Sono circa 10 miliardi di dollari i fondi congelati da Washington. Intanto i Talebani promettono: nessuna milizia userà il Paese come base
I fondi della Da Afghanistan Bank, la banca centrale del Paese, sono stati congelati dagli Stati Uniti con la conquista delle istituzioni governative da parte dei Talebani. Ora, la nuova classe dirigente al potere reclama tali risorse, con l’appoggio della Cina che fa da sponda alle richieste di Suhail Shaheen, uno dei portavoce del gruppo. Shaheen ha dichiarato che “gli Usa dovrebbero sbloccare i fondi, in quanto denaro del popolo afghano. L’Afghanistan — ha continuato il portavoce — ha numerosi problemi economici, c’è bisogno di queste risorse. Il nuovo Governo prenderà tutte le misure legali possibili”.
L’appoggio della Cina
Nella giornata di ieri, il Ministero degli Esteri di Pechino, tramite Zhao Lijian, ha fatto sapere che concorda con l’opinione dei Talebani. “Shaheen ha ragione. Gli asset appartengono all’Afghanistan e dovrebbero essere usati per il popolo afghano. Gli Stati Uniti — prosegue l’esponente del Partito comunista cinese — non dovrebbero congelare i fondi senza giustificazioni, bensì affrontare la legittima richiesta dell’Afghanistan, terminare con le pressioni e le sanzioni e smettere di creare ostacoli all’economia, alle condizioni di vita, la pace e la ricostruzione dell’Afghanistan”.
Pechino, così, risponde facendo da garante alle richieste del nuovo corso talebano, in un quadro geopolitico in sommovimento. Economicamente parlando, gli asset della Banca centrale congelati da Washington ammonterebbero a 9.5 miliardi di dollari, con altri fondi previsti in arrivo dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale bloccati fino a quando la situazione nel Paese non sarà più chiara. Sarà fondamentale il ruolo di Stati garanti, con la Cina pronta a intervenire se le organizzazioni internazionali lo richiedessero.
Anche l’Ambasciatore cinese a Kabul Wang Yu, con un comunicato rivolto al Ministro degli Esteri del Governo provvisorio, Amir Muttaqi, ha apprezzato il lavoro dei Talebani. Wang ha espresso la soddisfazione di Pechino per le garanzie poste in essere alla sicurezza degli investimenti cinesi nel Paese, così come alle misure prese per la tutela dell’ambasciata e delle aziende della Repubblica popolare. Non a caso, per i Talebani la Cina è considerata “il partner più importante” per la ricostruzione.
Muttaqi: stop ai militanti
Il Ministro degli Esteri Muttaqi, nel corso di una conferenza stampa tenuta nei giorni scorsi, ha assicurato che il Governo “non permetterà a nessun gruppo di utilizzare il suolo afghano contro altre nazioni”. In qualche modo, i Talebani lanciano un messaggio a Washington sul rispetto degli accordi di Doha, che prevedono la fine dei rapporti con al-Qaeda.
D’altro canto, segnali sull’attività del gruppo terroristico in Afghanistan sono già segnalati dalla Dia, la Defense Intelligence Agency. “Nell’arco di due anni al-Qaeda potrebbe essere capace di minacciare il nostro suolo”, ha detto il direttore Scott Berrier. La Cia fa da eco alla Dia, con il vice direttore David Cohen intervenuto alla conferenza dell’Intelligence and National Security Alliance. Diversa l’opinione di Avril Haines del DNI, secondo il quale il pericolo più grande non arriverebbe dall’Afghanistan ma dai terroristi presenti in Yemen, Siria, Somalia e Iraq.
Sono circa 10 miliardi di dollari i fondi congelati da Washington. Intanto i Talebani promettono: nessuna milizia userà il Paese come base