Senza istituzioni democratiche forti, gli Stati Uniti non riuscirebbero più a mantenere salda la leadership internazionale: così l’amministrazione Biden sottolinea l’importanza di risanare la democrazia americana
Mercoledì l’amministrazione di Joe Biden ha pubblicato la sua “Strategia di sicurezza nazionale”, un documento di quarantotto pagine che fissa, appunto, le priorità di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Quelle individuate dall’attuale presidente sono tre: superare la Cina nella competizione economico-politica, innanzitutto, contenere la Russia e risanare la democrazia americana.
L’amministrazione Biden spiega chiaramente di essere più preoccupata per le ambizioni di Pechino, che combina una “governance autoritaria con una politica estera revisionista” (Taiwan è l’esempio più evidente), che non per le mire di Mosca, percepita come una potenza ormai in declino: un’impressione probabilmente confermata dalle difficoltà riscontrate dall’esercito russo nell’invasione dell’Ucraina.
Nel testo Biden spiega che “la Russia e la Repubblica popolare cinese pongono sfide diverse”. La prima “rappresenta una minaccia immediata al sistema internazionale libero e aperto, violando sconsideratamente le leggi fondamentali dell’ordine internazionale odierno, come ha dimostrato con la sua brutale guerra di aggressione all’Ucraina”. La seconda, invece, “è l’unico Paese ad avere sia l’intenzione di rimodellare l’ordine internazionale sia, sempre più, il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per portare avanti questo obiettivo”. Mosca, insomma, sta cercando oggi di ridisegnare i confini nazionali. Pechino, invece, sta lavorando per riscrivere le regole del commercio e della tecnologia, in modo da poter poi esercitare una forte influenza sulla comunità internazionale.
La leadership globale passa per la democrazia
La strategia di sicurezza nazionale dell’amministrazione Biden cancella le distinzioni tra politica interna ed estera quando afferma che la fonte del potere dell’America sono le sue istituzioni democratiche, che vanno risanate e rinnovate: se il sistema democratico dovesse entrare in crisi, infatti, gli Stati Uniti potrebbero non riuscire più a esprimere il loro potenziale innovativo, e la loro economia si farebbe stagnante; la nazione, di conseguenza, non riuscirebbe più a mantenere la leadership globale e finirebbe con l’imboccare il sentiero del declino geopolitico.
Per reagire alle ambizioni cinesi e alle potenziali minacce nei domini marittimo, spaziale e cibernetico, Biden propone una modernizzazione rapida delle forze armate americane. E – nell’ottica allargata di una contrapposizione mondiale tra democrazie e autocrazie – sostiene la necessità di investire in catene di approvvigionamento sicure, sparse tra paesi alleati e affini, in modo da ridurre la dipendenza economica dai governi avversari.
Ogni amministrazione statunitense deve pubblicare la propria strategia di sicurezza nazionale. Quella dell’ex Presidente George W. Bush, ad esempio, si incentrava sul concetto di “prevenzione” (pre-emption), che servì a giustificare l’invasione dell’Iraq del 2003. La strategia di Barack Obama, invece, faceva leva sulla denuclearizzazione e sull’espansione del soft power americano (la capacità di diffondere influenza geopolitica attraverso modelli e valori capaci di attirare gli altri Paesi a sé). La strategia di Donald Trump, infine, era simile – almeno nell’impostazione generalissima – a quella di Biden, perché sosteneva che l’epoca della lotta al terrorismo fosse stata sostituita da una nuova era di competizione tra potenze.
La visione di Biden differisce però da tutte le precedenti per la grande attenzione dedicata alla salute della democrazia, vista come precondizione necessaria per la leadership internazionale.
Senza istituzioni democratiche forti, gli Stati Uniti non riuscirebbero più a mantenere salda la leadership internazionale: così l’amministrazione Biden sottolinea l’importanza di risanare la democrazia americana