Gli estremisti somali stanno capitalizzando la ridotta pressione antiterrorismo dovuta alla decisione degli Stati Uniti di ridurre il loro sostegno all’unità d’élite Danab addestrata da Washington
Giovedì scorso si è registrato un nuovo attentato terroristico a Mogadiscio, la capitale della Somalia, dove un Suv imbottito d’esplosivo è stato lanciato contro un automezzo in movimento nei pressi del trafficato snodo del KM4, che congiunge le principali strade della capitale somala ed è ripetutamente colpito da frequenti attacchi perpetrati ai danni dei convogli della missione dell’Unione africana in Somalia (AMISOM) e dell’esercito nazionale somalo (SNA) in pattugliamento.
L’attacco è stato rivendicato alla Reuters dal gruppo terroristico islamista al-Shabaab, che aveva l’obiettivo di colpire un convoglio che trasportava personale delle Nazioni Unite. La detonazione è stata talmente forte da causare il crollo delle pareti di una scuola.
Il bilancio dell’attentato è di 8 vittime e 17 feriti, tra cui diversi studenti e almeno 4 componenti della scorta del convoglio; illesi invece gli stranieri scortati che erano l’obiettivo dell’azione.
Il sostegno degli Usa all’unità d’élite Danab
L’attacco suicida conferma una fase di recrudescenza della minaccia del terrorismo, con ripetute azioni letali nella capitale. Gli estremisti somali stanno capitalizzando la ridotta pressione antiterrorismo dovuta alla decisione degli Stati Uniti di rivedere il loro sostegno all’unità d’élite Danab, che fa parte dello SNA ed è addestrata da Washington.
La Danab ha registrato maggiori successi rispetto alle altre unità militari somale nella lotta ad al-Shabaab, grazie all’addestramento e all’equipaggiamento di gran lunga superiori. Tuttavia, i suoi 1.400 effettivi sembrano un numero assai ridotto in confronto ai 10mila combattenti attivi e alla ampia rete di informatori e fiancheggiatori, sui quali, secondo gli esperti, può contare al-Shabaab.
La decisione statunitense di rivedere il sostegno alla Brigata Danab è maturata alla fine di ottobre, dopo che gli americani hanno appurato il suo coinvolgimento nei recenti scontri a Guriel, nella regione di Galmudug. Scontri che l’hanno vista contrapposta alla milizia Ahlu Sunna Wal Jama’a (ASWJ), gruppo paramilitare composto da sufi moderati contrari al salafismo radicale di al-Shabaab.
Nel dicembre 2017, ASWJ ha firmato un accordo di condivisione del potere con l’amministrazione statale del Galmudug, dove operano le sue milizie, mentre nel 2019 il Governo somalo ha lanciato un’esercitazione per incorporare i coscritti di Ahlu Sunna nelle forze di sicurezza federali somale. Tuttavia, il mese scorso sono scoppiati nuovi combattimenti a causa di una disputa irrisolta tra il gruppo paramilitare di ispirazione sufi e l’amministrazione regionale di Galmudug.
Sui combattimenti avvenuti a Guriel, aveva preso le distanze anche la missione AMISOM precisando che è attiva in Somalia “per combattere il terrorismo, al-Shabaab, il gruppo dello Stato islamico e i suoi affiliati, e non per non rivolgere le armi contro gli attori somali che sono impegnati in controversie politiche”.
Fonti diplomatiche citate da Voice of America hanno confermato che gli scontri hanno causato oltre 120 vittime da ambo le parti, tra cui il comandante dell’unità Danab, il maggiore Abdilatif Ahmed Ali Fayfle. Le stesse fonti hanno affermato che “in conseguenza del coinvolgimento della Danab negli scontri con ASWJ, gli Stati Uniti hanno deciso di rivedere il sostegno che forniscono all’unità dello SNA per garantire che venga utilizzato in modo appropriato e coerente con la politica e gli obiettivi statunitensi”.
È importante ricordare che negli ultimi dieci anni, gli Stati Uniti hanno investito miliardi di dollari in Somalia, parte dei quali per costituire e addestrare Danab, l’unica unità combattente efficace e apolitica nella guerra in corso contro al-Shabaab. Ora che molti addestratori americani hanno lasciato la Somalia, la catena di comando della Danab teme che la diminuita supervisione degli Usa renderà l’unità d’élite vulnerabile alle interferenze politiche del Governo somalo, che dallo scorso aprile è coinvolto in un aspro conflitto politico.
Anche se in questa nuova fase di recrudescenza degli attacchi di al-Shabaab, il processo elettorale resta in ombra, mentre la commissione elettorale federale che lo sovraintende ha stabilito che le elezioni della Camera bassa somala, iniziate il 16 novembre, dovranno terminare entro il 24 dicembre. Il rispetto della scadenza però dovrà tenere conto di eventuali riscorsi, in particolare quelli dell’opposizione rappresentata dall’ex Presidente del Parlamento Mohamed Sheikh Osman Jawari.
L’allarme siccità
L’assistenza internazionale resta necessaria anche per la grave siccità che in queste settimane sta colpendo il Paese, interessando oltre due milioni e mezzo di persone, ovvero circa un quinto della popolazione locale. Come riportato da Save The Children, la Somalia è attualmente messa in ginocchio dalla mancanza di acqua e dall’inedia. Stando alle stime dell’organizzazione da oltre un secolo impegnata nella tutela dei minori più fragili, circa 2,6 milioni di somali (il 22% dell’intera popolazione in 66 dei 74 distretti) stanno subendo le pesanti conseguenze della siccità.
I dati diffusi dall’Ong londinese attestano che circa 113mila persone risultano sfollate ed entro la fine dell’anno 1,2 milioni di bambini sotto i 5 anni saranno malnutriti; mentre nel prossimo anno, il numero delle persone bisognose di assistenza umanitaria salirà di oltre il 30%, da 5,9 milioni a 7,7 milioni. Lo scorso 24 novembre, il premier somalo Mohamed Hussein Roble ha dichiarato lo “stato di emergenza umanitaria” a causa della siccità che sta devastando il Paese, sollecitando l’assistenza internazionale.
L’appello di Roble sembra essere stato accolto il giorno seguente, quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) e il Fondo per lo sviluppo del Qatar (Qffd) hanno siglato un accordo per lo stanziamento di 1,7 miliardi di dollari per aiutare le comunità rurali vulnerabili in Somalia a raggiungere la sicurezza alimentare e a sviluppare la resilienza ai cambiamenti climatici.
Un aiuto che potrebbe risultare assai utile dopo che la scorsa settimana, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha rilasciato un nuovo bollettino in cui afferma che “la Somalia si prepara all’arrivo di una quarta consecutiva stagione delle piogge fallimentare”. Il paradosso è nell’inversa proporzionalità tra danni ambientali commessi e conseguenze da espiare. “La Somalia – come spiega il giornalista Mohamed Kahiye – contribuisce a meno dello 0.003% delle emissioni di gas serra in atmosfera, ma l’impatto del cambiamento climatico grava fortemente sulle spalle dei pastori e degli allevatori locali”.