Secondo un sondaggio di ECFR, la maggioranza dei cittadini europei pensa che una nuova Guerra fredda sia in corso tra Usa, Cina e Russia ma ritiene che l’Europa non deve essere coinvolta
Mentre Joe Biden e Xi Jinping presentano la loro idea di quale sia il ruolo del loro Paese nel mondo all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il mondo si interroga su cosa sia e dove porti la tensione tra i due giganti economici e militari del pianeta.
Il sondaggio di ECFR
Gli europei pensano che una nuova Guerra fredda sia alle porte o sia già in atto, ma non ritengono che questa nuovo conflitto sia la “loro guerra” o che il loro Paese ne faccia parte. Questo, in estrema sintesi, il risultato di un sondaggio condotto in dodici membri dell’Ue dall’European Council on Foreign Relations (ECFR). Gli europei ritengono che l’ordine geopolitico che si prospetta sia fatto di due guerre fredde parallele, quella sino-americana (62% crede sia in atto) e quella russo-americana (59%). Le percentuali di coloro che immaginano un ritorno alle tensioni pre ‘89 tra Mosca e l’Europa sono più alte che non quelle di chi si preoccupa per la Cina, un dato normale se si immagina che i più preoccupati di tutti sono i polacchi e che percentuali alte si registrano anche in Germania e Svezia, che hanno conosciuto la Guerra fredda in forme più vicine che non gli euro-mediterranei. Anche nell’epoca delle sfide globali, dell’interconnessione, del mondo rimpicciolito, la geografia conta.
Nei dodici Paesi sondati c’è una discrepanza tra coloro che ritengono che il loro Paese sia direttamente coinvolto e coloro che invece pensano che sia coinvolta l’Europa. Gli analisti dell’ECFR ritengono che questo sia un dato utile da analizzare e forniscono due letture, una positiva e l’altra meno. “L’interpretazione positiva è che la gente sta finalmente riconoscendo l’esistenza di una politica estera europea comune (…) nel trattare con potenze globali come la Cina e la Russia, e l’Ue come potenza continentale, piuttosto che ogni Stato membro, che è meglio posizionata per difendere gli interessi e i valori europei”.
Guardata diversamente: “L’Ue permette agli Stati membri di ritirarsi dalla politica estera e concentrarsi sui loro interessi economici. In questa lettura, l’esistenza stessa dell’Unione come attore di politica estera isola i suoi Stati membri dai problemi preoccupanti del mondo moderno. Permette una nuova divisione del lavoro in cui i singoli Stati agiscono principalmente come potenze mercantili mentre spetta a Bruxelles dimostrare durezza e difendere i valori europei. Questo modello è facilmente riconoscibile nelle relazioni Europa-Russia”. L’Europa un po’ parafulmine, un po’ protettrice che però consente a tutti e ciascuno di proseguire per la loro strada: che ai diritti umani pensi Ursula von der Leyen mentre nelle capitali d’Europa si lavora ad accrescere fette di mercato e interscambi con le due grandi non-democrazie.
Una visione come questa e una sostanziale indifferenza in materia di “regime” e della sua qualità ad affrontare e governare i grandi problemi come pandemie o crisi climatica sono un aspetto che dovrebbe preoccupare Joe Biden e la sua volontà di coinvolgere gli alleati di sempre nella sfida con Pechino; la Russia è, per certi aspetti, una partita molto diversa, non c’è la concorrenza economica, la sfida sull’egemonia planetaria.
I discorsi di Biden e Xi all’Onu
I discorsi di Biden e Xi alle Nazioni Unite – il secondo, un messaggio video, non era previsto nel programma – hanno risposto all’appello del Segretario Generale di mitigare i toni. Biden ha spiegato di non cercare nessuna nuova Guerra fredda e di essere pronto a cooperare con tutti sulle grandi sfide planetarie, a prescindere dalla distanza su altre questioni e piani. Il Presidente degli Stati Uniti ha naturalmente ribadito che l’America non starà a guardare in caso si tocchino i propri alleati. Xi ha invece approfittato del suo discorso per promettere che Pechino non finanzierà più centrali a carbone fuori dai propri confini (ma il problema è anche e molto in Cina) e ha ribadito il proprio approccio multilaterale alla politica internazionale e la ferma contrarietà alle interferenze nelle politiche altrui.
Entrambe le prospettive presentano falle. Come abbiamo visto in seguito alle tensioni tra Stati Uniti e Francia, Washington spesso non è in grado di perseguire i propri interessi e le proprie priorità e al contempo mantenere rapporti idilliaci con gli alleati. Quanto a Pechino, la sua idea di “una Cina” che comprende Taiwan e le tensioni nel Mar della Cina segnalano un’idea troppo larga di quelli che sono gli “affari di famiglia”. Non solo, un Paese che si vuole grande potenza non può avere una politica estera che non guarda e non discute nulla di ciò che accade fuori dai propri confini.
L’indagine del think tank europeo segnala come le opinioni dei 12 Paesi tendano ad aver elaborato una visione non positiva di Cina e Russia. Un altro dato del rapporto ECFR riguarda la relativa neutralità degli europei: in un conflitto tra Usa e Cina sono in pochi coloro che vorrebbero l’Europa schierarsi. Segno di alleanze storiche che l’America (dopo l’Iraq, l’Afghanistan e Trump) deve riprendere e rilanciare in chiave nuova: nel 1980 a una domanda simile grandi maggioranze di europei si sarebbero schierate. La neutralità, come abbiamo visto, non viene dall’idea che il modello cinese (non parliamo di quello russo) sia migliore o eserciti un fascino. Ma da qui a schierarsi in una battaglia ideologica ce ne passa. L’idea che l’amministrazione Biden sembra avere è quella di mostrare con l’esempio che l’America è ancora un modello cui aspirare, un sistema capace di rinnovarsi, migliorare e superare le difficoltà di questi anni. A guardare questi dati non è un’idea sbagliata, gli europei non sembrano pronti a schierarsi in una crociata. La prima sfida per Biden è far funzionare proprio quel sistema democratico paralizzato che oggi sembrano essere gli Stati Uniti. Non sarà facile.