Sudan: il Governo e i ribelli hanno formalizzato l’accordo di pace raggiunto lo scorso 31 agosto. Gli Usa chiedono la normalizzazione dei rapporti con Israele
Sudan: il Governo e i ribelli hanno formalizzato l’accordo di pace raggiunto lo scorso 31 agosto. Gli Usa chiedono la normalizzazione dei rapporti con Israele
Ieri il Governo del Sudan e alcuni gruppi di ribelli hanno formalizzato l’accordo di pace raggiunto lo scorso 31 agosto, che si spera possa mettere fine al conflitto del Darfur (che ha causato oltre 300mila morti e 2,5 milioni di sfollati dal 2003) e agli scontri nelle regioni del Kordofan meridionale e del Nilo Azzurro (iniziati nel 2011).
L’accordo era stato presentato come storico, ma non mancano le ragioni per rimanere cauti. Innanzitutto perché alcune importanti fazioni ribelli non hanno firmato la pace. E poi perché gli accordi precedenti – l’ultimo è di nove anni fa – non avevano portato risultati.
Tuttavia questa volta l’ottimismo è giustificato dal fatto che il Sudan – dopo che nell’agosto 2019 un colpo di stato militare ha deposto il Presidente Omar al-Bashir, al potere dal 1989 – è guidato da un Governo di transizione che sta implementando una serie di riforme: ad esempio, per ridurre l’influenza della religione islamica sulla vita pubblica.
Cosa prevede l’accordo
L’accordo di pace prevede l’integrazione dei ribelli nelle forze di sicurezza sudanesi e assicura loro una rappresentanza in politica. Oltre a questo, attribuisce delle forme di autonomia alle regioni del Kordofanmeridionale e del Nilo Azzurro, garantisce il ritorno degli sfollati nelle loro terre e tutela la libertà religiosa: l’Islam è la religione nettamente più diffusa nel Paese, ma nel sud sono presenti delle comunità di fede cristiana.
Alcuni gruppi di ribelli che non hanno aderito all’accordo di pace hanno fatto sapere di avere intenzione di iniziare delle trattative separate con il Governo.
Nonostante il Sudan abbia bisogno di aiuti e di investimenti vista la gravissima crisi economica, sembra improbabile che possa riconoscere Israele a breve.
Il Consiglio sovrano – l’organo istituzionale presieduto dai militari che affianca e vigila sul Governo – non ha tuttavia escluso questa possibilità. Uno dei suoi membri, il generale Ibrahim Gabir, ha detto: “Non vediamo il problema di essere in pace con ogni Paese, incluso Israele”.
Meno convinto è invece il Governo di Hamdok, che si ritrova a fare i conti con la crescita dell’insoddisfazione popolare. Un accordo per la normalizzazione dei rapporti con Israele si rivelerebbe troppo rischioso, dato che la maggioranza dei sudanesi ha un’opinione negativa di Tel Aviv.
Ieri il Governo del Sudan e alcuni gruppi di ribelli hanno formalizzato l’accordo di pace raggiunto lo scorso 31 agosto, che si spera possa mettere fine al conflitto del Darfur (che ha causato oltre 300mila morti e 2,5 milioni di sfollati dal 2003) e agli scontri nelle regioni del Kordofan meridionale e del Nilo Azzurro (iniziati nel 2011).
L’accordo era stato presentato come storico, ma non mancano le ragioni per rimanere cauti. Innanzitutto perché alcune importanti fazioni ribelli non hanno firmato la pace. E poi perché gli accordi precedenti – l’ultimo è di nove anni fa – non avevano portato risultati.
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