Dal 2008 un danese e un norvegese si sono avvicendati alla guida della Nato. L’alternanza vorrebbe che il nuovo Segretario appartenesse a un Paese del Sud Europa
La notizia è recente e contribuisce a sgombrare il campo da un’ipotesi che continuava a circolare da tempo, e ossia che l’attuale Segretario Generale dell’Alleanza atlantica, il norvegese Jens Stoltenberg si sarebbe potuto candidare per un terzo mandato alla guida dell’organizzazione. Ma Stoltenberg, su pressione di Oslo, sarà probabilmente il nuovo governatore della Banca centrale norvegese. Dalla partita della nomina del nuovo Segretario Generale esce un nome “pesante” ma questo non significa affatto che la strada che dovrà portare all’indicazione del nome del nuovo Segretario al vertice dei capi di Stato e di Governo di Madrid del 29 e 30 giugno prossimo sia tutta in discesa.
Non c’è una procedura formale per arrivare a definire il nome del nuovo capo dell’Alleanza e non ci sono scadenze particolari da rispettare. Si tratta di un processo di consultazione politica informale che non prevede candidature ufficiali. Anzi, quando c’è stato qualcuno che si è presentato come “candidato ufficiale”, come nel passato l’ex Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini o, più recentemente, il premier olandese, Mark Rutte, si è trovato quasi subito la strada sbarrata. Anche per questo motivo c’è una grande prudenza da parte dei Governi degli Stati membri a presentare nomi che verrebbero inesorabilmente bruciati.
Diverso è, invece, il discorso che riguarda l’alternanza tra Paesi, anche alla luce del nuovo concetto strategico della Nato e delle nuove sfide che attendono l’Alleanza, dal fronte Sud nel Mediterraneo allargato al quadrante orientale fino alla Cina. Ebbene dal 2008 alla guida della Nato si sono avvicendati due segretari generali (prima il danese Rasmussen e poi Stoltenberg per 8 anni). Si tratta di due ex primi Ministri ma di Paesi tutto sommato di piccole dimensioni con circa 4 milioni di abitanti. Due segretari che hanno privilegiato fatalmente i rapporti tra Paesi baltici o del Nord Europa con la Russia trascurando un poco il fronte Sud affidato a un comando di Napoli abbandonato un poco al suo destino.
Verso una candidatura italiana?
Logica vorrebbe quindi che il nuovo Segretario appartenesse a un Paese del Sud Europa. La Francia, peraltro impegnata nei prossimi mesi nelle elezioni presidenziali, non ha mai manifestato particolari ambizioni per quella poltrona mentre la Spagna non ha candidati e ha già (con Josef Borrell) il posto di Alto Rappresentante per la politica estera e di difesa europea.
L’Italia avrebbe quindi tutte le carte in regola per concorrere a una poltrona che non ricopre da 50 anni (con Manlio Brosio). In realtà, nel 2004 il segretario alla Difesa Usa Donald Rumsfeld aveva sostenuto una candidatura italiana dopo l’inglese Robertson. C’era anche il nome, quello di un ex Ministro degli Esteri e della Difesa come Antonio Martino che però rinunciò (provocando le ire di Silvio Berlusconi) con la motivazione che il carico di lavoro per quella poltrona era da lui considerato eccessivo. L’Italia, dopo la fine della missione in Afghanistan, è il maggiore contributore di forze alle missioni Nato e dalla primavera prossima assumerà anche il comando della missione in Iraq. Nel nostro Paese sono presenti molte basi Nato e i droni di Sigonella stanno cominciando a svolgere al meglio il loro compito.
Una candidatura italiana otterrebbe tutto il sostegno da parte della Francia se non altro per sbarrare la strada all’ipotesi di un segretario inglese (era circolato il nome della ex premier Theresa May) soprattutto dopo la vicenda del contratto dei sommergibili all’Australia bloccato da Aukus di cui il Regno Unito fa parte. L’Italia è tra l’altro un Paese Ue che, al netto delle sanzioni, intrattiene rapporti stretti con la Russia non solo di carattere economico.
I possibili nomi
Ma se si snocciolano i possibili nomi dei candidati italiani le cose sono meno chiare. Per restare tra gli ex premier era circolato il nome di Matteo Renzi il cui profilo di vero outsider mal si attaglia però a un ruolo istituzionale che detiene lo stesso rango che spetta ai Capi di Stato. Enrico Letta avrebbe invece tutte le carte in regola per entrare in partita, se solo lo volesse e non fosse così concentrato sulle responsabilità di partito. Tra gli altri nomi, quello della ex ministra degli Esteri e Alta Rappresentante della politica estera e di difesa europea Federica Mogherini si è un po’ perso nelle nebbie di Bruges, mentre invece il presidente della Commissione Esteri della Camera Piero Fassino avrebbe delle chances se solo il sistema politico italiano lo appoggiasse con convinzione.
Un nome tenuto finora riservato, ma che potrebbe uscire allo scoperto solo in prossimità del vertice di Madrid, è quello dell’attuale commissario Ue agli Affari economici ed ex premier italiano Paolo Gentiloni. La corsa per il Quirinale, che vede lo stesso Gentiloni come possibile candidato, consiglia il silenzio assoluto. Poco senso hanno poi le obiezioni di chi teme che l’uscita di Gentiloni dalla Commissione rappresenterebbe un vulnus alle capacità dell’Italia di essere rappresentata al meglio a Bruxelles su dossier molto delicati come quelli economici. Il nuovo segretario generale della Nato entrerebbe in funzione solo nell’ottobre del 2022 quando alla Commissione von der Leyen mancheranno alla fine del mandato solo due anni mentre la carica di guida dell’Alleanza ha una prospettiva di 4 anni o, nel caso di una conferma, di otto.
Prende infine consistenza l’ipotesi che il Governo italiano in prossimità di Madrid si candidi come Paese alla guida della Nato magari offrendo il suo contributo con il nome di un alto funzionario che ha svolto un ruolo chiave nelle ultime concitate ore del ritiro della missione Nato dall’Afghanistan. Si tratta dell’ambasciatore Stefano Pontecorvo, già rappresentante civile della Nato a Kabul e regista dei ponti aerei per il rientro di civili e militari da quel Paese. Il suo nome rafforzerebbe il ruolo del segretariato Nato a servizio dei capi di Stato e di Governo in discontinuità con Stoltenberg che aveva molto politicizzato il ruolo di Segretario Generale. Candidare intanto il Paese (anche con il nome di un alto funzionario) avrebbe il vantaggio di bloccare le fughe in avanti degli Stati Uniti che potrebbero essere tentati, nell’impasse, di favorire qualche oscuro candidato dell’Estonia, della Lituania o della stessa Polonia. Ipotesi che verrebbe letta dalla Russia come provocatoria chiusura a ogni possibilità di dialogo futuro con l’Alleanza.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
Puoi acquistare la rivista in edicola o abbonarti.
La notizia è recente e contribuisce a sgombrare il campo da un’ipotesi che continuava a circolare da tempo, e ossia che l’attuale Segretario Generale dell’Alleanza atlantica, il norvegese Jens Stoltenberg si sarebbe potuto candidare per un terzo mandato alla guida dell’organizzazione. Ma Stoltenberg, su pressione di Oslo, sarà probabilmente il nuovo governatore della Banca centrale norvegese. Dalla partita della nomina del nuovo Segretario Generale esce un nome “pesante” ma questo non significa affatto che la strada che dovrà portare all’indicazione del nome del nuovo Segretario al vertice dei capi di Stato e di Governo di Madrid del 29 e 30 giugno prossimo sia tutta in discesa.
Non c’è una procedura formale per arrivare a definire il nome del nuovo capo dell’Alleanza e non ci sono scadenze particolari da rispettare. Si tratta di un processo di consultazione politica informale che non prevede candidature ufficiali. Anzi, quando c’è stato qualcuno che si è presentato come “candidato ufficiale”, come nel passato l’ex Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini o, più recentemente, il premier olandese, Mark Rutte, si è trovato quasi subito la strada sbarrata. Anche per questo motivo c’è una grande prudenza da parte dei Governi degli Stati membri a presentare nomi che verrebbero inesorabilmente bruciati.