Gli Stati Uniti hanno sviluppato un software che permette di prevedere le reazioni cinesi alle mosse americane nell’Indo-Pacifico. La decisione è stata necessaria dopo le condanne cinesi dei passaggi di navi da guerra statunitensi nello stretto di Taiwan
Gli Stati Uniti hanno sviluppato un software per prevedere le reazioni della Cina alle mosse americane nell’Indo-Pacifico: ad esempio la vendita di armamenti ai Governi locali, ma anche le operazioni militari o le visite diplomatiche in luoghi sensibili come Taiwan.
A lavorare al software è stato il Comando dell’Indo-Pacifico, nelle isole Hawaii, che ha la competenza su tutta l’area coperta dagli oceani Indiano e Pacifico. Lo strumento è stato presentato questa settimana alla vicesegretaria della Difesa Kathleen Hicks, la quale ha detto che, viste le tante zone grigie nello “spettro del conflitto”, c’è bisogno di “un più ampio insieme di indicatori, da tessere insieme e poi capire l’interazione della minaccia”.
Il funzionamento preciso del software non è chiaro ma, basandoci sulle informazioni disponibili, sappiamo che attinge a un insieme di dati (risalenti però a non prima dell’inizio del 2020, pare) relativi a eventi significativi che hanno avuto un impatto sui rapporti tra Stati Uniti e Cina. E che utilizza questi dati per prevedere quali azioni specifiche potrebbero innescare una risposta sproporzionata da parte delle autorità cinesi. Un funzionario americano ha detto a Reuters che il sistema calcola la “frizione strategica” tra le due superpotenze e permette alle forze armate di ipotizzare le conseguenze di certe decisioni con un anticipo di quattro mesi al massimo. Pare dunque che il software servirà a ridurre il rischio di crisi politiche e militari tra Washington e Pechino.
La fonte di Reuters spiega che la necessità di uno strumento del genere è sorta a seguito delle condanne cinesi ai passaggi di navi da guerra statunitensi nello stretto di Taiwan: sono operazioni che l’America considera di difesa della “libertà di navigazione” (Pechino rivendica a sé l’isola e le acque circostanti, cruciali per il commercio marittimo internazionale), ma la Cina le considera delle provocazioni. Il funzionario statunitense menziona un episodio in particolare, forse perché recente: il passaggio, contestato da Pechino, del cacciatorpediniere americano USS Dewey e della fregata canadese HMCS Winnipeg nei pressi di Formosa, alla fine di ottobre.
Intanto, mercoledì il Senato degli Stati Uniti ha approvato – la Camera lo aveva già fatto – il disegno di legge sulla difesa da 768 miliardi di dollari: il Pentagono otterrà 24 miliardi in più di quanto richiesto. A essere significativo non è solo lo stanziamento ma anche il percorso legislativo, che dimostra la sostanziale unicità di vedute tra Partito democratico (al potere con Joe Biden) e Partito repubblicano (all’opposizione) in materia di difesa e di deterrenza nei confronti soprattutto di Cina e Russia.
Di notevole, nel disegno di legge, c’è il focus sulle nuove tecnologie militari come i missili ipersonici, l’intelligenza artificiale e il computing quantistico, oltre che sul potenziamento delle capacità cantieristiche: il primato marittimo – e le navi, di conseguenza – è infatti centrale nella competizione tra America e Cina. La divisione del dipartimento della Difesa che si occupa della costruzione di imbarcazioni riceverà allora 5 miliardi aggiuntivi rispetto a quelli chiesti. Per l’Iniziativa sulla deterrenza nel Pacifico, un programma mirato a rafforzare la postura militare americana nella regione, sono stati autorizzati 7 miliardi in tutto, 2 in più di quelli richiesti.
A lavorare al software è stato il Comando dell’Indo-Pacifico, nelle isole Hawaii, che ha la competenza su tutta l’area coperta dagli oceani Indiano e Pacifico. Lo strumento è stato presentato questa settimana alla vicesegretaria della Difesa Kathleen Hicks, la quale ha detto che, viste le tante zone grigie nello “spettro del conflitto”, c’è bisogno di “un più ampio insieme di indicatori, da tessere insieme e poi capire l’interazione della minaccia”.