Il quarto pacchetto di sanzioni dell’Ue aggraverà ulteriormente la posizione di Mosca. Si parla di un allontanamento da Fondo monetario internazionale e Organizzazione mondiale del commercio
Si avvicina lo spettro del default per la Russia, che nelle prossime settimane dovrà ripagare agli investitori una serie di debiti che superano i due miliardi di dollari. Entro la giornata odierna, infatti, Mosca dovrebbe versare 100 milioni di dollari, il prossimo 31 marzo 300 milioni e l’imminente 4 aprile 2 miliardi di dollari. Una situazione insostenibile per le casse del Paese che, come conseguenza dell’invasione dell’Ucraina, è stata sottoposta a pesanti sanzioni dalla comunità internazionale.
Kristalina Georgieva, Managing Director del Fondo monetario internazionale, ha commentato lo scenario economico russo spiegando che non è improbabile un default del Paese, ma che questo non causerà una crisi finanziaria globale. Certamente, le sanzioni hanno già sortito un effetto severo sulla Russia, che la porteranno, come segnalato da Georgieva, a una profonda recessione nel corso del 2022.
A livello generale, il mancato pagamento da parte di Mosca degli oneri dovuti sui mercati finanziari e obbligazionari rischia di creare un’ondata di default che potrebbe toccare la cifra di 150 miliardi, mettendo in ginocchio non solo il Governo ma anche realtà quali Gazprom, Lukoil e Sberbank. A questo, si aggiunge l’annuncio del ripagamento dei debiti in rubli, valuta ormai del tutto deprezzata, in particolare alle nazioni appartenenti alla lista di Paesi nemici di Mosca.
Dal canto suo, il Governo russo considererà onorati i debiti pagati in rubli, nonostante nelle sottoscrizioni eseguite la moneta moscovita non venisse contemplata. Questo potrebbe già avvenire col coupon di Eurobond da saldare entro oggi: il Ministro delle Finanze, Anton Sulianov, ha dichiarato che ordinerà il pagamento in forex ma che, se questo verrà rigettato dalle banche occidentali a causa delle sanzioni, si procederà in rubli.
Intanto, lo stesso Ministro ha annunciato che la Russia userà la valuta cinese, lo Yuan, per le sue riserve monetarie. Un cambiamento che legherà ulteriormente Mosca e Pechino, con la Cina che rischia di essere travolta a sua volta dalle sanzioni europee imposte alla Russia. Soprattutto se dovesse decidere di contribuire militarmente all’illegale violazione della sovranità territoriale dell’Ucraina, fatto che cambierebbe ulteriormente lo scenario geopolitico visto che Pechino ha, al contrario, segnalato un certo disappunto in quanto in contrasto al diritto internazionale.
Ma i problemi per la Russia potrebbero acutizzarsi ulteriormente. Le cancellerie occidentali valutano un allontanamento della Russia dal Fondo monetario internazionale e dall’Organizzazione mondiale del commercio. I due enti sono due pietre miliari del multilateralismo sorto all’indomani della Seconda guerra mondiale e l’espulsione di uno Stato comprometterebbe anche il valore dell’Imf e del Wto, ovvero la fine di un sistema nato sulle ceneri di un conflitto che mai si sarebbe dovuto ripetere.
A livello di Fondo monetario internazionale, l’espulsione della Russia avverrebbe nel caso in cui venisse individuata una violazione che, per statuto, non si denota tramite azioni di guerra. Potrebbe esserci un allontanamento di Mosca nel caso non offrisse dati economici su asset, bilancia dei pagamenti, operazioni commerciali. Ci sarebbe prima un congelamento della membership e, infine, un allontanamento definitivo.
Più complicata un’espulsione dal Wto: la Russia ne fa parte dal 2012, dopo aver trattato per ben 19 anni il suo ingresso, favorito dal crollo dell’Unione sovietica. Si sta ragionando sulla sospensione del principio most favored nation, la clausola della nazione più favorita, presente già nel GATT (il precursore dell’Organizzazione mondiale del commercio). Questo principio prevede reciproca riduzione dei dazi e possibilità di accedere al trattamento più favorevole non discriminatorio.