Di fronte al devastante terremoto che ha colpito il sud della Turchia e il nord della Siria con decine di migliaia di vittime, anche i soccorsi riflettono gli equilibri geopolitici
Sta diventando una vicenda politica e non solo umanitaria quella relativa agli aiuti per la popolazione siriana, colpita duramente da un devastante terremoto che ha colpito il paese, insieme alla Turchia, facendo finora, complessivamente, oltre 16.000 vittime, bilancio che pare destinato tristemente a salire di ora in ora.
Subito dopo il sisma, Israele aveva fatto sapere di aver ricevuto una richiesta da Damasco, giunta tramite la Russia, per fornire assistenza e soccorsi alla popolazione. Netanyahu, in un gesto che a molti era sembrato estremamente significativo visti i rapporti tra i due paesi, aveva dichiarato di essere pronto ad accettare ed inviare aiuti. “Israele ha ricevuto una richiesta da una fonte diplomatica per aiuti umanitari alla Siria, e io l’ho approvata”, aveva detto Netanyahu ai membri del suo partito, il Likud, aggiungendo che gli aiuti sarebbero stati inviati presto. Si tratterebbe di coperte, medicine, cibo e altri generi di prima necessità per alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite. Netanyahu inoltre si sarebbe dichiarato disponibile ad accogliere anche i feriti.
Tuttavia il quotidiano filogovernativo siriano Al Watan ha citato una fonte ufficiale secondo cui Damasco non avrebbe mai richiesto l’aiuto di Israele dopo il terremoto. Secondo altre fonti, la richiesta di assistenza a cui Netanyahu avrebbe fatto riferimento, sarebbe giunta dall’opposizione al governo di Assad e dai gruppi jihadisti nel nord-ovest del paese.
Dalla creazione dello stato di Israele nel 1948, il governo siriano non ha riconosciuto Israele e i due paesi hanno combattuto diverse guerre. Ancora oggi sono numerosi i raid dell’aviazione israeliana in Siria, per colpire, secondo fonti militari israeliane, basi iraniane e di ribelli che minerebbero alla sicurezza dello stato ebraico. Il confine sulle alture del Golan è uno dei più militarizzati dell’area e pochissime volte si è aperto per favorire cittadini di una parte e dell’altra, soprattutto drusi, permettendo così a famiglie divise di incontrarsi o a fedeli di partecipare a feste religiose. “L’occupazione israeliana è la causa delle guerre e delle tensioni nella regione, e quindi Netanyahu dovrebbe essere l’ultima persona che ha il diritto di parlare di fornire aiuti e assistenza”, ha detto un funzionario siriano.
Il mistero dunque si infittisce. Da un lato, è difficile che Netanyahu abbia fatto una fuga in avanti, anche se un segno di distensione verso la Siria potrebbe certamente aiutare nel soft power verso i paesi arabi che il premier ha messo in campo da anni, e che è stato minato dalle recenti operazioni dell’esercito in Cisgiordania con la morte di decine di palestinesi. Dall’altro, la situazione così tragica e drammatica che la Siria vive prima per anni di guerra civile, poi per il terremoto, può aver spinto a chiedere aiuti alla Russia che li avrebbe poi girati a tutti, Israele compreso.
Aiuti sono invece stati inviati già, da Israele, anche verso l’altro paese dilaniato dal terremoto, la Turchia, e continueranno ad essere inviati anche nei prossimi giorni. Per Ankara, Israele si è mossa subito. D’altronde, specie di recente, i rapporti tra i due paesi sono migliorati, anche grazie e visite reciproche di alto livello. Già all’indomani del terremoto il ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant ha parlato con il suo omologo turco e la macchina degli aiuti è partita velocemente. Israele del resto, come ricorda un editoriale del Jerusalem Post, ha decenni di esperienza nel fornire aiuti a seguito di disastri naturali, inclusi molti terremoti, oltre a fornire squadre di ricerca e salvataggio e assistenza umanitaria, specialmente sotto la guida del Comando del Fronte Interno.
Sta diventando una vicenda politica e non solo umanitaria quella relativa agli aiuti per la popolazione siriana, colpita duramente da un devastante terremoto che ha colpito il paese, insieme alla Turchia, facendo finora, complessivamente, oltre 16.000 vittime, bilancio che pare destinato tristemente a salire di ora in ora.