Un attacco di una milizia filo-iraniana uccide due soldati americani; gli Stati Uniti rispondono con dei raid. La crisi tra Iran e America riprende a sfogarsi in Iraq
Un attacco di una milizia filo-iraniana uccide due soldati americani; gli Stati Uniti rispondono con dei raid. La crisi tra Iran e America riprende a sfogarsi in Iraq
Giovedì notte gli Stati Uniti hanno condotto una serie di raid aerei in Iraq, andando a colpire cinque depositi di armi della milizia sciita Kataib Hezbollah. Si è trattato di una rappresaglia per l’attacco missilistico avvenuto il giorno prima contro la base di Taji, a nord della capitale Baghdad, che ospita una coalizione internazionale: sono morti due soldati americani e uno britannico.
L’attacco a Camp Taji è avvenuto nel giorno del compleanno di Qassem Soleimani, il potente generale iraniano assassinato dagli Stati Uniti lo scorso 3 gennaio. Secondo gli Stati Uniti, il gesto è stato compiuto dal gruppo iracheno Kataib Hezbollah, sostenuto dall’Iran, che però non lo ha rivendicato. Il comandante della brigata, Abu Mahdi al Muhandis, era peraltro stato ucciso nello stesso attacco contro Soleimani.
Si sarebbe trattato, quindi, di una nuova vendetta per la morte del generale. Come forma di ritorsione, già l’8 gennaio scorso l’Iran – e non una milizia estera legata al regime, un proxy – aveva lanciato dei missili balistici contro due basi militari in Iraq che ospitavano dei soldati statunitensi, causando delle commozioni cerebrali a un centinaio di loro. Teheran aveva amplificato l’episodio, parlando di 80 americani uccisi; Washington al contrario l’aveva inizialmente minimizzato, sostenendo che non vi fossero affatto feriti.
La tensione tra Stati Uniti e Iran, scemata nelle ultime settimane dopo i picchi raggiunti in precedenza, potrebbe adesso tornare a salire. Il fatto però che l’attacco di mercoledì non sia stato compiuto direttamente da Teheran, bensì da un gruppo paramilitare iracheno, dovrebbe limitare il rischio di un conflitto diretto. La risposta americana – nonostante la morte di due connazionali – è sembrata infatti contenuta, sia nelle modalità che negli obiettivi.
Da sottolineare come lo scontro tra Washington e Teheran si stia sfogando soprattutto in territorio iracheno: è in Iraq che si sono verificati gli attacchi di Kataib Hezbollah contro le forze americane (già da dicembre); è in Iraq che è stato ucciso Soleimani; è in Iraq che si trovano le basi colpite dalla rappresaglia iraniana.
L’Iran esercita un’influenza molto forte sul Governo iracheno, che da mesi è però travolto da grandi proteste. I manifestanti chiedono la fine di tutte le ingerenze straniere, sia di quella americana che – soprattutto – di quella iraniana.
Giovedì notte gli Stati Uniti hanno condotto una serie di raid aerei in Iraq, andando a colpire cinque depositi di armi della milizia sciita Kataib Hezbollah. Si è trattato di una rappresaglia per l’attacco missilistico avvenuto il giorno prima contro la base di Taji, a nord della capitale Baghdad, che ospita una coalizione internazionale: sono morti due soldati americani e uno britannico.
L’attacco a Camp Taji è avvenuto nel giorno del compleanno di Qassem Soleimani, il potente generale iraniano assassinato dagli Stati Uniti lo scorso 3 gennaio. Secondo gli Stati Uniti, il gesto è stato compiuto dal gruppo iracheno Kataib Hezbollah, sostenuto dall’Iran, che però non lo ha rivendicato. Il comandante della brigata, Abu Mahdi al Muhandis, era peraltro stato ucciso nello stesso attacco contro Soleimani.
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