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Elezioni anticipate il 23 febbraio


Il governo guidato da Olaf Scholz ha vissuto soltanto alcuni mesi di tranquillità. Poi si è dimostrato sempre più litigioso e in profondo disaccordo su quali debbano essere gli obiettivi dell’esecutivo e le idee condivise dai tre partiti.

Una settimana fa, mentre tutto il mondo guardava agli Stati Uniti e si interrogava sugli effetti di un secondo mandato di Donald Trump, la Germania ha deciso che non era disposta a restare in secondo piano. Ed ha provato a riguadagnare le prime pagine dei giornali, con una crisi di governo improvvisa.

In realtà, era da tempo che tutti gli indizi lasciavano immaginare un’implosione imminente della coalizione semaforo, l’alleanza formata da Socialdemocratici (SPD), Verdi e Liberali (FDP) che dalla fine del 2021 amministra la Germania. Il governo guidato da Olaf Scholz aveva vissuto soltanto alcuni mesi di tranquillità. Poi si era dimostrato sempre più litigioso e in profondo disaccordo su come affrontare la questione ambientale, su come reagire alla crisi economica e far quadrare i conti, e più in generale su quali fossero gli obiettivi dell’esecutivo e le idee condivise dai tre partiti.

Le discussioni erano continuate per mesi senza portare in realtà a nulla, se non ad uno stallo nell’approvazione delle riforme e ad un crollo del sostegno dato al governo dalla popolazione. Negli ultimi giorni, invece, è successo tutto molto in fretta. A far precipitare gli eventi è stato Christian Lindner, ministro delle Finanze e leader dei Liberali, che ha pubblicato un documento in cui spiegava come, a suo parere, la Germania avrebbe dovuto superare la crisi. Le proposte di Lindner, chiaramente neoliberali, erano però totalmente diverse dalle politiche adottate dall’esecutivo e sembravano fatte apposta per infastidire i partner di governo. E così è stato: mercoledì 6 novembre Scholz ha colto la palla al balzo e ha deciso di licenziare il ministro, provocando di conseguenza la fuoriuscita della FDP dalla coalizione e - di fatto - la fine del governo.

All’inizio, Scholz ha ipotizzato di restare al governo con i Verdi ancora per alcuni mesi: i due partiti non dispongono della maggioranza nel Bundestag, ma avrebbero cercato di ottenere un appoggio esterno da parte di altre formazioni. Ben presto è risultato evidente come si trattasse di un’opzione non percorribile e il Cancelliere ha ipotizzato quindi di chiedere la fiducia ai deputati dopo la pausa natalizia - ben sapendo che non l’avrebbe ottenuta - per poi procedere con la dissoluzione del parlamento e con l’organizzazione di nuove elezioni tra marzo e aprile. Ma anche questo scenario è stato però giudicato negativamente dagli altri partiti.

Dopo vari confronti, ieri la ex coalizione semaforo e la CDU - il maggior partito di opposizione - si sono infine accordati per fissare le nuove elezioni federali il 23 febbraio. Perché questo accada, Scholz chiederà la fiducia attorno a fine novembre. E una volta che non l’avrà ottenuta, come tutti prevedono, chiederà al presidente Frank-Walter Steinmeier di sciogliere il Bundestag.

Il fatto che il governo Scholz e questo parlamento si stiano avviando verso la loro conclusione non significa però che la loro azione si possa già dire conclusa. Le prossime settimane saranno anzi decisive per capire quali riforme verranno approvate, tra quelle a cui il governo stava lavorando. E quale sarà la precisa eredità del governo uscente.

Tra le riforme che hanno più probabilità di essere concluse c’è quella del Bundesverfassungsgericht, la Corte costituzionale federale. Da tempo, il governo stava lavorando insieme alla CDU per rafforzare l’indipendenza dell’organo giuridico e fare sì che questa sia garantita anche in caso di ulteriore crescita dell’estrema destra. Anche dopo il disgregamento della coalizione semaforo, i tre partiti di governo e la CDU hanno confermato che l’approvazione delle riforme rappresenta una priorità. Anche perché per ottenerla servono due terzi dei seggi ed è improbabile che queste forze continuino ad averli anche nella prossima legislatura.

In teoria, il Bundestag dovrebbe approvare anche alcune misure pensate per combattere la crisi economica. Il governo aveva in programma una legge che vorrebbe proteggere le classi meno agiate dall’inflazione e che dovrebbe essere prossima all’approvazione. Contando anche sull’appoggio della CDU, i tre partiti sembrano orientati anche ad eliminare una norma che obbliga le aziende a vigilare sul rispetto dei diritti in tutta la filiera produttiva, criticata dalle imprese perché considerata inefficace e pesante dal punto di vista burocratico.

Tra le misure che non verranno invece portate a termine, a meno di colpi di scena, c’è invece il finanziamento del Deutschlandticket, il biglietto che permette di usare i mezzi pubblici a basso costo in tutta la Germania: la FDP era contraria anche prima della crisi di governo e per la CDU non rappresenta in alcun modo una priorità. Improbabile anche l’aumento del Kindergeld, il sussidio per chi ha figli.

 

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