Cosa pensa l’opinione pubblica americana di Israele
Secondo un rapporto del Pew Research Center, per gli ebrei americani il legame con Israele non passa necessariamente per un sostegno incondizionato alle sue scelte politiche
Secondo un rapporto del Pew Research Center, per gli ebrei americani il legame con Israele non passa necessariamente per un sostegno incondizionato alle sue scelte politiche
Il business as usual non vale più. La risposta statunitense alla guerra di Gaza è fino a oggi di quelle date in automatico, almeno nella sua parte pubblica. “Ogni vittima è una tragedia, ma Israele ha diritto a difendersi dalla aggressione di Hamas”: questa è sostanzialmente la frase che leggiamo in ciascun comunicato e nelle trascrizioni delle telefonate tra diplomatici statunitensi e Ministri degli Esteri dei Paesi della regione. Prima dell’escalation, la posizione americana era più articolata, l’idea era quella di fare pressione su Israele affinché evitasse azioni come gli sgomberi di Sheikh Jarrah destinati a infiammare gli animi – e fornire un alibi ad Hamas per il lancio di razzi. Quell’atteggiamento non ha impedito l’escalation e oggi gli Stati Uniti frenano una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu con l’argomento che condannare l’azione di Israele non faciliterebbe il compito dei mediatori sul campo.
Il rapporto del Pew Research Center sugli ebrei americani
Questa è la situazione internazionale e per certi aspetti somiglia al passato. La novità, Biden se la trova in casa: l’opinione pubblica ebreo-americana e quella americana in generale stanno progressivamente cambiando idea sul sostegno incondizionato allo Stato ebraico. Non c’è odio o inimicizia ma un punto di vista meno univoco. Partiamo dal dato sugli ebrei americani. In un rapporto recente pubblicato dal Pew Research Center leggiamo: “Quasi sei ebrei statunitensi su dieci dicono di essere molto legati emotivamente (25%) o un po’ legati emotivamente (32%) a Israele. La percentuale di adulti che sono almeno un po’ attaccati a Israele è due volte più alta tra gli ebrei religiosi (67%)”, che tra quel quarto circa di ebrei americani che non sono religiosi (33%). Due terzi degli interrogati dal Pew ritengono che la coesistenza pacifica sia possibile e il 54% non ha una buona opinione di Netanyahu. I giovani e i non religiosi esprimono queste convinzioni in percentuali più alte che gli anziani e i religiosi – poi c’è la relativamente alta percentuale di giovani ortodossi (17% degli under 30 contro un 9% in totale).
La maggioranza degli ebrei americani ha un giudizio negativo sulle politiche di Trump nei confronti di Israele, nonostante l’ambasciata a Gerusalemme e i riconoscimenti da parte di diversi Paesi della regione. Negli anni è cresciuto il numero di coloro che ritengono che il sostegno americano sia eccessivo. Nella comunità ebraica americana, dunque, il legame con Israele non passa necessariamente per un sostegno incondizionato alle sue scelte politiche. Ultimo dato: gli ebrei americani hanno votato Biden al 76%, il che spiega il giudizio su Trump ma complica la vita di Biden.
Cosa pensano gli americani di Israele
Poi c’è la società americana nel suo complesso. Guardiamo all’osservatorio Gallup. Israele è visto con favore dalla stragrande maggioranza degli americani, ma nell’ultimo quadriennio la simpatia complessiva cala (da 64% a 58%) e cresce quella per l’Autorità palestinese (da 19% a 25%). Cresce nettamente la percentuale di coloro che ritengono che Washington dovrebbe mettere più pressione su Israele affinché si impegni in un processo di pace (+7% tra 2018 e oggi). Naturalmente le differenza di giudizio passano anche per il voto: i democratici e gli indipendenti sono più critici nei confronti di Israele che non i repubblicani. Il partito di Trump ha un legame affettivo con Netanyahu e uno religioso con Israele. Gli evangelici americani hanno una relazione speciale con lo Stato ebraico per ragioni religiose e politiche, in pillole: la nascita di Israele conferma la profezia del ritorno di Gesù, mentre a partire dagli anni ’70 anche il sostegno in termini di lobby, pressione sulle amministrazioni repubblicane e sostegno economico è una costante. Con il passare degli anni gli evangelici hanno teso a sostenere posizioni e punti simili a quelli della destra israeliana. Gli evangelici, tra l’altro, sono contrari al processo di pace (sempre per motivi religiosi).
La condanna dei media e dei Dem
Il problema è dunque tutto in casa Biden. Diversi media americani importanti hanno pubblicato articoli critici di autorevoli commentatori ebrei. “Come Trump, sia Bibi che Hamas hanno mantenuto il potere ispirando e cavalcando onde di ostilità verso “l’altro”. Si rivolgono a questa tattica ogni volta che si trovano nei guai politici”, scrive Thomas Friedman sul New York Times (Friedman non è la nuova generazione, è establishment), mentre Peter Beinart su Jewish Currents provoca sostenendo che il diritto al ritorno vale a Sheikh Jarrah come per i palestinesi. Voci di sinistra come +972Mag sono minoritarie ma persino più dure.
Ci sarebbero altri esempi, quasi tutti interni al mondo democratico. Bernie Sanders ha scritto un editoriale sul New York Times in cui chiede di rivedere la posizione americana e di tagliare gli aiuti militari; la rappresentante del Minnesota McCollum ha presentato un progetto di legge che impedirebbe agli aiuti militari Usa di finanziare la detenzione di bambini palestinesi, il sequestro o la distruzione di proprietà palestinesi, o l’annessione di territori. La legge non verrà nemmeno discussa, ma è un segnale. Poi ci sono i toni durissimi della Squad di Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Rashida Tahib (di origini palestinesi) e Cori Bush. Persino il senatore del New Jersey Menendez, un filo israeliano vecchia maniera, ha diffuso un comunicato critico dopo l’abbattimento dell’edificio nel quale lavoravano AP e al Jazeera.
Nel complesso, segmenti importanti dell’opinione pubblica democratica fanno fatica a guardare quanto succede a Gaza senza immaginare una politica diversa verso Israele. Non ostile, ma neppure sempre uguale. Come e quanto questa opinione influenzerà la politica estera degli Stati Uniti o costerà consensi a Biden lo scopriremo nelle prossime settimane.
Secondo un rapporto del Pew Research Center, per gli ebrei americani il legame con Israele non passa necessariamente per un sostegno incondizionato alle sue scelte politiche
Il business as usual non vale più. La risposta statunitense alla guerra di Gaza è fino a oggi di quelle date in automatico, almeno nella sua parte pubblica. “Ogni vittima è una tragedia, ma Israele ha diritto a difendersi dalla aggressione di Hamas”: questa è sostanzialmente la frase che leggiamo in ciascun comunicato e nelle trascrizioni delle telefonate tra diplomatici statunitensi e Ministri degli Esteri dei Paesi della regione. Prima dell’escalation, la posizione americana era più articolata, l’idea era quella di fare pressione su Israele affinché evitasse azioni come gli sgomberi di Sheikh Jarrah destinati a infiammare gli animi – e fornire un alibi ad Hamas per il lancio di razzi. Quell’atteggiamento non ha impedito l’escalation e oggi gli Stati Uniti frenano una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu con l’argomento che condannare l’azione di Israele non faciliterebbe il compito dei mediatori sul campo.
Il rapporto del Pew Research Center sugli ebrei americani
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