Il 28 maggio il secondo turno: altre due settimane di campagna elettorale. La coalizione del Presidente in carica avrà la maggioranza in Parlamento
I cittadini della Turchia avranno a disposizione altre due settimane per decidere chi sarà il loro Presidente per i prossimi 5 anni, un’incertezza causata dall’incapacità sia di Recep Tayyip Erdoğan che del leader dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu di assicurarsi il 50%+1 dei voti, condannando le parti al ballottaggio del 28 maggio. Quella di ieri è stata una giornata intensa per la democrazia turca, tra accuse reciproche, profonda diffidenza e tentativi di convincere l’elettorato che il risultato fosse scontato per scoraggiare la corsa alle urne.
Tuttavia, il popolo turco si è presentato in massa alle elezioni: ha votato l’89% degli aventi diritto, dando slancio a una competizione storica, quella dell’anno del centenario, in attesa del verdetto finale che segnerà non solo la nazione turca ma anche lo standing internazionale del Paese. Da segnalare l’ulteriore scivolamento della lira turca che, proprio a causa della rimandata elezione, crolla ulteriormente nel suo valore di scambio col dollaro intorno a 19.66, non lontana dal livello di marzo, quando subì i contraccolpi del terremoto.
Questione economica diventata centrale nel corso della breve campagna elettorale, disputata in un lasso di tempo limitato vista la vicinanza delle elezioni al Ramadan ma che, considerando il ballottaggio, subirà un allungamento decisivo per i contendenti. Erdoğan ha parlato ai suoi supporter dal balcone della sede dell’AKP, sostenendo di aver ricevuto voti a sufficienza per la vittoria, in attesa dell’ufficialità “del volere della nazione”. Ciononostante, ha affermato che avrebbe accettato una seconda sfida.
Parole non dissimili da Kılıçdaroğlu, che ha aggiunto: “Nonostante le bugie e gli attacchi, Erdoğan non ha ricevuto l’esito aspettato. Le elezioni non si vincono dal balcone”, in riferimento al discorso dell’attuale Presidente. “Se la nazione ha deciso per il secondo turno, accetteremo: vinceremo, lo vedranno tutti”. Il leader dell’opposizione, del partito CHP fondato da Mustafa Kemal, era considerato dai sondaggi potenzialmente vittorioso già al primo turno, fatto che inasprisce le tensioni e alimenta i dubbi sul conteggio delle schede, come segnalato anche da Sinan Oğan, terzo incomodo e potenziale kingmaker del ballottaggio. Con il suo 5.28% di voti, Oğan potrebbe cambiare le sorti della politica turca. “I nazionalisti turchi e gli ataturkisti sono nella posizione di poter vincere le elezioni”, ha scritto su Twitter.
In attesa del 28 maggio, è innegabile la straordinarietà degli eventi che, dopo 20 anni di potere, vedono Erdoğan in chiara ed evidente difficoltà nell’imporsi come figura incontrastata del panorama politico turco. L’accentramento dei poteri in un unico ruolo ha causato un irrigidimento delle posizioni delle varie opposizioni che, pur di riuscire a scalzare il leader dell’AKP, sono scese a compromessi rilevanti, con una piattaforma che mette al centro il Parlamento.
L’esatto opposto del modus operandi dell’attuale Presidente che, se dovesse perdere il ballottaggio, rimarrà comunque decisivo, dato che la coalizione da lui guidata mantiene la maggioranza parlamentare. Forse proprio ciò di cui ha bisogno la Turchia: l’esigenza di confronto tra le varie parti che, in questo potenziale scenario, obbligherebbe le formazioni politiche a decidere, all’interno delle istituzioni, le sorti future del Paese.