Joe Biden a settembre, ora Xi Jinping. E‘ il terzo viaggio di Xi ad Hanoi, dopo i due del 2015 e del 2017. Ma sei anni dopo, è cambiato tutto. La guerra in Ucraina ha spinto il Vietnam a comprare armi Usa, per timore di un allineamento sinorusso e le difficoltà di Mosca a mandare armi.
Quando lo scorso 10 settembre Joe Biden ha varcato la soglia del quartier generale del Partito Comunista Vietnamita di Hanoi, il mondo ha raccontato quel momento come “storico”. Non era un’esagerazione, ma era sbagliato pensare che quella visita del presidente degli Stati Uniti avesse improvvisamente arruolato o anche solo sbilanciato il Vietnam nei suoi rapporti internazionali.
La prova di questo arriva martedì 12 e mercoledì 13 dicembre, quando in visita di Stato nel Paese del Sud-Est asiatico ci sarà Xi Jinping. Si tratta del terzo viaggio del presidente cinese in Vietnam, dopo i due precedenti del 2015 e del 2017. Sei anni dopo, è cambiato praticamente tutto.
La guerra in Ucraina ha spinto Hanoi a comprare armi e cercare tutela dagli Usa, per il timore di un crescente allineamento sinorusso e le difficoltà di Mosca a mandare armi come ha sempre fatto.
Ma subito dopo il viaggio di Biden, che con sé aveva portato decine di grandi imprese americane tra cui alcune tra le principali del settore di difesa, Hanoi ha cominciato a mandare segnali di garanzia verso Pechino. Secondo i media di Stato cinesi, il viaggio di Xi sarà concentrato su sei grandi aree: politica, sicurezza, cooperazione pratica, supporto pubblico, questioni multilaterali e problemi marittimi.
L’ultimo tassello di questo elenco è osservato con grande attenzione, vista l’irrisolta disputa territoriale sulle isole Paracelso nel mar Cinese meridionale. Prima dell’avvento di Ferdinand Marcos Junior, che ha portato le Filippine con grande decisione nell’alveo del sistema di alleanze statunitense in Asia-Pacifico, il Vietnam era senz’altro il Paese più deciso a far rispettare le proprie rivendicazioni tra quelli dell’area. E negli ultimi mesi le forze vietnamite hanno accelerato sulla costruzione di infrastrutture e sulla loro presenza nei pressi delle acque contese. Lo stesso ha fatto la Cina, che anzi ha mandato più spesso del solito navi nei tratti di mare più caldi, anche in risposta alla visita della portaerei americana Ronald Reagan al porto di Da Nang, vale a dire la città che sta esattamente di fronte alle isole contese e che ospita anche un museo che reitera le rivendicazioni vietnamite sul tema.
Ciò nonostante, il rapporto commerciale e politico tra Hanoi e Pechino continua a viaggiare spedito. Xi incontrerà, molto significativamente, tutti e 4 i cosiddetti pilastri del sistema politico vietnamita: il segretario generale del Partito comunista Nguyen Phu Trong (che da un anno prima di Xi ha avviato uno storico terzo mandato dopo la rottura del vincolo ufficioso dei due mandati), il presidente Vo Van Thuong, il primo ministro Pham Minh Chinh e il capo dell’assemblea nazionale Vuon Dinh Hue.
In cima all’agenda delle discussioni ci dovrebbe essere il trasporto ferroviario, con l’intenzione reciproca di costruire una linea ferroviaria ad alta velocità lungo il confine, dopo i progetti già conclusi da aziende cinesi in Indonesia e in Laos. Ampio spazio poi alla transizione energetica, col Vietnam a caccia di pannelli solari per sviluppare la sua industria fotovoltaica. La Cina, che domina il settore, può aiutare.
Hanoi e Pechino hanno profondissimi rapporti commerciali. Nonostante il Vietnam stia diventando sempre di più meta privilegiata delle grandi aziende internazionali, colossi digitali in primis, che cercano di diversificare le proprie linee di produzione dalla Cina, è impensabile una strategia di “riduzione del rischio” nei confronti di Pechino come quella promossa dall’Occidente.
Allo stesso tempo, in Vietnam non si è mai cancellato il ricordo dei quasi mille anni di dominazione dell’impero cinese. Pechino è senz’altro il vicino che fa più paura, anche se allo stesso tempo il Vietnam ha subito le guerre col coinvolgimento di Francia e Stati Uniti, diventando il luogo che forse più di tutti ha subito le devastazioni “calde” della prima guerra fredda. Ecco forse perché ora più di tutti il Vietnam vorrebbe evitarne una seconda, avvicinanosi agli Usa ma riaffermando il suo rapporto stretto con la Cina. Legami che sfociano sul fronte ideologico, vista la leadership comunista in entrambi i Paesi.
Le tensioni resteranno celate durante il viaggio di Xi, ma non significa che siano cancellate. Anche perché alla vigilia dell’arrivo del presidente cinese, ci sono state manovre navali vicino alle isole contese, mentre altre navi hanno attraccato per la prima volta in un porto in Cambogia, a poche decine di chilometri dal confine vietnamita. Peraltro non è escluso un trialterale che coinvolga oltre a Xi e i leader vietnamiti anche Hun Manet. Il premier cambogiano, erede di Hun Sen dopo le elezioni dello scorso luglio, si trova infatti in viaggio ad Hanoi lunedì 11 e martedì 12 dicembre.
La prova di questo arriva martedì 12 e mercoledì 13 dicembre, quando in visita di Stato nel Paese del Sud-Est asiatico ci sarà Xi Jinping. Si tratta del terzo viaggio del presidente cinese in Vietnam, dopo i due precedenti del 2015 e del 2017. Sei anni dopo, è cambiato praticamente tutto.