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Perché il viaggio di Biden in Medio Oriente è stato un fallimento


Il primo viaggio presidenziale di Joe Biden nell'area non ha portato gli esiti sperati, almeno per la Casa Bianca. Ne esce avvantaggiata l’Arabia Saudita, che ora può sfoggiare la propria centralità nella regione

Si è da poco concluso il viaggio del Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden in Medio Oriente. Iniziato il 13 luglio con la visita in Israele, è terminato tre giorni dopo con il summit Usa-rappresentanti del Gulf Cooperation Council (GCC), allargato ad Egitto, Giordania e Iraq in un insolito GCC+3. Una visita molto attesa volta a riequilibrare le relazioni tra l’amministrazione americana e i partner della regione, ridefinendo così gli obiettivi economici e politici nell’area.

Durante la visita in Israele, Biden ha incontrato i leader israeliani, quali l’attuale Primo Ministro israeliano Yair Lapid, l’ex Primo Ministro Naftali Bennett, il Presidente Isaac Herzog e il leader del Likud, Benjamin Netanyahu. Il tema centrale è stato la sicurezza nella regione, in particolare alla luce dei rapporti con l’Iran. Biden ha assicurato il massimo impegno per garantire la sicurezza di Israele e insieme a Lapid ha firmato una nuova dichiarazione congiunta volta a espandere le relazioni di sicurezza tra i due Paesi in chiave anti-Iran. Ha ribadito il ferreo impegno del suo Paese per la sicurezza di Israele affinché l’Iran non sviluppi armi nucleari, ha definito la diplomazia la strada migliore per impedire questo, e ha supportato il rilancio dell’accordo sul nucleare JCPoA, dal quale l’ex presidente Donald Trump aveva ritirato gli Stati Uniti nel 2018. Una proposta che appare però molto debole, soprattutto perché la controparte iraniana non sembra così disponibile, e anche la leadership israeliana ha mostrato i propri scetticismi al riguardo. Infatti, il Primo Ministro israeliano Lapid ha affermato, durante la conferenza stampa con Biden, che l’unico modo per fermare l’Iran è quello di mettere sul tavolo una minaccia militare credibile.

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