Adnan Abu Walid al-Sahrawi era il terrorista più ricercato della regione, responsabile di efferati attacchi nella cosiddetta zona dei tre confini tra Mali, Niger e Burkina Faso
L’eliminazione dell’emiro Adnan Abu Walid al-Sahrawi, leader dello Stato islamico nel Grande Sahara (ISGS), una settimana fa è stata annunciata con grande enfasi dal Presidente francese Emmanuel Macron, che ha definito la dipartita del capo jihadista “un grande successo” per l’esercito francese, dopo più di otto anni di lotta contro gli estremisti islamici nel Sahel.
Adnan Abu Walid al-Sahrawi, nome di guerra di Lehbib Ould Ali Ould Said Ould, era il terrorista più ricercato della regione, che nonostante la pressante caccia all’uomo portata avanti da cinque anni, era riuscito a mantenere salda la guida dell’ISGS. Era ritenuto responsabile dell’attacco avvenuto il 9 agosto 2020 nell’area di Kouré, nel Niger sud-orientale, dove persero la vita sei operatori umanitari francesi, la loro guida e l’autista nigerino.
Oltre a essere ricercato dal Governo degli Stati Uniti, che nel maggio 2018 lo aveva designato “terrorista globale” e posto sul suo capo una taglia di 5 milioni di dollari, dopo aver accertato la sua responsabilità nell’agguato nei pressi del villaggio di Tongo-Tongo, a venti chilometri dal confine del Niger con il Mali, dove il 4 ottobre 2017, alcuni militanti dell’ISGS uccisero quattro soldati americani, tra cui due berretti verdi e cinque soldati nigerini.
L’atto terroristico suscitò l’indignazione dell’opinione pubblica americana, soprattutto per il fatto che prima di fuggire le milizie jihadiste saheliane fedeli allo Stato islamico tolsero le armi e le attrezzature militari ai quattro americani caduti, tentando di portare via almeno due dei corpi dal campo di battaglia
Negli ultimi cinque anni, sotto la guida di al-Saharawi, i miliziani dell’ISGS hanno condotto la maggior parte degli attacchi contro civili e soldati nella cosiddetta zona dei tre confini nella regione del Liptako-Gourma, a cavallo fra Burkina Faso orientale, Niger sud-occidentale e una parte del Mali centro-orientale, dove è particolarmente attivo anche il Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani, affiliato ad al-Qaeda (GSIM).
Chi era al-Sahrawi e cosa ha fatto
Adnan al-Sahrawi era nato nel 1973 a Laayoune, la principale città del territorio conteso del Sahara occidentale, attualmente amministrata dal Marocco. Il leader jihadista vi trascorse l’infanzia e all’inizio degli anni novanta fu trasferito nei campi profughi nel sud dell’Algeria. È in questo periodo che il giovane Lehbib, membro della grande tribù Rguibat, decise di arruolarsi nell’Esercito popolare di liberazione saharawi, il braccio armato del Fronte Polisario.
Durante gli anni novanta e duemila, al-Sahrawi ha intrattenuto rapporti commerciali con la popolazione maliana dell’Azawad, ma soprattutto ha cominciato a inserirsi tra le nascenti fazioni di gruppi estremisti islamici che stavano mettendo radici nella porosa regione tra il Maghreb e il Sahel, dove ha abbracciato la dottrina islamista.
L’ex leader dell’ISGS ha avuto anche un ruolo di spicco durante la guerra del 2012-2013 in Mali, nella quale è stato il portavoce del Movimento per l’unicità e il jihad in Africa occidentale (MUJAO), che nell’agosto 2013 si è unito alla Brigata al-Mulaththamin per formare un nuovo gruppo chiamato al-Murabiṭun, guidato dal super ricercato terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar.
Il 14 maggio 2015, Adnan al-Sahrawi diede l’annuncio del giuramento di fedeltà di al-Murabitun all’allora leader dello Stato islamico, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, tramite un messaggio audio, dichiarando la nascita dello Stato Islamico nel Grande Sahara. Pochi giorni dopo, però, l’atto di sottomissione fu sconfessato da Belmokhtar, che ribadì la sua vicinanza ad al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI).
Il mancato riconoscimento da parte di Belmokhtar dell’affiliazione di al-Murabitun allo Stato islamico produsse la scissione interna al gruppo, da cui ha avuto origine la costola saheliana dello Stato islamico, guidata da al-Sahrawi. Tutto ciò, ha sicuramente inciso sul tardivo riconoscimento da parte dei vertici dell’ISIS dell’affiliazione dell’ISGS, che arriverà attraverso un comunicato ufficiale di Amaq, l’agenzia di stampa dello Stato islamico, alla fine di ottobre 2016, ben 17 mesi dopo la proclamazione della wilayat dello Stato Islamico nel Grande Sahara.
Il gruppo inizialmente non aveva molto peso, potendo contare al massimo su una dozzina di combattenti sahrawi. Ma tra i vari leader jihadisti stranieri attivi nel Sahel, al- Sahrawi aveva capito meglio e prima di chiunque altro la necessità di affermarsi a livello locale per consolidare il controllo sul territorio ed espandere il suo raggio d’azione.
Dopo aver formato l’ISGS ebbe l’intuizione di tessere saldi legami con le autorità dei villaggi di Akabar, Araban e Tabankort, dove aveva stabilito il suo santuario. Oltre ad aver guadagnato i favori di due arabi molto influenti nella regione, senza i quali non sarebbe mai riuscito a imporsi sulle altre formazioni jihadiste attive nella zona dei tre confini: Yoro Ould Daha, un ex membro del MUJAO riciclatosi nel Movimento arabo dell’Azawad (MAA) e Hanoun Ould Ali, noto narcotrafficante locale considerato molto vicino ai vertici del MAA.
Le operazioni francesi contro i jihadisti
L’operazione a guida francese Barkhane ha ucciso e catturato diversi membri di alto rango dell’ISGS seguendo la sua strategia di eliminare i leader jihadisti, messa in atto fin dall’inizio dell’intervento militare francese in Mali nel 2013. Nell’agosto 2018, aveva costretto alla resa l’emiro maliano Sultan Ould Bady, leader della Brigata Salaheddin confluita alla fine del 2017 nell’ISGS. Nell’agosto 2020, la Barkhane aveva annunciato di aver definitivamente tolto di scena Abdel Hakim al-Sahrawi, considerato il numero due dell’ISGS e tristemente noto per i suoi video di decapitazioni di civili inermi. All’annuncio, però, non fece seguito nessuna dichiarazione ufficiale da parte dello Stato islamico. Poi, lo scorso 2 luglio, durante un incontro con l’Associazione dei giornalisti della difesa, il Ministro francese delle Forze armate Florence Parly ha spiegato che “il numero 2 dell’ISGS sarebbe morto a maggio in circostanze ancora sconosciute”.
Un altro membro di spicco del gruppo, il tuareg Almahmoud ag Baye, alias Ikarey, è stato eliminato lo scorso 15 giugno dalle forze speciali francesi a sud-ovest di Ménaka, nella regione di confine con il Niger. Ilarey è stato ucciso dopo aver teso un’imboscata a una pattuglia congiunta di militari francesi e nigerini, che hanno reagito e fatto intervenire il supporto aereo ravvicinato.
Secondo l’intelligence francese, Ikarey fu reclutato nel 2008 da Moktar Belmokhtar e in seguito entrò nelle file dell’ISGS scalandone rapidamente i vertici, sembra grazie alla sua abilità nella pianificazione. Il jihadista aveva organizzato sia l’attacco alla base di Inantes, dove nel 2019 furono uccisi oltre 80 soldati, sia l’attentato di Tongo Tongo. Tanto che gli Stati Uniti lo avevano inserito nella lista nera dei terroristi più ricercati al mondo, mettendo sulla sua testa una taglia di 5 milioni di dollari.
Inoltre, nell’ambito dell’operazione congiunta Solstice, condotta nel giugno scorso dalla Barkhane, dalle forze armate nigeriane e dalla taskforce europea Takuba, sono stati fatti prigionieri due luogotenenti del defunto al-Sahrawi: Sidi Ahmed Ould Mohammed alias Katab al-Mauritani, così come Dadi Ould Chouaib, alias Abou Dardar.
Tuttavia, anche se negli ultimi mesi lo Stato islamico nel Grande Sahara è stato decapitato dei suoi vertici continua a essere temibile, soprattutto per la rapida crescita dell’organizzazione in termini numerici. Una crescita in gran parte riconducibile alla capacità di aver arruolato tra le sue fila combattenti maliani, burkinabe e nigerini, molti dei quali gravitavano nell’orbita di al-Qaeda. Senza contare che l’eliminazione del suo carismatico leader, al di là della sua indubbia valenza simbolica, potrebbe alterare le dinamiche interne del gruppo e produrre un incremento degli attacchi.
Adnan Abu Walid al-Sahrawi, nome di guerra di Lehbib Ould Ali Ould Said Ould, era il terrorista più ricercato della regione, che nonostante la pressante caccia all’uomo portata avanti da cinque anni, era riuscito a mantenere salda la guida dell’ISGS. Era ritenuto responsabile dell’attacco avvenuto il 9 agosto 2020 nell’area di Kouré, nel Niger sud-orientale, dove persero la vita sei operatori umanitari francesi, la loro guida e l’autista nigerino.