La nuova costituzione stabilisce l’abbandono della lingua francese, decisione che ha un forte potere simbolico e conferma la volontà del Mali di allontanarsi dalla sfera di influenza francese, che ha spesso usato la lingua come arma geopolitica
In Mali, il francese non sarà più considerato lingua ufficiale del Paese, ma soltanto “lingua di lavoro”. Lo stabilisce la nuova costituzione, approvata a giugno e promulgata sabato. L’articolo 31 afferma infatti che “le lingue nazionali sono le lingue ufficiali del Mali” e quindi che lo status riservato finora al francese verrà ora dato a 13 lingue, quelle più parlate tra le oltre settanta presenti nel Paese. Ma indica anche come il loro utilizzo verrà regolato in maniera più specifica da una legge apposita, che dovrà essere approvata nel prossimo periodo.
La modifica della lingua ufficiale arriva in un più ampio contesto di cambiamento all’interno del Paese. Tra il 2020 e il 2021, il Mali ha infatti vissuto due colpi di stato, che hanno infine portato al potere una giunta militare guidata dal colonnello Assimi Goita. Sin da subito, questa ha insistito sull’esigenza di porre le basi per una rinascita e per una svolta radicale, all’interno dello stato subsahariano.
Questo cambiamento sarebbe dovuto partire dall’approvazione di una nuova costituzione, secondo i piani del governo, e dalla successiva organizzazione di nuove elezioni. Non tutto però è andato al meglio. Le elezioni, originariamente previste per il 2022, sono state posticipate al 2024. E la nuova costituzione è stata effettivamente approvata il 18 giugno, ma al referendum la partecipazione è stata limitata: secondo il governo ha votato il 39% degli aventi diritto, ma la società civile sostiene che in realtà l’affluenza si sia fermata al 28%. Inoltre, non sono mancate le polemiche: in particolare, è stato criticato da più fronti l’inserimento nella nuova costituzione del principio di laicità dello stato.
Con la promulgazione del nuovo testo fondamentale, in Mali non cambia soltanto la lingua ufficiale, ma viene in parte modificato l’assetto politico-istituzionale. Da questo momento, l’Assemblea Nazionale viene affiancata da un Senato, andando a formare un parlamento bicamerale. E la politica della Nazione non sarà più determinata dal governo, ma dal Presidente della Repubblica. Importante anche quello che manca all’interno della costituzione, non soltanto quello che c’è scritto: non si trova infatti nessun riferimento all’accordo di pace stipulato con i gruppi ribelli del Nord nel 2015.
Tra le modifiche rese effettive dalla nuova costituzione maliana, il declassamento del francese a lingua di lavoro rappresenta forse quella con la maggiore portata a livello geopolitico. Dal punto di vista pratico i cambiamenti saranno probabilmente pochi ed interesseranno le dinamiche interne maliane. Ma la decisione ha un forte peso simbolico e mostra la volontà del Paese di allontanarsi dalla sfera di influenza francese.
Negli anni che hanno seguito la decolonizzazione, infatti, la lingua francese è stata una delle maggiori armi utilizzate da Parigi per mantenere un’influenza su cui prima esercitava un controllo. L’Organizzazione Internazionale per la Francophonie (OIF), creata in realtà da stati africani e asiatici nel 1970, è stata più tardi sfruttata dalla Francia per mantenere saldi legami con gli ex territori coloniali, da una posizione privilegiata. Negli anni, infatti, Parigi ha sempre mantenuto una posizione dominante nell’organizzazione, senza mostrare alcun interesse ad una relazione più orizzontale con gli altri Paesi francofoni.
La lingua è stata ripetutamente vista come un mezzo per assicurarsi un ruolo primario nel continente africano: come spiega l’autrice Rosemary Salomone nel suo libro The rise of English, in Africa vive quasi il 60% dei francofoni e il francese è in competizione con l’inglese, ma anche con russo e cinese. L’interesse di Parigi è mostrato dalle svariate iniziative del governo francese a riguardo. Nel 2011, in collaborazione con l’OIF, questo ha lanciato il programma ELAN – Scuole e lingue nazionali in Africa – mirato a creare percorsi educativi che unissero insegnamenti in francese e in altre lingue africane. E negli anni i migliori istituti francesi hanno aperto proprie sedi in Africa, cercando così di attirare l’élite del continente.
La scelta di togliere il francese dalle lingue ufficiali mostra quindi come il Mali consideri la lingua un’arma geopolitica che, nelle mani di Parigi, è utilizzata con fini neocolonialisti. E conferma la volontà di Bamako di allontanarsi dall’ex potenza coloniale, come già era stato reso evidente in questi mesi con le proteste popolari anti-francesi e con la fine della collaborazione militare tra il Mali e la Francia.
In Mali, il francese non sarà più considerato lingua ufficiale del Paese, ma soltanto “lingua di lavoro”. Lo stabilisce la nuova costituzione, approvata a giugno e promulgata sabato. L’articolo 31 afferma infatti che “le lingue nazionali sono le lingue ufficiali del Mali” e quindi che lo status riservato finora al francese verrà ora dato a 13 lingue, quelle più parlate tra le oltre settanta presenti nel Paese. Ma indica anche come il loro utilizzo verrà regolato in maniera più specifica da una legge apposita, che dovrà essere approvata nel prossimo periodo.
La modifica della lingua ufficiale arriva in un più ampio contesto di cambiamento all’interno del Paese. Tra il 2020 e il 2021, il Mali ha infatti vissuto due colpi di stato, che hanno infine portato al potere una giunta militare guidata dal colonnello Assimi Goita. Sin da subito, questa ha insistito sull’esigenza di porre le basi per una rinascita e per una svolta radicale, all’interno dello stato subsahariano.