Mentre l’attuale Presidente di Taiwan è in partenza per gli Usa, Ma Ying-jeou, ex-presidente e autorevole rappresentante del partito di opposizione, è il primo leader taiwanese a visitare la Cina, dal 1949. In ballo, ci sono anche le prossime elezioni presidenziali a Taiwan nel 2024: una scelta tra guerra e pace, secondo l’ex presidente Ma
Una scelta tra guerra e pace. All’alba della lunga campagna elettorale. Ma Ying-jeou ha descritto così le presidenziali taiwanesi del gennaio 2024. L’ex presidente, in carica dal 2008 al 2016, è ancora una voce molto influente all’interno del Kuomintang (KMT), il principale partito di opposizione. E a breve diventerà il primo leader o ex leader della Repubblica di Cina (Taiwan) a visitare la Cina continentale dopo il 1949 e la fine della guerra civile. L’annuncio, arrivato domenica sera, ha colto di sorpresa fino a un certo punto. Ma è stato anche l’unico presidente taiwanese in carica a incontrare un omologo della Repubblica Popolare Cinese, nello storico incontro con Xi Jinping andato in scena a Singapore nel 2015. Stavolta non dovrebbe incontrare Xi, ma il tempismo del suo viaggio è molto rilevante, visto che avverrà in perfetta concomitanza con il doppio scalo dell’attuale presidente Tsai Ing-wen negli Stati Uniti.
L’ufficio della fondazione guidata da Ma ha dichiarato che l’ex presidente visiterà 5 città della Repubblica Popolare: Nanchino, Wuhan, Changsha, Chongqing e Shanghai. Niente Pechino dunque, con Ma che dovrebbe restare nella zona centrale del territorio cinese. Secondo il programma ufficiale, incontrerà degli studenti e visiterà i siti legati alla Seconda Guerra Mondiale e al conflitto della Cina con il Giappone. Dovrebbe visitare anche luoghi significativi della rivoluzione del 1911 che ha rovesciato l’ultimo imperatore Pu Yi e ha inaugurato la Repubblica di Cina, ancora oggi il nome ufficiale con cui Taiwan è indipendente de facto. C’è anche un forte risvolto privato, visto che Ma dovrebbe rendere omaggio alle tombe dei suoi antenati, in concomitanza della festività dei morti che tra Cina e Taiwan cade proprio a inizio aprile.
L’ufficio di Ma non ha comunque escluso incontri con funzionari di Pechino, a seconda degli inviti “dell’ospitante”. Secondo quanto risulta a Eastwest, è tutt’altro che escluso che Ma possa incontrare ufficiali di alto livello di Pechino. Non nella capitale, ma durante il suo tour e in particolare a Shanghai. Si fa il nome di Wang Huning, numero tre della gerarchia del Partito e appena nominato presidente della Conferenza politica consultiva del popolo durante le “due sessioni”. Non solo. Wang, considerato l’ideologo del “sogno cinese”, ha le deleghe sul dossier taiwanese e secondo Nikkei sarebbe stato persino incaricato di trovare un nuova cornice retorica per l’ipotetica “riunificazione” (o “unificazione” come la chiamano a Taipei). Possibile anche un incontro con Song Tao, da poco direttore dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan di Pechino.
Ma il tempismo della visita è molto particolare. L’ex presidente sarà dall’altra parte dello Stretto tra il 27 marzo e il 7 aprile, coprendo entrambi i passaggi negli Usa di Tsai, attesa il 30 marzo a New York e qualche giorno dopo in California per un incontro con lo speaker Kevin McCarthy. L’Ufficio presidenziale di Taiwan ha dichiarato di essere stato informato e di “rispettare” i piani di Ma, notando che il viaggio coincide con un “momento delicato” e auspicando che Ma “dimostri i valori di democrazia e libertà di Taiwan” durante il suo viaggio. I ranghi inferiori del Partito progressista democratico (DPP) al potere criticano più esplicitamente: “L’ex presidente Ma ignora totalmente il fatto che il Partito comunista ha continuato ad aumentare la pressione contro di noi, intensificando le minacce militari e isolandoci a livello internazionale”, ha dichiarato il portavoce del partito Chang Chih-hao. Il DPP teme che Ma possa sottrarre attenzione al doppio scalo di Tsai, ma soprattutto utilizzerà la visita come la presunta dimostrazione che il KMT voglia chiudere accordi politici con Pechino qualora torni al potere. Così come è stato fatto il mese scorso quando l’attuale vicepresidente del principale partito di opposizione aveva guidato un’altra delegazione in Cina continentale.
La prospettiva di Ma, che durante i suoi otto anni di presidenza operò una storica distensione dei rapporti con l’altra sponda firmando diversi accordi commerciali, è diversa: “Ritiene che negli ultimi anni le due parti siano entrate in uno stato di gelo. Se i giovani riusciranno a comunicare e a dialogare, le tensioni attuali si ridurranno”, ha spiegato Hsiao Hsu-tsen, direttore esecutivo della Fondazione Ma Ying-jeou, annunciando la visita. “Invece di acquistare altre armi, sarebbe meglio aumentare gli scambi tra i giovani delle due sponde dello Stretto di Taiwan”, ha aggiunto.
I due partiti principali di Taiwan sono d’altronde avviati verso la campagna elettorale vera e propria. Dopo la batosta subita dal DPP alle elezioni locali dello scorso novembre, Tsai si avvia verso l’ultimo anno in carica. Non potendosi candidare per un terzo mandato, lascerà spazio con ogni probabilità al vicepresidente William Lai, che ha posizioni tradizionalmente ben più radicali di quella della moderata Tsai. Quest’ultima ha sempre sostenuto la cosiddetta “teoria dei due Stati”, che diniega il consenso del 1992 e dunque l’appartenenza di entrambe le entità a una “unica Cina”, ma non si è mai espressa a favore di un’indipendenza formale di Taipei come Repubblica di Taiwan. Al contrario di Lai, che ora ha smussato le sue posizioni ma resta particolarmente inviso a Pechino. Il KMT riconosce invece ancora il consenso del 1992, che ritiene sancire l’esistenza di una “unica Cina ma con diverse interpretazioni”, visto che non veniva stabilito quale fosse quella legittima. Artificio semantico che ha tenuto in piedi lo status quo e rende il KMT l’opzione favorita da Pechino.
Il KMT ha però difficoltà nell’individuazione del suo candidato. La scelta preferita sarebbe quella del sindaco di Nuova Taipei Hou You-ih, ex poliziotto molto popolare ma senza esperienza e statura internazionale. Ma il presidente del partito Eric Chu, già sconfitto da Tsai alle elezioni del 2016, sembra volerci provare. Pechino, dal canto suo, sa che prima delle elezioni le converrebbe tenere un basso profilo. La postura muscolare del 2019 (prima del voto del gennaio 2020), combinata al caos di Hong Kong, spostò il focus del voto taiwanese sulla questione identitaria e dei rapporti intrastretto. Terreno su cui il DPP ha un più ampio consenso, soprattutto tra le generazioni più giovani che sono meno inclini al dialogo con Pechino. Anche in tal senso può essere letto il viaggio di Ma, come un assist a Xi Jinping per non avere una reazione troppo aggressiva al doppio scalo di Tsai negli Usa. La prima storica visita di un ex presidente taiwanese può infatti essere utilizzata dal Partito comunista per mostrare ipotetici passi avanti sulla strada della “riunificazione”.
Certo, un’ipotetica seconda visita di Tsai specifica negli Usa tra agosto e novembre metterebbe Pechino spalle al muro, costringendola a una reazione muscolare che potrebbe favorire il DPP alle urne. Comunque vadano le elezioni, dopo il voto la Repubblica Popolare potrebbe aumentare il pressing. Militare in caso di vittoria del DPP. Politico in caso di vittoria del KMT.