Il litio è il sogno della fine del petrolio e il 59% delle sue riserve si concentra in America Latina, in particolare in Bolivia, Cile e Argentina, che però, oggi, non sono i Paesi di maggior produzione di questo metallo critico, incapaci di creare una “Opec del litio”. Ue, Usa, Cina e Russia si contendono i contratti con i governi latinoamericani per lo sfruttamento dei giacimenti e la produzione
Dalle nevrosi dei Nirvana al discorso sullo stato dell’Unione di Ursula von der Leyen: così potrebbe essere riassunto il percorso del litio nell’ultima trentina di anni. “Il litio e le terre rare saranno presto più importanti di petrolio e gas”, ha infatti ricordato il 15 settembre a Strasburgo al Parlamento Europeo la Presidente della Commissione Ue. “Oggi quasi il 90% delle terre rare e il 60% del litio vengono lavorati in Cina. Identificheremo progetti strategici lungo tutta la filiera, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo. E creeremo riserve strategiche dove l’offerta è a rischio”.
Un discorso per annunciare una “legge europea sulle materie prime critiche”, che assieme agli altri incentivi decisi da Joe Biden negli Stati Uniti porta dunque a rilanciare lo slogan sul litio come “oro bianco” e “petrolio del futuro”. Nel 1991 Lithium fu una hit scritta da Kurt Cobain per i Nirvana. Il litio del titolo, nella canzone, è uno stabilizzatore dell’umore per prevenire il comportamento maniacale acuto nei pazienti con disturbo bipolare, ed è quindi una metafora per indicare l’instabilità mentale.
Il litio compie cento anni
Quest’anno il litio compie cent’anni dal suo ingresso nel commercio, anche se fu scoperto nel 1817, dallo svedese Johan August Arfwedson. Numero atomico 3, il litio è il metallo più leggero, anche se il suo nome in greco significa “pietra”. Fu utilizzato la prima volta come lubrificante da alte temperature per motori aeronautici: in particolare durante la Seconda guerra mondiale. In seguito, durante la Guerra fredda, la domanda di litio aumentò con la produzione di armi a fusione nucleare, poiché sia il litio-6 che il litio-7 irradiati da neutroni producono trizio. Tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Ottanta, gli Stati Uniti divennero il primo produttore di litio, fino ad accumularne scorte per circa 42.000 tonnellate. Con la fine della Guerra fredda, fino alla metà degli anni Novanta, il litio è invece stato utilizzato soprattutto per abbassare la temperatura di fusione del vetro, e anche per migliorare il comportamento alla fusione dell’ossido di alluminio quando si utilizza il processo Hall-Héroult. E in medicina, come testimoniato dalle canzoni citate. Ma già nel 1972 la prima batteria al litio era stata sviluppata dall’allora appena 31enne Stanley Whittingham, che avrebbe poi ricevuto nel 2019 il Premio Nobel per la Chimica. Col nuovo millennio la domanda di litio per batterie e batterie agli ioni di litio è aumentata. Dal 2007, un anno dopo un altro brano musicale sul litio degli Evanescence, è diventato questo l’uso dominante. Per ora, sopratuttto nei Pc.
Ma la grande scommessa è che le batterie agli ioni di litio possano dare maggiore potenza e densità energetica alle auto elettriche, che necessitano di un lungo tempo di ricarica. Quindi o si utilizzano per viaggi brevi e urbani, o si crea un sistema di cambio batterie con batterie già cariche, un po’ come si faceva con i cavalli alle stazioni di posta al tempo delle diligenze, oppure è necessario disporre di un motore ibrido. Ma il litio sta migliorando notevolmente queste prestazioni, e molto presto potremmo disporre di una batteria agli ioni di litio ricaricabile in pochi minuti come un pieno di benzina. Il litio è dunque il sogno della fine del petrolio.
Il petrolio del futuro
Ma come il petrolio ha rivestito un enorme ruolo nella geopolitica del Medio Oriente, così il litio potrebbe assurgere a un ruolo altrettanto importante nel triangolo sudamericano composto da Cile, Argentina e Bolivia, seppure, in realtà, esso si trovi in grandi quantità in altri paesi della regione. Secondo la U.S. Geological Survey, tra il 2016 e il 2021 la produzione mondiale di litio è quasi triplicata: da 35.000 a 100.000 tonnellate. Il primo produttore è l’Australia con 55.000 tonnellate, seguita dal Cile con 26.000, dalla Cina con 14.000, dall’Argentina con 6.200, dal Brasile con 1.500, dallo Zimbabwe con 1.200 e dal Portogallo con 900. Ma il 56% degli 89 milioni di tonnellate di riserve individuate, si trova nel triangolo sudamericano: in Bolivia con 21 milioni di tonnellate, in Argentina con 19 milioni, in Cile con 9,8 milioni. Se si aggiungono 1,7 milioni di tonnellate di riserve certificate in Messico, 880.000 in Perù e 470.000 in Brasile, l’America Latina raggiunge il 59% nella produzione mondiale.
Oro bianco e politica: lo scandalo Mosqueira
Lo scorso giugno, un allarme mediatico rivelava che nell’area del triangolo latinoamericano Russia e Cina stavano per metterci le mani. Più nel dettaglio: l’impresa cinese Ganfeng in Argentina e in Messico, e la Byd in Cile; la russa Uranium One, in Cile. Proprio nel momento in cui Mosca e Pechino avrebbero dovuto essere state marginalizzate, l’una per l’aggressione all’Ucraina e l’altra per la sua opacità nella questione Covid, le loro imprese apparivano invece in prima linea in un settore cruciale approfittando anche del noto risentimento che da sempre l’America Latina nutre contro gli Usa e in parte contro l’Europa. Un indizio è lo scandalo che ha tirato in ballo il figlio del presidente boliviano Luis Arce, durante un programma pilota, tramite il quale la società di stato Yacimientos de Litio Boliviano (Ylb) doveva selezionare, tra otto multinazionali, quella che impiegasse la tecnologia più pulita ed efficiente per sfruttare le risorse locali. In quel frangente, sui canali social, era stata diffusa una foto che ritraeva il figlio del Presidente, Luis Marcelo Arce Mosqueira, con due dirigenti della compagnia russa Uranium One, una delle otto società in concorso. Inoltre, Ylb, in quel momento, aveva licenziato dipendenti di alto livello e amministratori specializzati, per sostituirli con persone prive di esperienza nel settore ma legate al governo. Stampa e opposizione hanno insinuato degli accordi sotto banco, accusando Arce Mosqueira di aver lavorato con la compagnia statale Yacimientos Petroliferos Fiscales Bolivianos (Ypfbche) senza avere avuto alcun incarico specifico e senza alcuna competenza. Una preferenza per la Russia la conferma anche il viaggio che il ministro degli Esteri Rogelio Mayta aveva compiuto a Mosca nell’ottobre 2021, per un incontro che avrebbe avuto il litio tra i temi principali.
Questioni scottanti in Bolivia
La questione in Bolivia è scottante per vari motivi. Carlos Mesa è del Movimento per il Socialismo (Mas), il partito di Evo Morales, che a fine 2019, dopo 13 anni al potere, fu rimosso dalla presidenza per una sommossa da lui stesso definita un golpe, pilotato da chi voleva mettere le mani sul litio boliviano; la sommossa, in realtà, era stata innescata da accuse di brogli dopo l’auto-ricandidatura di Morales con la violazione della Costituzione. È vero però che il litio in Bolivia è stato a lungo non valorizzato per un vuoto legislativo, ufficialmente motivato da preoccupazioni ambientali. Morales si era in effetti aggiudicato un contratto di sfruttamento del litio con la società tedesca Acisa, ma poi era stato sospeso poco prima della sua deposizione, per resistenze delle comunità locali che avevano spaccato il Mas. Tuttora, il partito appare molto diviso sul disegno di legge con cui Luis Arce vorrebbe consentire anche ad aziende private di sfruttare la risorsa. Per ora, lo può fare solo lo Stato. Va ricordato che nei mesi successivi il divario nel partito, tra i sostenitori di Arce e quelli di Morales, si è allargato fino ad arrivare ad accuse, insulti e violenze fisiche. Già Ministro dell’Economia, Luis Arce è stato candidato alle elezioni indette dal governo provvisorio, in seguito alla deposizione di Morales, e le ha vinte. Invece che da prestanome e delfino dell’ex presidente, ha agito per conto proprio e subito dopo anche Morales ha iniziato a rilanciare le accuse contro il figlio di Mesa.
L’onnipresenza della Cina e il progetto Mariana
In Argentina, i governi locali hanno il potere di allocare risorse a società private in cambio di entrate, mentre in Cile, il governo di Gabriel Boric ha puntato alla nazionalizzazione del litio, così come in Messico ha fatto Andrés Manuel López Obrador. In tutti questi paesi, la Cina era comunque presente. Peraltro, anche in Bolivia, quattro delle società in lizza erano cinesi: Contemporary Amperex Technology, Fusion Enertech, Citic Guoan Group e Tbea Group. A parte l’impresa russa Uranium One, c’erano poi la argentina Tecpetrol e le statunitensi Lilac Solutions y EnergyX. Quest’ultima ha promesso di investire in loco 100.000 dollari per educazione e salute. Sempre sul litio sono stati firmati protocolli d’intesa con la Spagna, la Corea del Sud e la Cina.
Nel nord-ovest dell’Argentina, in particolare, la Ganfeng di Xinyu, primo produttore di litio cinese, con la sua filiale locale Litio Minera Argentina ha iniziato la costruzione del progetto Mariana, da 600 milioni di dollari. È in quel salar (=lago salato) de Llullaillaco, a 140 km a sud del salar de Atacama, che si trova il primo sito di estrazione di litio in salamoia del mondo. La riserva boliviana è invece nel salar di Uyuni. Al progetto Mariana prende parte la Provincia di Salta, assieme al governo federale. Con 4.140.000 tonnellate di carbonato di litio, sarebbe uno dei maggiori depositi di litio del mondo, in una zona in cui l’aridità rende il processo di estrazione particolarmente facile.
Una preferenza per i governi di sinistra?
Quella per russi e cinesi può sembrare una preferenza dei governi di sinistra, ma anche il governo di destra di Sebastián Piñera, poco prima della fine del suo mandato in Cile, aveva annunciato l’assegnazione di due quote di produzione da 80.000 tonnellate alla cilena Operaciones Mineras del Norte S.a. e alla Bid Chile SpA, filiale locale della società di Shenzhen. Solo che il nuovo presidente di sinistra Gabriel Boric ha vinto le elezioni con un programma in cui era prevista anche la creazione di un’impresa nazionale del litio, e dopo un ricorso, la corte di appello ha sospeso i due contratti. Si attendeva la nuova Costituzione, poichè quella ereditata da Pinochet vieta questo tipo di nazionalizzazioni. Ma al plebiscito costituzionale del 4 settembre il progetto di nuova Carta è stato bocciato, per cui si è imposto un nuovo rinvio.
Anche in Messico, che ha riserve da 1,7 milioni di tonnellate, il presidente di sinistra Andrés Manuel López Obrador, il 20 aprile ha fatto approvare una legge per nazionalizzare il litio attraverso la società di Stato LitioMx, creata ad agosto. Principale vittima è stata la Bacanora Lithium, che operava a Sonora: in teoria anglo-canadese, ma comprata nel 2021, per 264 milioni di dollari, a sua volta dalla cinese Gangfen. Ma il 15 novembre Lóper Obrador ha fatto un discorso in cui ha spiegato che ora è importante attrarre capitali stranieri, in modo da poter avviare la produzione per la seconda metà del 2024.
Di sinistra, ma più moderato, era il presidente del Perù Pedro Castillo, che chiedeva che il minerale fosse esportato con valore aggiunto, per creare più lavoro. In Perù il contratto è con la canadese American Lithium.
Una “Opec” del litio
Nel frattempo il 20 luglio scorso i governi di Cile e Argentina, in un summit bilaterale, avevano avviato il dialogo per un coordinamento della gestione del litio, con l’intenzione di coinvolgervi anche la Bolivia. I due paesi avevano parlato anche della nascita di una “Opec del litio”. Ma il 14 dicembre il sottosegretario agli Esteri cileno, José Miguel Ahumada, pur riconoscendo la creazione di un “tavolo di lavoro” sul tema col governo argentino, ha smentito formalmente ogni ipotesi di creare un cartello. “L’obiettivo è solo compartire esperienze e forme di produzione relative al litio”, ha dichiarato. Sicuramente esiste l’obiettivo di scalare una “catena di valore” e in proposito si sono tenute due riunioni, una in Cile a giugno e un’altra in Argentina ad agosto, ma la Bolivia non è stata ancora coinvolta.
L’accordo Cile – Ue
Il 9 dicembre è stata firmata la “modernizzazione” di un accordo di associazione tra Cile e Unione Europea. Ancora da ratificare sia da parte del Parlamento Europeo che del Congresso cileno, l’accordo garantisce al Cile la possibilità di esportare più salmone, pollo, cereali e cioccolato, in cambio di un maggiore accesso della Ue alle sue materie prime e di una miglior tutela degli investimenti, il tutto in un accordo quadro che parla anche di diritti sociali e del lavoro, di tutela dell’ambiente, di controllo della società civile. Nei commenti, il litio a un prezzo preferenziale viene appunto indicato come uno dei maggiori guadagni dell’Europa.
In effetti, anche se superficialmente dall’esterno si parla di asse tra governi di sinistra latino-americani, in realtà ci sono forti divaricazioni. A parte la Bolivia, che mantiene una rivendicazione irredentista su uno sbocco al mare perso a favore del Cile con l’ottocentesca Guerra del Pacifico, è netta la contrapposizione tra la linea filo-russa tenuta dalla Bolivia sulla guerra ucraina e il fermo appoggio più volte espresso da Boric a Zelensky. C’è divergenza anche sulla deposizione di Castillo. Argentina, Bolivia, Messico e Colombia hanno diffuso una nota in cui dicono che Castillo è stato deposto da un colpo di Stato. Invece, il Cile di Boric dichiara che Castillo è stato deposto perché lui stesso ha provato a fare un colpo di Stato.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/marzo di eastwest
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Dalle nevrosi dei Nirvana al discorso sullo stato dell’Unione di Ursula von der Leyen: così potrebbe essere riassunto il percorso del litio nell’ultima trentina di anni. “Il litio e le terre rare saranno presto più importanti di petrolio e gas”, ha infatti ricordato il 15 settembre a Strasburgo al Parlamento Europeo la Presidente della Commissione Ue. “Oggi quasi il 90% delle terre rare e il 60% del litio vengono lavorati in Cina. Identificheremo progetti strategici lungo tutta la filiera, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo. E creeremo riserve strategiche dove l’offerta è a rischio”.
Un discorso per annunciare una “legge europea sulle materie prime critiche”, che assieme agli altri incentivi decisi da Joe Biden negli Stati Uniti porta dunque a rilanciare lo slogan sul litio come “oro bianco” e “petrolio del futuro”. Nel 1991 Lithium fu una hit scritta da Kurt Cobain per i Nirvana. Il litio del titolo, nella canzone, è uno stabilizzatore dell’umore per prevenire il comportamento maniacale acuto nei pazienti con disturbo bipolare, ed è quindi una metafora per indicare l’instabilità mentale.