Importante missione per il leader del Partito Laburista australiano, che dovrà bilanciare i rapporti con Washington e Pechino in una fase in cui l’Indo-Pacifico assume sempre più importanza, e lui stesso ha bisogno di rilanciare la propria immagine internazionale
Il Primo Ministro dell’Australia Anthony Albanese inizia nella giornata odierna la prima di una serie di missioni diplomatiche dall’alto valore aggiunto che lo porterà prima negli Stati Uniti, poi in Cina e, infine nelle Isole Cook per il significativo Pacific Island Forum. Ultimo ma non meno importante, il Pm laburista tornerà successivamente negli Usa per il summit APEC, in un contesto nel quale l’Indo-Pacifico assume sempre più importanza nel quadro dello scontro tra Washington e Pechino, in un momento di rottura a livello internazionale, con il conflitto israelo-palestinese tornato a preoccupare le fragili istituzioni internazionali.
L’equilibrio australiano nei rapporti con Stati Uniti e Cina è estremamente delicato, con Albanese che, da quando è stato eletto alla guida del Paese, ha cercato di ricucire consapevolmente con Pechino dopo anni di politiche pericolosamente rigide da parte dell’esecutivo di Scott Morrison. Un periodo che, tuttavia, ha visto il coronavirus diffondersi in tutto il mondo e Canberra assumere un ruolo da falco, allineata con l’amministrazione repubblicana di Donald Trump alla Casa Bianca. Non a caso, quello dell’attuale leader australiano è il primo viaggio di un Pm in Cina negli ultimi 7 anni, a dimostrazione delle tensioni vissute sull’asse Canberra-Pechino.
Ciononostante, Albanese ha appoggiato l’iniziativa Aukus avviata dal precedente Governo, progetto che vede l’Australia in prima fila e che ha portato a forti discussioni proprio con la Cina. La Repubblica Popolare, infatti, vede il framework tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, ideato per la produzione di sottomarini a propulsione nucleare, come un elemento di pericolo nella vasta area pacifica, che alimenta un certo disturbo per la nomenclatura del Partito Comunista. Lo scorso marzo i leader dei Paesi partecipanti al progetto Aukus si sono incontrati a San Diego per fare il punto della situazione sull’avanzamento dei lavori.
I costi, come approfondito da alcuni istituti, si aggirerebbero tra i 5.5 miliardi di dollari australiani e i 7 miliardi di dollari per ciascun sottomarino. Secondo Agency Partners, una società di consulenza, l’affare salirà a un totale di 125 miliardi di dollari australiani compresi armamenti e sistemi di combattimento. Ciò renderà l’Australia la settima nazione al mondo a dotarsi di sottomarini nucleari, una scelta di peso per una media potenza e che “dimostra che oggi l’Australia vive in uno spazio strategico molto più pericoloso rispetto a 10 anni fa”, come affermato da Rory Medcalf, a capo del National Security College dell’Australian National University. Una situazione paragonata a quella di Svezia e Finlandia, desiderose di entrare nella Nato in seguito all’invasione della Russia in Ucraina.
Il viaggio di Albanese negli States, dal 23 al 26 ottobre, assume notevole valenza anche in considerazione del fatto che sarà il quarto ospite internazionale per il quale è stata organizzata una cena alla Casa Bianca nel corso degli anni di amministrazione Biden, terzo leader quest’anno a ricevere un simile onore. Tra l’altro, nel corso del 2023, l’attenzione del Presidente Usa si è focalizzata proprio verso l’Asia, avendo già ospitato il Presidente della Corea del Sud Yoon Suk-yeol e il Primo Ministro indiano Narendra Modi, entrambi partner decisivi per l’infrastruttura statunitense nell’Indo-Pacifico utile al contenimento della Cina in quell’area.
Per Albanese, missioni utili anche alla sua immagine e alla proiezione di leader internazionale nel suo Paese, vista la recente sconfitta al referendum da lui appoggiato che avrebbe inserito i diritti degli indigeni australiani all’interno della Costituzione. Le missioni del Pm potrebbero, dunque, essere utili alla rivitalizzazione della sua agenda governativa, nel solco della ricerca di un equilibrio tra Washington e Pechino.
Con la Cina, l’Australia ha celebrato lo scorso anno i 50 anni di relazioni diplomatiche, un passaggio storico onorato dalla Ministra degli Esteri Penny Wong a dicembre 2022 con una visita dal collega Wang Yi, la prima per un capo della diplomazia di Canberra a Pechino dal 2018. “Lo scambio commerciale tra l’Australia e la Cina, così come i legami tra i nostri cittadini, quelli culturali e tra le aziende hanno portato benefici ad entrambe le nazioni”, scrissero Albanese e Wong in un comunicato congiunto.
Meeting che hanno favorito, infinte, la vista di Albanese nella Repubblica Popolare, che si terrà dal 4 al 7 novembre, dove incontrerà il Presidente Xi Jinping e il Primo Ministro Li Qiang. “È nell’interesse dell’Australia avere buone relazioni con la Cina”, ha dichiarato il Pm ai giornalisti, in partenza per le molteplici missioni delle prossime settimane. “Non vediamo l’ora di lavorare con l’Australia e continuare ad incontrarci a metà strada, attraverso il dialogo, la reciproca consultazione e la promozione congiunta di uno sviluppo stabile e salutare sia nelle relazioni economiche che nell’interscambio”, ha scritto in una nota il Ministero del Commercio cinese.
L’equilibrio australiano nei rapporti con Stati Uniti e Cina è estremamente delicato, con Albanese che, da quando è stato eletto alla guida del Paese, ha cercato di ricucire consapevolmente con Pechino dopo anni di politiche pericolosamente rigide da parte dell’esecutivo di Scott Morrison. Un periodo che, tuttavia, ha visto il coronavirus diffondersi in tutto il mondo e Canberra assumere un ruolo da falco, allineata con l’amministrazione repubblicana di Donald Trump alla Casa Bianca. Non a caso, quello dell’attuale leader australiano è il primo viaggio di un Pm in Cina negli ultimi 7 anni, a dimostrazione delle tensioni vissute sull’asse Canberra-Pechino.