Con l’annuncio di Meta, Facebook intende proteggersi contro le cause miliardarie: il problema non è la nostra privacy, ma le regole che non ci sono
Fino a che punto è lecito che le istituzioni utilizzino delle telecamere che riconoscano le persone e le collochino in luoghi sensibili dei centri abitati? Quali rischi per un loro uso a scopi di repressione e controllo? E quali rischi aggiuntivi esistono se la mappa di pixel della nostra faccia diviene lo strumento attraverso il quale ci relazioniamo con soggetti privati, paghiamo i nostri conti, interagiamo sui social network?
Si tratta di domande enormi e persino Facebook, anzi Meta, come il gruppo ha scelto di rinominarsi da qualche giorno, riconosce che l’uso del riconoscimento facciale come strumento per interagire può essere un problema. In questo caso per la privacy.
È dunque di ieri l’annuncio secondo il quale nelle prossime settimane Meta chiuderà il sistema Face Recognition su Facebook. “Continuiamo a ritenere la tecnologia del riconoscimento facciale uno strumento”, ma ci sono anche “crescenti preoccupazioni sul suo uso” e le autorità, si legge in una nota pubblicata dalla società, non hanno ancora prodotto una regolamentazione chiara. Per questo “riteniamo sia giusto limitare l’uso del riconoscimento facciale”. Meta ha annunciato che smetterà di usare lo strumento e che le “impronte facciali” di un miliardo circa di persone verranno distrutte; non verranno però eliminati i tag alle foto di persone individuate da altri attraverso il riconoscimento facciale.
Il riconoscimento facciale
Ma che cosa era il riconoscimento facciale su Facebook? Un primo dato importante è che si trattava di una applicazione del social network cui occorreva fornire il consenso. A dirla tutta, una versione che il consenso non lo chiedeva affatto è stata bloccata dall’Illinois e il gruppo di Zuckerberg ha dovuto pagare 650 milioni di multa per averla usata. La cosa sorprendente è che un miliardo di persone, poco meno di un terzo degli utenti, abbia scelto di consentire al network di usare la propria foto per essere riconosciuto dall’algoritmo. Ma se guardiamo i dati sul numero di utenti Facebook per Paese ci rendiamo conto che probabilmente l’app è stata autorizzata soprattutto in luoghi dove la privacy non è un tema di discussione.
L’app creava una “impronta digitale” che veniva usata per riconoscere le foto nelle quali si compariva e per suggerire alla persona di taggarsi (ovvero segnalare la propria presenza, dire “qui ci sono anche io”) in quelle foto. L’altro uso era quello di impedire a qualcuno di usare l’identità di altri: se oltre ai dati relativi alla persona c’è anche la faccia, è impossibile farsi passare per Claudio Rossi, se non si è quel Claudio Rossi.
Una questione di privacy
Torniamo al fenomeno più generale: perché il riconoscimento facciale è spaventoso? Facciamolo dire a qualche esperto. Adam Schwarz, avvocato che per la Electronic Frontier Foundation, scrive: “La tecnologia di riconoscimento facciale è una minaccia speciale per la privacy, la giustizia razziale, la libera espressione e la sicurezza delle informazioni. I nostri volti sono unici, e la maggior parte di noi li espone ovunque andiamo. E a differenza delle nostre password e numeri di identificazione, non possiamo ottenerne uno nuovo. Così, i Governi e le aziende, spesso collaborando, usano in maniera crescente i nostri volti per tracciare i nostri spostamenti, le nostre attività e le nostre relazioni”. Schwarz fa un lungo elenco dei rischi connessi a ciascuna delle problematiche che individua (privacy, libertà di informazione, discriminazione, ecc.) portando esempi concreti di un uso non appropriato sia da parte delle istituzioni che da parte di privati.
Nel 2019 il professor Luke Stark, che insegna Media e Storia della tecnologia all’Università del West Ontario ed ex dipendente di Microsoft, ha paragonato il riconoscimento facciale al plutonio: “È pericoloso, razzista e ha pochi usi legittimi. Il riconoscimento facciale ha bisogno di regolamentazione e controllo al pari delle scorie nucleari”.
Eppure di regole ce ne sono poche. Solo il Belgio e il Lussemburgo hanno bandito lo strumento, mentre altrove il riconoscimento facciale viene usato in maniera crescente negli aeroporti o dalla polizia e nei Paesi meno democratici il riconoscimento facciale viene usato in maniera diffusa. Un’analisi di Comparitech sui 100 Paesi più popolati del pianeta segnala come i Paesi dove lo strumento viene più usato siano Cina, Russia, Emirati Arabi Uniti, India, Giappone e Cile. Il 20% dei Paesi analizzati da Comparitech usa il riconoscimento anche nelle scuole (non tutte, ma fa spavento lo stesso).
Manca una regolamentazione
La questione è l’ennesima di quelle poste dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale con le quali i regolatori devono avere a che fare. E naturalmente oltre che dotarsi di regole per l’uso istituzionale devono stabilire rigidi paletti anche per quanto riguarda i privati.
Torniamo a Facebook. Meta non ha annunciato che smetterà di usare il proprio software di riconoscimento facciale, ma solo che smetterà di archiviare facce e comparare le “impronte digitali” archiviate con le foto presenti sul social network. Come ha scritto Kris Shrishak dell’Irish Council for Civil Liberties, continuerà invece ad avere accesso alle immagini, a detenere algoritmi in grado di generare modelli e per compararli con le foto. “L’annuncio di Facebook indica che stanno mettendo in pausa (non chiudendo definitivamente) l’uso del sistema per poterlo riavviare”. Facendo un parallelo azzardato ancora con il plutonio o l’uranio: è come se la Corea del Nord rinunciasse a costruire un missile nucleare ma tenesse il materiale radioattivo necessario, la tecnologia e il vettore in un magazzino.
Del resto, lo dice lo stesso comunicato di Facebook, il problema sono le regole che non esistono. Insomma il network non è preoccupato per la nostra privacy ma semplicemente teme di trovarsi in difficoltà se e quando queste regole vedranno la luce. E in queste settimane, con le rivelazioni contenute nelle migliaia di pagine che Frances Haugen ha consegnato al Congresso, a Meta non vogliono nuovi problemi. Cancellare l’opzione riconoscimento facciale è una specie di polizza assicurativa contro le cause miliardarie. Quando e se le regole ci saranno, aspettiamoci una mail che ci propone di rendere più facile e felice la nostra vita online acconsentendo con un click a regalare la nostra faccia al social network.
Fino a che punto è lecito che le istituzioni utilizzino delle telecamere che riconoscano le persone e le collochino in luoghi sensibili dei centri abitati? Quali rischi per un loro uso a scopi di repressione e controllo? E quali rischi aggiuntivi esistono se la mappa di pixel della nostra faccia diviene lo strumento attraverso il quale ci relazioniamo con soggetti privati, paghiamo i nostri conti, interagiamo sui social network?