L’invasione della Russia stravolge i rapporti di forza e mette in luce fragilità, contraddizioni e limiti di nazioni e organizzazioni multilaterali che si sono dimostrate incapaci di disinnescare questo conflitto annunciato
Proseguono timidamente i negoziati tra Russia e Ucraina, ad oggi ancora lontani dalla fine delle ostilità. L’invasione della Federazione ha stravolto completamente lo status quo, con i principali attori internazionali incapaci nel dare risposte alla crisi più profonda dalla fine della Seconda guerra mondiale. Dagli Stati Uniti alla Cina, dall’Unione europea alla Nato, passando per le Nazioni Unite, il progetto militare di Vladimir Putin — seppur annunciato dalla Cia — ha colto alla sprovvista i decisori politici, che hanno dovuto fare i conti, ciascuno, con specifiche esigenze, ma anche fragilità, contraddizioni e limiti pratici.
Giunti alla terza settimana di guerra, l’azione di isolamento verso la Russia attuato dalle nazioni occidentali ha certamente colpito nel cuore l’economia di Mosca, ma non solo. Con l’Unione europea alla disperata ricerca di fonti combustibili che rimpiazzeranno quelle in arrivo dalla Federazione, i costi per la spesa energetica sono cresciuti repentinamente e, visto che per Bruxelles sarà necessario rivolgersi ad altri fornitori, continueranno a rimanere ad alti livelli per un tempo indefinito. Le difficoltà, in questo ambito, sono molteplici, dovendo entrare in corsa in un mercato spesso già condizionato da precedenti accordi commerciali tra produttori, come nel caso del Qatar, con altre realtà mondiali.
Alla crisi energetica, già iniziata da tempo e acuitasi con l’avvio delle ostilità in Ucraina, un ragionamento sulla difesa comune europea diventa sempre più impellente per i 27 Stati membri, che dovranno affrontare una lunga stagione di riforme e di eventuale modifica dei trattati. Con la Danimarca che si appresta a organizzare un referendum per l’avvicinamento di Copenhagen alle politiche di difesa dell’Ue, nel corso di queste ultime tre settimane di conflitto sono stati superati una serie di tabù in ambito militare, che variano ampiamente dall’aumento della spesa per la difesa, all’invio di armi a Kiev, temi a lungo oggetto di dibattito nell’opinione pubblica di numerosi Paesi. Ma l’assenza di una struttura organizzativa di difesa collettiva in seno all’Ue obbliga il Vecchio Continente a fare, ancora, affidamento sulla Nato a guida Stati Uniti.
Washington ha posto come limite il confronto diretto con Mosca, che implicherebbe il rischio di un conflitto tra superpotenze nucleari. Allo stesso tempo, Gli Usa hanno dibattuto con alcuni Alleati, in primis la Polonia, sulla necessità di frenare l’impegno della Nato su territorio ucraino, dopo la proposta di Varsavia di invio di Mig-29 a sostegno della resistenza a Kiev. I toni utilizzati lasciano intendere una discussione tra i membri del Patto atlantico, con le esigenze dei Paesi europei che diventano sempre più diverse rispetto a quelle statunitensi.
Infatti, le ultime due amministrazioni alla Casa Bianca hanno spostato il proprio interesse dall’Europa, dal Vicino e Medio Oriente verso l’Asia Pacifico, ancor di più all’indomani del ritiro statunitense dall’Afghanistan. La Cina, obiettivo del confronto, si ritrova a sua volta a una svolta diplomatica ed economica senza precedenti, rischiando di dover pagare le conseguenze delle sanzioni sulla Russia se non chiarirà la propria posizione. Nella giornata di ieri si è svolto a Roma un faccia a faccia tra il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan e Yang Jiech, membro di alto profilo del Partito comunista cinese, incontro che aiuta a mantenere il dialogo aperto tra le due nazioni e a capire quali saranno le mosse future sia di Washington che di Pechino.
La Cina ha più volte parlato di salvaguardia della sovranità territoriale ucraina, allo stesso tempo criticando l’atteggiamento Usa e Nato verso la Russia. Una formula per prendere tempo e valutare le conseguenze delle sue scelte: la Cina non può fare a meno dei mercati internazionali e, in egual misura, non può voltare le spalle a Mosca, diventata sempre più partner strategico. D’altro canto, Pechino non può essere investita totalmente di un ruolo di mediazione tra Russia e Ucraina, ma insieme agli Usa può avviare un confronto a cinque, anche con l’Unione europea, per trovare una soluzione che non scontenti nessuno.
In questo quadro, il ruolo delle organizzazioni multilaterali ne esce, ancora una volta, ampiamente ridimensionato. Senza reali poteri, le Nazioni Unite rimangono una perenne incompleta nel quadro internazionale e così rimarranno finché una riforma della governance Onu non verrà finalmente approvata. L’ostruzionismo dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza diventa un ostacolo alla crescita della dimensione operativa delle Nazioni Unite, lontanissima dai tempi nei quali il peacekeeping veniva sfruttato in molteplici circostanze, anche a causa della debolezza russa nei decenni successivi alla fine dell’Unione sovietica.
La guerra è davvero una sconfitta per tutti, con l’invasione della Russia in Ucraina goccia che rischia di far traboccare un vaso già colmo di tensioni e violenze a livello globale, in numerosi fronti. Ritrovare un nuovo status quo nelle relazioni internazionali richiederà molto tempo, un tempo non a disposizione delle popolazioni civili che nelle faglie tra le placche tettoniche degli attori globali perdono dignità e il senso di una vita normale. Ma l’incancrenirsi della situazione sul campo in Ucraina non aiuta a trovare una soluzione ben definita, con scenari allarmanti che vanno dall’afghanistanizzazione del Paese a una nuova cortina di ferro, da un irreale ritorno alla neutralità di Kiev all’insediamento di un Governo fantoccio filo-russo. Per ultimo, da scongiurare, il conflitto mondiale. A prescindere dagli sviluppi, nessuno, per lungo tempo, potrà sentirsi al sicuro.
Giunti alla terza settimana di guerra, l’azione di isolamento verso la Russia attuato dalle nazioni occidentali ha certamente colpito nel cuore l’economia di Mosca, ma non solo. Con l’Unione europea alla disperata ricerca di fonti combustibili che rimpiazzeranno quelle in arrivo dalla Federazione, i costi per la spesa energetica sono cresciuti repentinamente e, visto che per Bruxelles sarà necessario rivolgersi ad altri fornitori, continueranno a rimanere ad alti livelli per un tempo indefinito. Le difficoltà, in questo ambito, sono molteplici, dovendo entrare in corsa in un mercato spesso già condizionato da precedenti accordi commerciali tra produttori, come nel caso del Qatar, con altre realtà mondiali.