifugiati in Ruanda è ambivalente: non sono né perseguitati né criminalizzati ma, allo stesso tempo, hanno poche prospettive di miglioramento della propria vita e si scontrano con la realtà di un Paese in cui i diritti umani, spesso, sono prevaricati.
L’accoglienza e la protezione dei rifugiati nel Paese sono definite da una legge approvata nel 2014. In essa ci sono alcune delle politiche più avanzate al mondo per sostenere l’autonomia dei rifugiati, come la libertà di movimento e il diritto al lavoro. Il principio di “non respingimento” è sancito dalla legge ed è, generalmente, rispettato. Tuttavia, la legge tace sulla possibilità che il Ruanda ospiti richiedenti asilo “esternalizzati” da altri Paesi.
Secondo il rapporto del 2022 di Human Rights Watch, il Ruanda non garantisce un buon livello di tutela dei diritti umani: il Fronte Patriottico Ruandese (RPF) al potere ha continuato a soffocare le voci dissenzienti e critiche, prendendo di mira coloro che sono percepiti come una minaccia per il governo, compresi i loro familiari. Nel Paese non c’è spazio per l’opposizione politica, per le libertà civili e dei media. Ci sono stati diversi casi in cui critici di alto profilo – tra cui membri dell’opposizione e commentatori che utilizzano i social media per esprimersi – sono scomparsi, sono stati arrestati o minacciati. Il Ruanda è anche accusato di prendere di mira i rifugiati ruandesi all’estero. Sempre Human Rights Watch ha documentato diverse storie di richiedenti asilo ruandesi fatti sparire con la forza e riportati in Ruanda, oppure direttamente uccisi.
Altri fattori che rendono controversa la scelta del Ruanda come meta per ricollocare i richiedenti asilo negli UK riguarda la mancanza di prospettive economiche e professionali per i rifugiati nel Paese, dove l’alto tasso di disoccupazione rende difficile raggiungere l’autosufficienza. Ad oggi, la capacità ruandese di assorbire la popolazione rifugiata attraverso l’integrazione e la naturalizzazione si è dimostrata molto limitata. Inoltre, l’assenza di documentazione e la mancanza di chiarezza sulla condizione, che spesso si associa ai richiedenti asilo, hanno ridotto la loro possibilità di accedere a lavori e servizi. Per quanto non vi siano discriminazioni sistematiche nei confronti dei rifugiati, vi sono alcune situazioni, come quelle legate all’orientamento sessuale o all’identità di genere, che possono portare alla persecuzione, seppur non istituzionalizzata.
Suella Braverman ha difeso con forza l’approccio duro del suo governo contro l’immigrazione irregolare e ha descritto chi si oppone come degli “ingenui buonisti”. Il governo di Rishi Sunak insiste sul fatto che questa politica sia necessaria per fermare gli attraversamenti, troppo spesso mortali, della Manica, affermando che l’accordo colpirà le fondamenta del business model delle reti di trafficanti di esseri umani. Se questo basterà a fermare le partenze è molto dubbio; fino a questo momento, non si è mai riscontrata una correlazione concreta tra politiche più dure contro le migrazioni irregolari e calo delle partenze. Le motivazioni che spingono le persone a partire sono molteplici e, dunque, è difficile che agendo solo sulla deterrenza ci possano essere dei reali risultati. La ricollocazione dei richiedenti asilo in un altro Paese, piuttosto che risolvere il problema, lo sposta lontano dagli occhi.