Incerto il cammino della normativa For the People Act. Repubblicani pronti all’ostruzionismo
Negli Stati Uniti, dove il 56% degli elettori repubblicani è convinto che le ultime elezioni siano state truccate e il 53% dei supporter del partito dell’elefante crede che Donald Trump sia il Presidente, è da mesi in atto in numerosi Stati controllati dal Grand Old Party l’avanzamento di leggi restrittive del voto.
Di facciata, la finalità è quella di garantire un regolare svolgimento delle tornate elettorali senza rischi di brogli, che negli States non ci sono stati. In realtà, dietro questa scelta si cela la volontà di sopprimere l’esercizio democratico del voto, specie per i cittadini in maggiore difficoltà economica e con meno risorse per accedere alle sempre più complicate richieste dei legislatori nell’accertare la loro idoneità all’espressione del consenso nei seggi elettorali.
For the People Act
L’ondata di soppressione al voto verificatasi all’indomani dell’elezione di Joe Biden ha spinto il Congresso democratico alla ripresentazione di una normativa, ribattezzata For the People Act, volta all’espansione dei diritti dei cittadini. Ad esempio, la legge prevede la registrazione automatica al voto per le elezioni federali nei singoli Stati, l’espansione della possibilità del voto per posta, l’indizione del giorno delle elezioni come festa per permettere maggiore partecipazione al voto.
Ma non solo: For the People Act bloccherebbe la pratica del gerrymandering, la modifica dei confini dei distretti federali basata sul voto della maggioranza in carica, che mira al frazionamento del voto degli avversari. Con la nuova legge, a sancire i margini della circoscrizione elettorale sarebbe una commissione indipendente. Inoltre, è previsto un controllo superiore sulle donazioni alle campagne elettorali.
Il passaggio in Senato
Sarà estremamente complicato votare la legge, visto l’ostruzionismo annunciato dai repubblicani e una certa difficoltà nel supportare For the People Act da parte di alcuni esponenti democratici. Il Senato conta 50 membri per partito, con la maggioranza appesa al solo voto della vice Presidente Kamala Harris. Ma sul prosieguo della normativa pesa la procedura parlamentare chiamata filibuster.
Questa pratica ha come protagonisti gli esponenti contrari alla legge che, per prassi, possono parlare per tutto il tempo che ritengono opportuno. Senza considerare alcune particolarità, per bloccare la discussione della normativa normalmente sono necessari 60 consensi tra i Senatori, occasionalmente 51 invocando la cosiddetta nuclear option.
Il ruolo del Dipartimento di Giustizia
Il leader dei Repubblicani, Mitch McConnell, ha definito la legge una “proposta disastrosa, un assalto all’idea basilare che gli Stati, non il Governo federale, debbano decidere come gestire le proprie elezioni”. Ma l’amministrazione Biden si muove anche su altri versanti, cercando di fermare la soppressione del voto negli Stati tramite il Dipartimento di Giustizia.
Il Procuratore Generale Merrick Garland ha affermato che passeranno allo scrutinio del suo ufficio tutte le leggi e i regolamenti finalizzate alla restrizione dei diritti di voto, annunciando l’invio di linee guida sulle procedure da seguire relativamente alle tornate elettorali, compreso il voto per posta e gli audit post-elettorali. In Georgia, ad esempio, dopo la nuova normativa, diventa più complicata la registrazione alle liste elettorali, e diminuiscono le postazioni dove poter imbucare il voto da trasmettere via posta.
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