Puntando sull’innovazione e su una prudente cooperazione regionale, l’Uzbekistan nel 2022 è passato da 86° a 82° nell’Indice Globale dell’Innovazione e tra i primi in Asia centrale. In un solo anno, le compagnie uzbeke che hanno superato il milione di dollari di fatturato sono passate da 5mila a 26mila
Le pulsioni dell’innovazione hanno attraversato le terre dell’Uzbekistan in ogni epoca storica, anche quando il nome di quelle regioni era completamente diverso da quello attuale. Tra il decimo e l’undicesimo secolo, quando la città di Bukhara rappresentava già uno degli astri più luminosi nel firmamento culturale della civiltà islamica, le sue strade erano percorse da grandi innovatori del calibro di Avicenna, uno dei massimi scienziati e filosofi dell’epoca, a cui si devono alcuni dei trattati più importanti nel campo della medicina. Non è certamente un caso che città carovaniere come Bukhara e Samarcanda, snodi cruciali lungo la via della seta, siano state celebrate sin dall’antichità per il loro splendore, per la ricercatezza delle loro architetture, per il vino e i giardini lussureggianti, ma anche per i fermenti intellettuali e culturali che le hanno sempre animate, e che le hanno sempre spinte un passo avanti rispetto alla maggior parte delle altre città centroasiatiche, fino all’arrivo dell’ondata devastatrice portata da Gengis Khan e dalle orde dei mongoli.
Al giorno d’oggi, a più di trent’anni dall’indipendenza dall’Unione Sovietica, l’Uzbekistan è una tigre asiatica pronta a scattare. Con l’avvento del presidente Shavkat Mirziyoyev, che dal 2016 ha sostituito Islam Karimov alla guida del Paese, l’Uzbekistan è entrato con grande rapidità in una nuova fase della sua esistenza, caratterizzata soprattutto dall’avvio di grandi riforme, da una marcata enfasi sul progresso tecnologico e sul ruolo dell’innovazione, e da un’apertura economica senza precedenti verso l’esterno, con la precisa volontà di attirare investitori stranieri e nuovi flussi di capitale in grado di finanziare i numerosi progetti tecnologici e infrastrutturali che costituiranno la sua nuova spina dorsale. Anche se il 35% della popolazione è ancora impiegato nel settore agricolo, la presidenza Mirziyoyev ha già manifestato la chiara volontà di puntare forte sull’innovazione, sulla digitalizzazione e sul supporto della tecnologia in tutti i settori, con l’obiettivo di inaugurare una nuova fase di crescita economica che accresca la reputazione internazionale della nazione e che la trasformi in una vera e propria guida per gli altri Paesi dell’Asia Centrale, di cui rappresenta senz’altro l’economia più solida e resiliente.
Per raggiungere questi scopi, Tashkent intende promuovere fermamente anche la cooperazione interregionale, in particolare con tutti quei Paesi che formano l’organizzazione degli stati turchi, di cui il leader uzbeko Shavkat Mirziyoyev è attualmente il presidente. Nel corso del primo meeting dell’organizzazione, tenutosi proprio in Uzbekistan lo scorso novembre, gli stati membri (ossia Turchia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Azerbaigian, Turchia e Uzbekistan, con Ungheria e Turkmenistan nel ruolo di osservatori) hanno ribadito la loro ferma volontà di promuovere la cooperazione reciproca e l’implementazione di alcuni progetti innovativi, specialmente nel settore dei trasporti, con lo scopo di aumentare la connettività internazionale tra i membri e di aprire nuove vie commerciali.
Per una nazione come l’Uzbekistan, completamente priva di sbocchi sul mare, investire sulla qualità e sull’efficienza dei trasporti rappresenta un obiettivo della massima importanza. Nel corso degli ultimi cinque anni, nonostante i terribili disagi legati al Covid-19, l’Uzbekistan è riuscito a incrementare di 1.4 miliardi di tonnellate il volume dei propri trasporti, cresciuti nel complesso del 25%. Gli obiettivi per il futuro sono estremamente chiari: Tashkent intende sviluppare ulteriormente il trasporto multimodale, promuovere una maggior interazione tra i diversi tipi di trasporto e sfruttare al massimo la digitalizzazione, utilizzandola soprattutto per facilitare le procedure di transito e per ridurre i costi dei trasporti (e anche i tempi di consegna). L’Uzbekistan, da questo punto di vista, è già al lavoro per implementare una tecnologia satellitare che permetta di monitorare i flussi di trasporto, e al varco internazionale di Keles, nella parte orientale del Paese, si sta già impiegando l’intelligenza artificiale per determinare il peso dei vagoni che superano il confine con il Kazakhstan, senza costringerli a fermarsi.
La pulsione dell’innovazione, al momento, sta innervando il settore dei trasporti uzbeki nella sua interezza, rendendosi quasi percepibile ad occhio nudo. L’Uzbekistan è stato il primo Paese in Asia Centrale a introdurre il Tir-Epd, una tecnologia per il trasporto su gomma che consente la presentazione di documenti elettronici alle autorità doganali, favorendo così lo snellimento e la sostanziale accelerazione delle procedure di transito. Con un sistema di trasporti alimentato dalla digitalizzazione, l’Uzbekistan – insieme alle altre nazioni turche dell’Asia Centrale – potrebbe diventare un ponte strategico di collegamento con la sezione meridionale dell’Asia, con il Pakistan e con l’India, rafforzando anche le capacità dei corridoi transcontinentali che collegano la Cina all’Europa, e viceversa.
Per raggiungere i suoi obiettivi strategici, l’Uzbekistan ha dunque a disposizione due leve principali: la prima è quella legata all’innovazione e alla digital economy, che nei piani di Tashkent dovrà diventare il fondamentale motore economico della nazione (non a caso, uno dei primi provvedimenti del nuovo presidente Mirziyoyev, nel 2017, fu l’istituzione del Ministero per lo Sviluppo Innovativo, che prima non esisteva). La seconda è legata alla cooperazione regionale e internazionale, in particolare grazie ai sistemi di alleanze di cui Tashkent è già un attore di spicco (come l’organizzazione delle nazioni turche), ma anche con un’intelligente gestione delle proprie relazioni internazionali con Cina, Russia e Unione Europea.
“Nel 2022 l’Uzbekistan è passato dall’86° all’82° posto dell’Indice globale dell’innovazione e, secondo gli esperti internazionali, è salito sul podio dello sviluppo innovativo in Asia centrale e meridionale insieme a India e Iran. È inoltre degno di nota il fatto che il ritmo di sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione in Uzbekistan si sia rivelato superiore alle aspettative – spiega Khikmatilla Ubaydullaev, consulente capo del dipartimento per le comunicazioni dell’amministrazione del Presidente dell’Uzbekistan − Secondo le Nazioni Unite, una cooperazione efficace tra i Paesi dell’Asia centrale potrebbe raddoppiare il Pil regionale in dieci anni”.
Le caratteristiche geografiche dell’Uzbekistan, insieme alla sua chiara volontà di affermarsi come hub regionale dei trasporti, hanno spinto Tashkent tra le braccia della Cina di Xi Jinping, favorendo così l’adesione della nazione centroasiatica al più grande progetto infrastrutturale che la storia abbia mai conosciuto: la Belt and Road Initiative. Per l’Uzbekistan, essere parte integrante delle nuove vie della seta non significa soltanto rafforzare il proprio sistema dei trasporti, rendendolo più moderno, innovativo ed efficiente, ma rappresenta anche un’occasione unica per accedere ai mercati dell’Asia meridionale, attraversando corridoi logistici in grado di aggirare l’imprevedibile Afghanistan. Uno dei progetti più interessanti, da questo punto di vista, è senz’altro la ferrovia China-Kyrgyzstan-Uzbekistan, che darà vita a un corridoio multimodale di 4380 km in grado di connettere Tashkent alla città cinese di Lanzhou, passando per il territorio del Kyrgyzstan. Per il prossimo giugno è prevista la realizzazione di uno studio di fattibilità del progetto, che dovrebbe così avviarsi verso una sua piena e definitiva implementazione. La collaborazione con l’Uzbekistan è particolarmente vantaggiosa anche per la Cina: non potendo sfruttare al massimo i corridoi di collegamento settentrionali, a causa delle sanzioni imposte alla Russia dalla comunità internazionale, l’attenzione di Pechino si sta concentrando sempre di più sull’Asia Centrale e sul potenziamento della sua rete infrastrutturale, che per Pechino rappresenta la prima tappa in direzione dei mercati europei.
La spinta innovativa e la sostanziale tenuta dell’economia uzbeka durante il Covid-19, insieme alla chiara consapevolezza dei propri obiettivi, hanno permesso alla nazione centroasiatica di scegliere con cura i propri interlocutori, consentendole in alcuni casi anche di opporre dei netti rifiuti alle proposte di alcuni storici partner. Pur disponendo di una quantità di gas appena sufficiente al proprio fabbisogno nazionale, e ad onta delle crisi energetiche che interessano gran parte del Paese, l’Uzbekistan ha recentemente rifiutato di unirsi a una triplice alleanza sul gas insieme alla Russia e al Kazakhstan, ribadendo che le eventuali partnership siglate con Stati stranieri saranno basate soltanto sui reciproci vantaggi commerciali, e non sull’accettazione di determinate condizioni politiche. Negli scorsi mesi, commentando il conflitto russo-ucraino, il ministro degli esteri uzbeko aveva ribadito che Tashkent riconosce l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Le ragioni di questo atteggiamento così fiducioso, da parte dell’Uzbekistan, potrebbero affondare anche nella precisa consapevolezza del proprio potenziale innovativo, anche dal punto di vista dell’energia. Dopo l’inaugurazione di un importante impianto solare termico, avvenuta nel 2021, l’Uzbekistan ha formalmente avviato la realizzazione del parco eolico di Zarafshan, nella regione centrale di Navoyi, che produrrà energia elettrica per ben 500mila abitazioni e renderà possibile il risparmio di un milione di tonnellate di diossido di carbonio ogni anno. Questi progetti sono pienamente in linea con gli obiettivi dell’Uzbekistan, che entro il 2026 intende sfruttare le energie rinnovabili per produrre un quarto della sua elettricità (la maggior parte attraverso l’energia solare, il resto con i parchi eolici). Questa ondata di rinnovamento nel settore dell’energia, per l’Uzbekistan, renderà possibile anche il definitivo superamento della tecnologia energetica ancora in uso in alcune parti del Paese, basata in larga parte su centrali termiche obsolete e su un sistema sostanzialmente inefficiente e foriero di gravi disagi per la popolazione.
L’Uzbekistan sta attraversando una fase cruciale della sua esistenza. Tutto il suo potenziale economico, che per anni è rimasto confinato nel più grande mercato sottosviluppato dell’Asia Centrale, sta finalmente iniziando ad emergere, anche grazie alle politiche di rinnovamento avviate dall’amministrazione Mirziyoyev e alla sua precisa volontà di puntare sull’innovazione, vista come il principale volano per la crescita, e sulla cooperazione reciproca con le nazioni sorelle dell’Asia Centrale. La musica sta cambiando in fretta: in un solo anno, le compagnie uzbeke che hanno superato il milione di dollari di fatturato sono passate da 5mila a 26mila. Altre aziende continuano ad arrivare, ingolosite dai fermenti innovativi e dal continuo sviluppo del settore tecnologico di una nazione che, per il 50%, è composta da persone con meno di trent’anni d’età. Continuando a puntare sulla digitalizzazione, e bilanciando sapientemente le proprie relazioni con Cina, Russia e Occidente, il presidente Mirziyyev ha la preziosa opportunità di diventare il principale alfiere del rinnovamento, il condottiero della nazione in una delle fasi più delicate della sua storia recente. Con ogni probabilità, l’Uzbekistan non riuscirà mai a eguagliare lo splendore del suo periodo d’oro, vissuto in epoca samanide nelle città di Bukhara e Samarcanda, ma potrà comunque provare ad avvicinarvisi. La scintilla dei dell’innovazione, in un futuro non troppo lontano, potrebbe illuminare percorsi e sentieri che fino ad allora erano rimasti completamente celati, aprendo così un ventaglio di succose possibilità.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/marzo di eastwest
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