Il leader dell’opposizione rischia numerosi anni di carcere per aver rivolto critiche alla polizia e alla magistratura durante un comizio a Islamabad. A quattro mesi dalla sua deposizione, resta ancora alta la tensione
L’ex Primo Ministro del Pakistan Imran Khan è stato accusato di terrorismo all’indomani di un comizio, tenuto nella capitale Islamabad, nel corso del quale ha criticato la polizia e la magistratura della nazione musulmana. Resta così altissima la tensione nel Paese a quattro mesi dalla deposizione di Khan, che perse la maggioranza lo scorso aprile. Ora leader dell’opposizione e capo del Tehreek-e-Insaf Party, Pti, Khan prosegue con interventi volti alla critica del Governo guidato da Shehbaz Sharif, compreso quello di domenica scorsa al centro della polemica, tanto da rischiare la carcerazione per numerosi anni.
L’instabilità politica del Pakistan creerebbe non pochi grattacapi alla comunità internazionale, già scossa dall’invasione della Russia in Ucraina e dalle tensioni nell’Indo-Pacifico tra Stati Uniti e Cina. Islamabad gioca un ruolo non indifferente nel grande gioco della regione asiatica, sia nei rapporti con l’India che con la Repubblica popolare cinese, nonché con l’Afghanistan. Le pressioni sul Paese potrebbero diventare ingestibili se si verificassero nette spaccature a livello sociale, con gli elettori pronti a sostenere i propri leader di riferimento, proprio come nel caso dell’ex Primo Ministro, abituato a bagni di folla che aiutano a cementare il rapporto con la base.
Khan è accusato di terrorismo per aver minacciato di denunciare la polizia e una giudice in seguito a un presunto caso di tortura subito da un suo consigliere, che si sarebbe verificato in seguito a un arresto. Il report su quanto detto dall’ex Pm include la testimonianza di Ali Javed, un magistrato che ha dichiarato di aver partecipato all’intervento di Khan, che al comizio ha puntato il dito contro l’ispettore generale del Pakistan e un altro giudice. Le accuse comprendono minacce alla polizia e al magistrato.
La questione diventa sempre più complicata anche per via della decisione del Pakistan Electronic Media Regulatory Authority, che ha disposto la fine delle dirette televisive degli interventi pubblici di Khan, sostenendo la loro “pregiudizialità”, con lo stop finalizzato al “mantenimento dell’ordine e del rispetto della legge, visto che i discorsi disturbano la tranquillità e la quiete pubblica”. Decisione chiaramente osteggiata dal leader del Pti, che ha parlato di “fascisti che vogliono intimidire il sistema mediatico. Una violazione del diritto di parola che colpisce negativamente l’industria digitale e la vita di numerose persone”.
Dopo la deposizione di aprile, Khan ha accusato gli Stati Uniti di pressioni per la caduta dell’esecutivo, essendo stato a suo dire colpevole di aver portato avanti una politica estera indipendente rispetto alle preferenze di Washington, rafforzando le relazioni sia con la Cina che con la Russia. L’ex Pm è solo l’ultimo di una lunga lista di esponenti che non sono stati in grado di arrivare alla fine del mandato: nessun capo del Governo in Pakistan è mai durato 5 anni, ovvero l’intera legislatura.
L’instabilità politica del Pakistan creerebbe non pochi grattacapi alla comunità internazionale, già scossa dall’invasione della Russia in Ucraina e dalle tensioni nell’Indo-Pacifico tra Stati Uniti e Cina. Islamabad gioca un ruolo non indifferente nel grande gioco della regione asiatica, sia nei rapporti con l’India che con la Repubblica popolare cinese, nonché con l’Afghanistan. Le pressioni sul Paese potrebbero diventare ingestibili se si verificassero nette spaccature a livello sociale, con gli elettori pronti a sostenere i propri leader di riferimento, proprio come nel caso dell’ex Primo Ministro, abituato a bagni di folla che aiutano a cementare il rapporto con la base.