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Argentina, nuovo round sul maxi debito col Fondo monetario internazionale


Buenos Aires ha pagato la prima quota del debito con il Fondo monetario internazionale, il più grande pacchetto di aiuti mai stanziato dall'organismo. Intanto il Presidente Fernández chiede un dibattito al G20

Per l’Argentina il debito estero è da decenni una spada di Damocle che pesa sul proprio futuro. Dal ritorno alla democrazia negli anni ’80, la politica estera di Buenos Aires è subordinata agli oneri del proprio indebitamento. Il default del 2002 assieme alla crisi sociale a esso connessa ha lasciato un segno indelebile nella società argentina. Nonostante ciò, il Governo di Mauricio Macri (2015-2019) è di nuovo caduto nella trappola. Dopo aver ottenuto circa 187 miliardi di dollari dai fondi di investimento privati, nel 2018 ha chiesto un ulteriore finanziamento per 57 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale, pari al 12,5% del Pil del Paese, concesso anche grazie all’influenza esercitata dall’amministrazione Trump sul board dell’organismo, che volle dare così il suo contributo al mantenimento di un Governo alleato in chiave anti-bolivariana nel Cono Sud.

Le cose però non sono andate come previsto. Il capitale concesso dal Fmi è evaporato nell’inutile sforzo della Banca centrale argentina di mantenere sotto controllo il mercato di valuta straniera: il Peso argentino ha perso il 500% del proprio valore rispetto al dollaro tra il 2015 e il 2019, e col Paese praticamente in default il centrodestra di Macri ha perso rovinosamente le elezioni contro il peronista Alberto Fernández. Le erogazioni da parte del Fmi sono state dunque sospese e Buenos Aires ha cominciato a negoziare le scadenze dei 44 miliardi di dollari elargiti in poco più di un anno, il prestito più grande della storia dell’organismo multilaterale.

La geopolitica del debito

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