Dai 25 anni del Mediterranean Dialogue al 75 del D-Day
Il fatto che l’Italia, insieme alla Germania, sia stato il Paese europeo uscito sconfitto dalla seconda guerra mondiale era stato da tempo ampiamente digerito perfino nei libri di storia, tutti concordi nel porre l’accento sul “dopoguerra” che vide un’Italia Paese decisivo per creare l’Alleanza Atlantica e poi la Comunità europea. Fa quindi riflettere il fatto che proprio in coincidenza con la deriva sovranista accentuata dalle ultime elezioni europee il nostro Paese sia rimasto fuori dalle ultime celebrazioni della NATO e, pochi giorni fa, anche dai 75 anni del D-Day, ossia lo sbarco in Normandia.
Fa molto effetto soprattutto il caso dell’Alleanza Atlantica che ai primi di maggio ha festeggiato il primo quarto di secolo del Mediterranean Dialogue, il formato Nato che si occupa di temi a noi molto vicini, dalle crisi del Medio Oriente alla stabilizzazione del Mediterraneo. Temi che ci hanno visti protagonisti per anni tanto che, negli ultimi mesi, il nostro Paese si era candidato a ospitare (probabilmente a Napoli) le celebrazioni per i 25 anni del Mediterranean Dialogue con i rappresentanti dei 29 Paesi dell’Alleanza (diventeranno 30 a fine anno con l’ingresso della Macedonia).
Ma le celebrazioni si sono tenute in Turchia, ad Ankara ospitate dal Presidente Tayyp Erdogan, Paese la cui postura geopolitica, pur essendo membro della Nato è un attore non certo “stabilizzante” dell’area e con rapporti sempre più stretti con Mosca da cui la Turchia avrebbe comprato anche un nuovo sistema di difesa. Una piccola compensazione, se si può definire in questo modo, è la concessione al nostro Paese, in autunno, della riunione dei direttori degli uffici politici dei Ministeri degli Esteri dei 29 Paesi.
Resta il fatto che l’Italia ha praticamente dato “disco verde” alla proroga per un secondo mandato fino alla fine del 2022 all’attuale segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, senza ottenere nessuna contropartita di peso. Al nostro Paese tradizionalmente era destinata la posizione di segretario generale aggiunto (come lo sono stati negli ultimi anni gli ambasciatori Alessandro Minuto Rizzo e Claudio Bisognero) ai quali veniva concessa la delega per tutti i partenariati, quindi anche quello del Mediterraneo. Posizione quest’ultima occupata dal 2016 dall’americana, Rose Gottemoeller che aveva servito precedentemente per cinque anni al Dipartimento di Stato Usa e che a ottobre lascerà il suo incarico. L’Italia si farà ancora avanti per quel posto ma con un bilancio della difesa che indietreggia rispetto agli obiettivi degli altri alleati europei?
Silenzio quasi assoluto sui media italiani, invece, per l’esclusione dell’Italia dalle ultime celebrazioni dei 75 anni dello sbarco in Normandia. Certo, l’assenza più vistosa è stata quella del Presidente russo, Vladimir Putin, il cui Paese contribuì in modo determinante alla sconfitta del nazismo. Eppure l’ex Presidente francese, Francois Hollande, solo cinque anni fa, aveva invitato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per i 70 anni dello sbarco. Non è dato sapere se un invito al Quirinale o a Palazzo Chigi sia arrivato nelle ultime settimane da Emmanuel Macron che ha invece invitato la Cancelliera tedesca Angela Merkel. Certo non deve avere contribuito molto il clima generale dei rapporti tra Roma e Parigi degli ultimi mesi che, sia pure dopo una ricucitura, restano fortemente condizionati dalle vicende politiche nazionali soprattutto a seguito delle elezioni.
Ma l’alleata di Salvini, Marine Le Pen si è preoccupata soprattutto dell’esclusione di Putin dalla cerimonia in Normandia. In un tweet la Le Pen ha scritto: “Provoca rammarico che la Russia, che ha pagato un pesante tributo, non sia associata alle commemorazioni”.
@pelosigerardo