L’ex numero due della Nato, l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, aveva già evidenziato nel suo libro del 2009 “La strada per Kabul” le criticità dell’intervento occidentale in Afghanistan
Nel suo libro del 2009 “La strada per Kabul”, l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo – una lunga carriera alla Farnesina culminata con la nomina a segretario generale aggiunto dell’Alleanza Atlantica – i problemi e le criticità dell’intervento occidentale in Afghanistan li aveva già messi tutti in evidenza.
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Del resto, era stato proprio lui come “vice” del segretario della Nato, l’inglese George Robinson, ad aprire ufficialmente l’operazione Enduring Freedom l’11 Agosto del 2003, presiedendo un Consiglio Atlantico che raccoglieva il testimone dalla Germania, Paese che guidava, in quel momento, la coalizione creata dopo l’11 settembre per smantellare le centrali del terrore qaedista nell’Asia centrale sulla base delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che autorizzavano una Forza internazionale a Kabul per mantenere “una cornice di sicurezza”.
“Le ambizioni di allora erano altissime, – dice ora l’ambasciatore Minuto Rizzo – era quasi impossibile pensare a uno scenario diverso e che non vedesse vittoriosa l’Alleanza Atlantica nel confronto con le forze militari dei Talebani non supportati, almeno ufficialmente, da nessuna grande potenza”. E invece, nonostante l’enorme investimento finanziario e il sacrificio di tantissime vite umane, la coalizione guidata dagli Stati Uniti decise il 31 dicembre del 2014 di trasformare Enduring Freedom in una missione non più di contrasto ai Talebani ma solo di training e mentoring per le forze di sicurezza locali: la missione “Train and Equip”.
“Insomma – continua Minuto Rizzo – era come se avessimo deciso a un certo punto di combattere con una mano legata dietro alle spalle poiché il training, al quale tra l’altro non partecipavano tutti i Paesi dell’Alleanza, aveva obiettivi molto limitati per cui i militari Nato non potevano muoversi liberamente nel Paese per dare la caccia ai Talebani e non potevano nella maggior parte dei casi rispondere al fuoco nemico”.
L’accordo di Doha del 2020
Ma il vero momento in cui anche gli osservatori meno attenti capirono che ormai la partita per l’Occidente era definitivamente persa è l’accordo di Doha tra Usa e Talebani del 29 febbraio 2020. In quel momento avviene la vera e incondizionata “legittimazione” da parte degli Stati Uniti del cosiddetto “Emirato islamico dell’Afghanistan”. Così, almeno, viene chiamata più volte la controparte dai note-takers americani nei loro documenti ufficiali nei quali alla data del 29 febbraio 2020 viene accostata anche la data islamica di Sabato 5 Rajab 1441. “In quel documento gli Stati Uniti – osserva sempre Minuto Rizzo – parlano a nome dell’amministrazione di Washington citando però anche gli alleati, che in nessun caso vengono informati così come non è informata neppure la Nato. Ma quel che è peggio, al negoziato non viene invitato il Governo ufficiale di Kabul presieduto da Mohammad Ashraf Ghani Ahmadzai, che viene messo al corrente solo in una fase successiva; un accordo, peraltro, che non prevede un Piano B o condizioni particolari ma prevede semplicemente l’impegno dei Talebani a negoziare con il Governo ufficiale, cosa che nessuno pensava potesse avvenire”.
A quel punto, aggiunge l’ex segretario generale aggiunto della Nato, si è capito che la conclusione della missione vera e propria “era questione di tempo”. Un negoziato “anomalo”, voluto da Trump, in cui “il dato centrale appariva l’impegno a non organizzare attentati negli Stati Uniti dopo che i Talebani fossero entrati in un ipotetico Governo di coalizione. Promesse scritte sulla sabbia, poiché si trattava di una copertura di facciata, che il Governo di Kabul doveva ingoiare senza alcuna possibilità di manovra. Un duro colpo per il Governo uscito, sia pure a fatica, da un processo elettorale fortemente voluto a Washington. Ma quel che è peggio, al disimpegno americano è seguita anche la diminuzione della presenza degli alleati che hanno rivisto al ribasso il loro impegno”.
Sembra che solo il Regno Unito e l’Italia (i due Paesi che guidano quest’anno rispettivamente il G7 e il G20) abbiano sollevato perplessità in una recente ministeriale Difesa della Nato sulla decisione americana e si siano espressi a favore di un mantenimento anche a ranghi ridotti della missione in un quadro di rafforzamento delle istituzioni afghane.
Ma sulle istituzioni afghane, riflette Minuto Rizzo, c’è da guardare agli scarsissimi risultati ottenuti finora tra corruzione diffusa e lotta tra etnie diverse. È pur vero che dalle prime elezioni generali del settembre 2005 è nato un vero Parlamento e vari movimenti politici. La condizione femminile è cambiata in meglio così come il livello di istruzione. C’era, dice Minuto-Rizzo, l’impressione di una società in movimento verso un futuro più moderno. L’obiettivo della presenza internazionale intendeva promuovere istituzioni moderne, una società con diritti umani riconosciuti, parità per donne e minoranze, pluralismo politico. “Non è vero – osserva l’ambasciatore – che l’obiettivo fosse solo la lotta al terrorismo internazionale, si sta isolando questo aspetto, che invece è parte di un quadro più ampio”.
Ma le cose sono peggiorate nelle ultime elezioni per un contrasto fra Ghani e Abdullah. Il secondo, rappresentante della minoranza uzbeka, ha gridato ai brogli in favore di Ghani, espressione della maggioranza pashtun. Mesi di polemiche e scambi di accuse conclusi con Ghani Presidente e il rivale Primo Ministro. Tutto ciò ha solo indebolito il Governo. “La storia – dice in conclusione l’ex numero due della Nato – ci mostra che le armi possono essere importanti in certi momenti, ma che poi le soluzioni durature possono essere solo politiche”.
E allora? “Allora – dice Minuto Rizzo – dobbiamo imparare dagli errori a capire meglio i Paesi ai quali ci avviciniamo”.
L’ex numero due della Nato, l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, aveva già evidenziato nel suo libro del 2009 “La strada per Kabul” le criticità dell’intervento occidentale in Afghanistan